Alan Watts: Niente da capire. 6 di 6.

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Non C’è Niente Da Capire. Parte 6.

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La comprensione dello Zen, la comprensione del risveglio, la comprensione della… chiamiamola esperienza mistica, è una delle cose più pericolose del mondo. Per chi non può reggerla è come fargli passare 1.000.000 di volt attraverso il rasoio elettrico. La mente va in corto circuito e rimane fulminata. Questo è quel che il buddismo chiama un pratieka-buddha, un Buddha privato.

E’ una persona che se ne va nel mondo trascendente e non lo si vede più. Ma ha commesso un errore (1), perché dal punto di vista buddista non c’è alcuna differenza fondamentale tra il mondo trascendentale e il mondo quotidiano.

Il bodhisattva, invece, che non va nel nirvana, ma rimane tra noi, nei secoli dei secoli, vivendo una vita ordinaria per aiutare gli altri esseri a pervenire al risveglio, non lo fa per obbedire a qualche voto solenne di aiutare l’umanità o per qualche altro pio scopo. Il bodhisattva ritorna perché comprende che i due mondi sono la stessa cosa, perché vede tutti gli altri esseri come altrettanti Buddha. Per usare una frase di G. K. Chesterton “Ogni volto umano nella via dove, in strane democrazie, si muovono i milioni di maschere di Dio, è in sé una cosa straordinaria”. Infatti è fantastico guardare la gente e “vedere” che, in realtà, in profondità, essi sono tutti illuminati. Che essi sono Quello. Che sono i volti del divino. Essi vi guardano e dicono: “Oh, no, ma io non sono divino. Sono semplicemente il piccolo ordinario me stesso”. Voi li guardate in modo strano e allora vi accorgete che è la stessa natura di Buddha che vi guarda a negare di esser tale, e con indubbia sincerità.

Questo è il motivo per cui, quando vi trovate di fronte un grande guru, un maestro di Zen o a qualcun altro di simile, lui ha una certa aria divertita nello sguardo. Se gli dite: “Guru, ho un problema. Sono davvero confuso. Non capisco”, lui vi guarda in questo strano modo e voi pensate: “Oh, povero me! Mi legge i pensieri più segreti! Vede tutta la mia vigliaccheria e tutte le mie mancanze”. In realtà non sta facendo nulla del genere, perché queste cose non gli interessano nemmeno. Se mi consentiste di usare una terminologia indù, direi che guarda Shiva che è in voi e gli dice: “Shiva, mio signore, perché non vieni fuori?”.

E così il Bodhisattva — perdonatemi se do per scontata una certa conoscenza della terminologia buddista — si distingue dal Pratiekabuddha perché non se ne va via nel nirvana, non entra in una sorta di ritiro sensoriale estatico, non piomba in una specie di samadhi catatonico. Ovviamente, ci sono persone che possono far ciò, perché questa è la loro aspirazione, potremmo dire la loro specialità, come una cosa lunga è un lungo corpo di Buddha e una cosa corta è un corto corpo di Buddha. Ma se comprenderete davvero lo Zen, vi renderete conto che l’idea buddista di risveglio non è compresa nel trascendente o nell’immanente, né nell’infinito o nel finito, né nel temporale o nell’eterno, perché questi non sono altro che concetti.

Ora, però lasciate che mi spieghi: non sto ammonendovi a mettere ordine nella comune vita di tutti i giorni al modo metodico e razionale tipico delle maestrine di scuola, aggiungendo che “se foste bravi fareste come vi dico”. Per l’amor del cielo, non fate i bravi! Ma finché non avrete creato la cornice d’un certo tipo di ordine e d’un certo tipo di disciplina, la forza della liberazione farà esplodere il mondo in pezzi, come una corrente troppo forte per il cavo che attraversa.

Perciò è molto importante vedere oltre l’estasi. Qui l’estasi è la morbida, amabile, abbracciabile e baciabile carne, e va benissimo. Ma oltre l’estasi ci sono le ossa, quel che chiamiamo “dura realtà”. La dura realtà della vita quotidiana. Incidentalmente, non devo dimenticare di menzionare la morbida realtà, perché c’è anche quella. Per dura realtà s’intende il mondo così come viene visto nello stato ordinario e quotidiano di coscienza. Per comprendere che esso non è, in realtà, differente dal mondo dell’estasi suprema potremmo fare anche così: supponiamo che, come spesso accade, voi pensiate all’estasi come a un’illuminazione, una visione di luce. C’è una poesia zen (haiku) che dice:

Un tuono improvviso.
Si spalancano le porte della mente
e là siede il vecchio uomo di sempre.

Capite? C’è una visione improvvisa. Satori! Illuminazione! Alé-ho-hoo! Le porte della mente si scardinano e lì siede lo stesso uomo comune di prima. Siete sempre gli stessi. Tuoni e fulmini e poi, in un batter di ciglia, la visione svanisce. Perché? Perché qui c’è la luce. Luce, luce, luce, tutti i mistici del mondo hanno visto la luce! Quella brillante, abbagliante energia più luminosa di mille soli, che è racchiusa in ogni cosa.

Provate ora a immaginare di vederla, proprio come vedete le aureole attorno ai Buddha, come se foste immersi in una visione beatifica alla fine del paradiso di Dante. Luce, vivida luce, tanto brillante da apparire come la chiara luce del vuoto nel Libro Tibetano dei Morti. Luce oltre la luce, chiarissima, brillantissima. La vedete allontanarsi mentre sui bordi, come una grande stella, appare un contorno rossastro e poi un altro arancione, giallo, verde, blu, indaco, violetto. Vedete apparire questo grande mandala e oltre il violetto c’è il nero, un nero come ossidiana, non un nero piatto, ma trasparente, nero come la lacca. E, nel bel mezzo del nero, come lo yang che balza fuori dallo yin, ancora luce. Andate avanti ancora e insieme a questa luce viene il suono. Insieme con la luce chiara si manifesta un suono tanto tremendo che pare debba distruggervi le orecchie. Ma poi, man mano che cambiano i colori, il suono decresce a intervalli armonici, giù, giù, finché non diviene una specie di sottofondo tonante e vibrante al punto di trasformarsi in un solido.

Allora cominciate a percepire la trama di cui è intessuto. Per tutto questo tempo siete rimasti incantati ad osservare una cosa irradiante. “Ma” essa vi dice “sai che posso fare ben altro”. Così i raggi cominciano a danzare, i suoni a ondeggiare e le trame a variare e… beh, ora che avete immaginato tutto questo come un’immagine piatta, bidimensionale, aggiungete una terza dimensione. Attenti! Adesso sta venendovi addosso! E, nel contempo, vi dice che non andrà sempre avanti così, che farà riccioli e decorazioni. E dice, “Beh, questo è solo l’inizio”. E, così, mentre crea altri angoli e curve, improvvisamente vedete fin nei più piccoli particolari che tutto si fa più intenso, che tutte le figure minori e derivate sono contenute in quelle che voi pensavate fossero le figure originarie e primarie, mentre il suono comincia a variare a seconda dei luoghi, assumendo una complessità sorprendente e il tutto continua ad andare e ad andare e ad andare, inducendovi a pensare che siete voi ad andare completamente fuori di testa, quando il tutto, all’improvviso si trasforma in… beh… noi che siamo seduti qui.
Grazie molte.

Alan Watts

Fonte del Post: http://www.crescitainteriore.com/?p=606#more-606

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