Andrea Pangos: Dialogo sul vuoto mentale …

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Dialogo sul vuoto mentale tra Claudia Catani e Andrea Pangos.

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C.C.: Claudia Catani
A.P.: Andrea Pangos

Uno degli obbiettivi – da sempre – della ricerca spirituale è il raggiungimento del cosiddetto Vuoto mentale. Questo obbiettivo non viene però perseguito in tutti i vari tipi di percorso spirituale. In alcuni casi, evidentemente, non è oggetto della ricerca stessa. In altri casi se ne parla, ma il metodo non aiuta l’allievo a raggiungerlo. Esiste il Vuoto mentale? Che cos’è?

Il Vuoto mentale è l’Amore. Amare significa produrre Vuoto mentale. La ricerca spirituale è quindi inscindibile dalla maturazione del Vuoto mentale. Alcuni insegnamenti favoriscono la ricerca del Vuoto mentale, ma lo chiamano diversamente, per esempio Beatitudine, Pace o Puro essere. Gli insegnamenti che non fanno maturare questo stato non andrebbero considerati spirituali, perché non conducono all’Amore.

C.C.: Cosa implica il Vuoto mentale?

A.P.: Nel senso stretto del fenomeno, il Vuoto mentale è la pura esperienza di esserci, esente da pensieri. Nel senso più ampio del fenomeno, il Vuoto mentale può, invece, essere caratterizzato anche dai pensieri, ma non superflui, che scaturiscono dal Vuoto mentale e praticamente non lo turbano.

C.C.: Cosa accade in quest’ultimo caso al Vuoto mentale?

A.P.: Il Vuoto mentale accade a se stesso, caratterizzato anche dai pensieri. Il Vuoto mentale è consapevole di questi pensieri, di come si creano, durano e terminano e può osservarli e prolungare a piacere l’intervallo tra loro. Può inoltre decidere di far cessare il flusso di pensieri, per permanere esente da pensieri. Il Vuoto mentale applicato alla pratica vita quotidiana esige il pensiero consapevole. Non si può fare la spesa, pagare una bolletta o dialogare senza produrre pensieri. Senza pensieri non si può nemmeno tramandare un insegnamento spirituale.

La ricerca del Vuoto mentale totale non deve diventare un’ossessione, anche perché è impossibile permanere sempre e totalmente senza pensieri, sopratutto per chi non fa una vita da eremita. Anche la lettura di questo testo esige la formazione di pensieri. La ricerca ossessiva del Vuoto mentale può facilmente diventare un ostacolo per lo stesso Vuoto mentale. Bisogna tendere al Vuoto mentale e, contemporaneamente, lasciarsi andare al flusso della vita, per godersi la vita consapevolmente.

C.C.: Tu parli di Vuoto mentale che osserva i pensieri.

A.P.: Sì, i pensieri che scaturiscono dal Vuoto mentale sono segmenti del Vuoto mentale stesso, che è il soggetto osservante che osserva alcuni suoi segmenti o esperienze definite pensieri.

C.C.: In che modo, attraverso quali pazienti processi, è possibile allenare la propria mente a “concederci” il Vuoto, lo spazio più amplio possibile tra un pensiero e l’altro?

A.P.: Non è la mente di qualcuno. Non c’è nessuno ad avere la mente, ogni qualcuno è un fenomeno che abita la mente.

L’allenamento della mente può essere classificato in vari ambiti, tra cui: la meditazione appartata, la meditazione durante le attività quotidiane, l’attività creativa consapevole, il riflettere illuminante, la vita sessuale illuminante, il sonno consapevolizzante. La qualità mentale di ognuno di questi ambiti influisce sulla qualità meditativa degli altri. Perciò è importante puntare alla massima qualità meditativa in tutti gli ambiti.

C.C.: In che senso sono “io” ad abitare la mente? Di chi è allora, la mente?

A.P.: Se per te intendi Claudia, Claudia è un insieme di concetti che appartengono alla mente. Immergendosi in meditazione, scompare ogni pensiero e quindi ogni identità concettuale. Alla fine, l’unica esperienza che rimane è il Vuoto mentale, che è Amore, Identità esperienziale senza identità concettuale, anche perché è senza pensiero.

