Auto-osservazione.

Autosservazione.

Domanda: Com’è possibile l’autosservazione distaccata dei pensieri, tra la nebbia della depressione? Penso che la visuale sia appunto annebbiata e distorta, non ti sembra?

Mauro: Quando non c’è la nebbia, l’occhio vede il paesaggio. Quando c’è la nebbia, l’occhio vede la nebbia. Comunque sia, la capacità di vedere dell’occhio non è diminuita o compromessa, perché vede sempre quello che c’è.

Se la mente è confusa, la coscienza vede quello che c’è, ossia la confusione. Ma se si accorge della confusione, vuol dire che lei (la coscienza) non è confusa. Quando ti accorgi della nebbia e della confusione, tu ne sei fuori: sei appunto l’osservatore della confusione.

D.: Come può una mente condizionata osservare se stessa? Nelle pratiche meditative orientali si consiglia spesso l’autosservazione, ma alla fin fine è pur sempre un lavoro mentale, per cui, se la mente è condizionata, l’osservazione che essa compie sarà distorta.

Mauro: La mente non esiste, è una semplice astrazione. ‘Mente’ è solo una parola, un termine collettivo, per indicare la totalità dei pensieri.

Se ti guardi dentro in cerca della mente, non la trovi: percepisci solo una serie di pensieri che velocemente appaiono e scompaiono. Una parola può forse ‘fare’ qualcosa? Può essere cosciente? Può osservare? Dunque, se la mente è solo una parola, non può fare niente, tanto meno osservare se stessa o altro.

E’ la coscienza che osserva tutto, compresi ì pensieri che chiamiamo ‘mente’. Nella sua immediatezza e semplicità, la coscienza non può essere condizionata da nulla, perché tutti i condizionamenti sono pensieri e concetti accumulati nella memoria, che stanno sempre dalla parte di ciò che è osservato, mai dalla parte di chi osserva.

Non esiste dunque un’autosservazione della mente: c’è solo la coscienza che vede i pensieri e questo avviene spontaneamente, senza alcuno sforzo. Accorgersi dei pensieri non è una pratica: semplicemente accade.

D.: Se, durante l’autosservazione, mi accorgo di essere depresso, di soffrire o di sentirmi solo, viene a crearsi una separazione rispetto al mondo esterno. Come conciliare l’autosservazione con il sentirsi contemporaneamente in unione con l’universo?

Mauro: Vedendo che l’autosservazione è solo una porzione ristretta e limitata di ciò che potresti chiamare più semplicemente ‘osservazione’.

La coscienza osserva tutto: sia le percezioni visive, uditive, ecc. che chiamiamo ‘mondo’, sia le sensazioni fisiche che chiamiamo ‘corpo’, sia i pensieri che chiamiamo ‘mente’. Praticare l’’autosservazione’ significa limitare il campo dell’attenzione solo ai pensieri che chiamiamo ‘mente’, escludendo tutto il resto e rinforzando così l’illusione che ‘io’ sia separato dal mondo ‘esterno’.

Invece, se osservi tutto quello che c’è ad ogni momento, accanto ai pensieri tristi ci saranno anche tante altre cose: il sole che filtra fra le foglie di un albero, le candide nuvole che veleggiano nel cielo, la freschezza di un bicchier d’acqua, il vento che accarezza la pelle, il sorriso di un bambino. Allora è difficile sentirsi soli.

Mauro Bergonzi

Fonte: https://docs.google.com/viewer?a=v&pid=sites&srcid=ZGVmYXVsdGRvbWFpbnxpbHNvcnJpc29kZW
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