Considerazioni sulla Morte.

Terra x Blog + Nero 2015

Ritrovare chi non c’è più.

Quando muore qualcuno che amiamo, il dolore ci sommerge. In quei momenti, l’idea che la morte sia la fine di tutto prevale su qualunque altra considerazione, e la sofferenza per la perdita fisica annichilisce ogni esperienza nuova. Invece, è proprio allora che bisogna prestare attenzione alle percezioni del cuore, senza lasciarsi travolgere dai vissuti della separazione e della mancanza.

In una zona della nostra consapevolezza, la presenza delle persone che amiamo rimane sempre identica a se stessa, e possiamo percepirla con la stessa chiarezza di quando queste avevano un corpo.

Ecco perché è così difficile “rendersi conto” della morte e accettare che le persone che sono state importanti per noi improvvisamente non ci siano più. Capita spesso che chi ha subito un lutto si ritrovi a ripetere tra sé: “Non mi sembra possibile…” “Non riesco a crederci…” Queste affermazioni indicano quanto la presenza delle persone care rimanga invariata, anche dopo la perdita del corpo.

Purtroppo, una cultura della morte, macabra e funerea, ci spinge a non prestare ascolto alle sensazioni del cuore. “Non c’è più…”, ripetiamo sconsolati, chiudendo la porta alla possibilità di ritrovare i nostri cari in uno spazio interiore, nuovo e privo di fisicità. In questo modo precludiamo a noi stessi la possibilità di far crescere il legame e di sperimentare ancora la presenza delle persone cui abbiamo voluto bene.

La morte è un’esperienza che, privandoci di ogni riferimento concreto, ci costringe a prendere atto dell’immaterialità della nostra vita. La concretezza, infatti, costituisce solo una piccola parte di ciò che è vero. La maggior parte della realtà che viviamo non è tangibile e compete al cuore. Il nostro benessere psicologico riguarda l’immaterialità. Pensieri e stati d’animo sono impalpabili, ma generano la salute e la sofferenza mentale da cui dipende la qualità della nostra vita. La felicità, la serenità e l’armonia sono percezioni interiori e hanno ben poco a che fare con la concretezza.

Quando muore qualcuno che amiamo, la perdita fisica si sovrappone alla percezione della sua presenza immateriale, impedendone l’ascolto e l’incontro. Per superare un rigido schema materialistico che nega qualsiasi contatto con chi è privo di un corpo, bisogna lasciare che sia il cuore a guidare le esperienze che ci permettono di ritrovare i nostri cari.
Anche dopo la morte del loro corpo fisico. La difficoltà sta nel gestire la percezione della loro mancanza fisica e muoversi nel mondo impalpabile della coscienza. Quando riusciamo a stabilire un contatto, chi non c’è più si presenta utilizzando i ricordi.

I ricordi sono come un avatar, un’icona che rende riconoscibile chi non ha più un corpo a chi il corpo ce l’ha ancora, un modo per farsi riconoscere. Ma non appena compaiono i ricordi ad annunciare la presenza di coloro che amiamo e che stiamo cercando, ecco che la mancanza fisica prevale e ci sommerge di dolore… ostacolando in questo modo qualunque possibilità di dialogo! La sofferenza ci impedisce di ascoltare le impalpabili percezioni interiori. É come un rumore di fondo che sovrasta la melodia dell’incontro.

Per entrare in rapporto con chi non ha più un corpo, bisogna comprendere che i ricordi indicano la sua presenza. E lasciarsi attraversare da quei flashback senza scivolare nel dolore provocato dalla mancanza fisica. Se ci si abbandona al processo naturale del ricongiungimento, i ricordi e l’attuale presenza incorporea si fondono in un’unicità che ci comprende fino a diventare un tutt’uno. Il cuore usa una sua modalità percettiva, che è soggettiva e funziona grazie alle competenze dell’emisfero destro. Non ci sono più un io, un tu e uno scorrere del tempo, fatto di prima e dopo. C’è un’unione presente senza tempo che coinvolge. Questa è la modalità del cuore di sperimentare la realtà (tutti gli innamorati lo sanno!).

Ma di solito… La mente non lo sopporta. La logica si ribella. E l’incontro… sfugge via!

Per riuscire a mantenere il contatto interiore bisogna accettare che la logica si smarrisca, senza spaventarsi e senza reprimere il processo. Quando la mente lascia che sia il cuore a guidarla, si accede a una diversa consapevolezza e il legame con chi abbiamo amato ci conduce spontaneamente a ritrovarci nelle dimensioni interiori.

Nello spazio del cuore sono possibili gli incontri e le comunicazioni. Per arrivarci bisogna abituarsi alla rarefazione della fisicità e della materialità. E soprattutto è necessario permettersi di rinunciare all’oggettività. Il cuore utilizza solo la coscienza soggettiva. Le esperienze emotive sono sempre individuali, e sono possibili solamente così. Questo non vuole dire che ce le siamo inventate. Vuol solo dire che non sono ripetibili. Sono uniche.

Nessun legame è uguale a un altro. Ogni unione è diversa e speciale. Ogni esperienza del cuore si esprime con modi propri. Il cuore non è normale. É vero.

Carla Sale Musio

Fonte del Post: http://carlasalemusio.blog.tiscali.it/2015/05/02/ritrovare-chi-non-ce-piu/?doing_wp_cron

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