Dentro di me… Nessuno.

Terra x Blog + Nero 2015

Dentro di me non c’è nessuno.

Tutti i “problemi” che affliggono l’umanità traggono origine da un unico fattore: l’identificazione totale, l’adesione incondizionata alla mente di superficie, alla cosiddetta mente programmata. Essa si comporta esattamente come un software, registra e decodifica informazioni secondo i parametri sui quali è tarata. A loro volta, questi parametri vengono acquisiti e stabiliti a seconda dell’ambiente e degli schemi ricorrenti ai quali veniamo sottoposti sin dal periodo della gestazione. Questo processo determina la catalogazione di tutto ciò che sperimentiamo all’esterno secondo filtri e criteri acquisiti, veri e propri programmi mentali che via via andiamo installando col procedere del tempo e delle relative esperienze e che generalmente siamo soliti definire personalità.

Essa è totalmente indotta e artificiale e costituisce il vestito che ci cuciamo addosso, nonchè l’unica modalità con la quale ci rapportiamo a noi stessi e ci rappresentiamo all’esterno. Le forme pensiero di cui è costituita cristallizzano all’interno della psiche e ad un certo punto, laddove il processo dovesse protrarsi per un tempo considerevole e a seconda dei casi, il rischio concreto è che non saremo più in grado di guardare alla vita con occhi nuovi, poichè tutto sarà scansionato secondo i parametri ai quali – volenti o nolenti – ci siamo assoggettati.

Gli elementi che la caratterizzano sono la paura, il senso di separazione, l’istinto di sopravvivenza e di conservazione, la diffidenza, il sospetto, l’attaccamento a cose/idee/persone/situazioni, l’astio, il rancore e tutti i derivati della paura stessa, che in definitiva non è altro che paura di morire.

Ciascuna delle nostre regole, delle nostre aspettative nei riguardi del mondo, nonchè tutte le nostre recriminazioni traggono origine dal sentirsi un tutt’uno con questo strumento e con i suoi contenuti. La sua modalità principale concerne il farci credere fermamente che così come siamo non andiamo bene, che non siamo completi, che non siamo adeguati, che dobbiamo necessariamente inseguire e conseguire un modello di perfezione che ci condurrà alla pace, alla gioia, alla prosperità e che ci renderà amabili e desiderabili agli occhi di tutti.

Trascorreremo la nostra esistenza su questo pianeta negando l’istante nel quale viviamo e proiettando in un momento collocato in qualche ipotetico futuro la nostra idea di realizzazione, che naturalmente non si compirà mai, poichè nell’istante in cui ci sembrerà di aver raggiunto qualcosa scopriremo che inevitabilmente manca dell’altro. Ed è così che chiuderemo gli occhi una volta per tutte, nella logorante sensazione di non aver vissuto appieno, di aver lasciato indietro troppi irrisolti, finendo per infoltire la già fitta schiera degli incompiuti.

Può sembrare uno scenario apocalittico e un tantino esagerato, ma, se ci soffermiamo un attimo a considerare il modo in cui abbiamo vissuto fino a adesso, scopriremo senza troppe difficoltà che non è così.

Ho avuto modo di sperimentare sulla mia stessa pelle che le emozioni ricorrenti creano assuefazione e dipendenza, ed è pertanto naturale che si cerchi costantemente di ricreare le condizioni che ci portino a rivivere quelle alle quali siamo maggiormente affezionati e questo vale per le emozioni che definiamo positive così come per quelle che cataloghiamo come negative. Entrare e rimanere nel circolo vizioso della sofferenza è così rassicurante, così consueto e soprattutto così comune! Strappa via a qualcuno che soffre la sua sofferenza e ti farà la guerra.

La mente programmata non basta mai a se stessa, ed è per questo motivo che induce alla dipendenza dall’esterno. Essa ti induce a credere che la salvezza è là fuori e che devi solo cercarla… è così che, il più delle volte, ci rapportiamo al terapeuta, al gruppo, alla disciplina, al fidanzato o al guru di turno, ed è così che, senza minimamente accorgerci, innalziamo quello che dovrebbe essere un semplice servitore al ruolo di Dio.

Sono addolorato nel comunicarvi questa notizia, ma vi dico sin da ora che se questa è l’attitudine con la quale vi accostate alla ricerca, o più semplicemente vivete la vostra vita, siete ancora destinati inevitabilmente alla sofferenza. Non c’è scampo, non si esce dal dolore utilizzando lo stesso strumento che lo genera e lo alimenta quotidianamente e se non siete ancora pienamente convinti di ciò che vi sto dicendo, se non ne avete ancora le palle piene (spero mi perdonerete questa espressione così poco spirituale) non potete far altro che proseguire su questa strada fino al prossimo schianto, muro dopo muro, fin quando non vedrete aprirsi all’orizzonte qualcosa di diverso, nella speranza che non si tratti di una frattura cranica.

Tutti sono convinti indistintamente di essere “qualcuno”, tutti sentono di essere un “me” che ha un vissuto, una storia con la quale si rappresentano, a nessuno sfiora minimamente l’idea di non aver scelto niente e di non esistere affatto, se non come manifestazione di una serie di automatismi che cesseranno di fare rumore nel momento stesso in cui la macchina che li ha generati smetterà di respirare.

Giù la maschera per la miseria, noi siamo altro!

E quando l’esigenza di vedere cosa c’è dopo sarà più forte dell’illusorio senso di sicurezza che ci mantiene ancora in questo stato di cose, allora saremo pronti per compiere il balzo successivo e spostare il nostro centro di consapevolezza. Scopriremo allora che non ci siamo mai mossi, che siamo sempre stati al centro della nostra dimora, che il cercatore e l’oggetto della ricerca erano semplicemente la stessa cosa e che quella paura che dominava i nostri passi incerti altro non era che un’ombra… la nostra stessa ombra dalla quale fuggivamo.

“L’unica differenza fra un illuminato e un uomo comune è che il primo sa di essere un illuminato e il secondo non lo sa”.  Hui-neng

Roberto

Fonte del Post: http://www.robertosenesi.it/news/dentro-di-me-non-ce-nessuno1/

WooshDe7Torna Su