Tu, come individuo, cioè come processo di individualizzazione che dura dal concepimento alla morte, sei, invece, la mente stessa. Mente non intesa, come viene fatto spesso, come apparato percettivo, emotivo e concettuale, ma mente intesa come totalità della vita individuale. In questo senso, scaturendo la mente da Dio immanifesto, si potrebbe dire che ogni mente è di Dio immanifesto, che però non conosce mente. Dalla prospettiva della mente, cioè dell’individuo, la mente è di se stessa, anche perché è se stessa e ogni avere esige l’essere e senza la mente in questione, non ci sarebbe il suo essere e quindi nessun avere.

C.C.: Cosa intendi per meditazione appartata?

A.P.: La meditazione appartata consiste nel meditare creandosi le condizioni per ridurre al minimo i disturbi esterni. È un momento da dedicare interamente a se stessi, a farsi del bene meditando. Ed è anche un bene per gli altri. È importante utilizzare un metodo meditativo qualitativo, che trasformi profondamente la mente. Alcuni metodi quietano la mente, senza però trasformarla in modo profondo.

C.C.: In che modo la sessualità può intendersi illuminante? E come si integra nella ricerca spirituale, dal momento che, secondo alcuni maestri e insegnamenti, la sessualità è considerata un dispendio energetico rispetto alla propria evoluzione spirituale, se non un’attività del tutto fuorviante?

A.P.: Il problema di alcuni insegnamenti è che sono votati al risparmio energetico, perché non offrono strumenti per aumentare le energie nella misura necessaria. Secondo alcuni la sessualità andrebbe evitata, anche perché la fuoriuscita dello sperma è un dispendio energetico. Questo è vero, ma se la maturazione spirituale dovesse dipendere anche dalla fuoriuscita del liquido seminale, sarebbe un bel problema, perché invece di agire per ampliare le proprie capacità energetiche, ci si limiterebbe, dedicandosi al risparmio energetico. Non va dimenticato che il principio-uomo è anche il potenziale in cui appare l’universo intero, come forma dell’esserci umano. Considerando questo, sarebbe veramente paradossale se l’uomo non riuscisse perlomeno a recuperare il potenziale energetico disperso dall’eiaculazione. E poi l’orgasmo è scindibile dall’eiaculazione. Per chi utilizza un metodo evolutivo qualitativo, la sessualità sana e l’eiaculazione non rappresentano un problema energetico o spirituale, anzi. La sessualità illuminante attiva e matura potenziali energetici e processi consapevolizzanti utilissimi per la maturazione spirituale. Tra l’altro, l’orgasmo è uno stato in cui l’attività emotiva e concettuale si quieta e questo è uno degli scopi della pratica spirituale.

La sessualità consapevolizzante fa superare i traumi sessuali, mentre l’idea che la sessualità non è spirituale può essere un’ottima maschera concettuale per celarsi problematiche sessuali. Talvolta, maggiore è il trauma, più la sessualità viene negativizzata, per meglio illudersi di essere sulla strada giusta e per dar maggior apparente ragione alle proprie argomentazioni. Ci sono casi in cui i comportamenti condizionati dai blocchi sessuali sono stati definiti come segno di santità.

Dal punto di vista spirituale, la sessualità è un problema quando c’è attaccamento alla sessualità. Ciò implica anche la creazione di fantasie sessuali, che allontanano dalla presenza integrale ora-qua. Le fantasie sessuali ci sono anche perché non ci si sente realizzati sessualmente. Realizzando una sessualità illuminante diminuiscono le fantasie sessuali. Producendo piacere, la vita sessuale può produrre dipendenza dai sensi. Il vero modo per diventare indipendenti dai sensi è maturare l’Appagamento chiamato Beatitudine o Amore, grazie al quale non c’è bisogno di cercare piacere attraverso i sensi, ma si può esprimere la Beatitudine attraverso l’espressione sensoriale, senza attaccamento a essa.

La sessualità è illuminante nella misura in cui avvicina all’Amore, ovvero avviene nell’Amore. La sessualità illuminata non è né emozionale né emotiva. Durante il rapporto sessuale illuminato dall’Amore, non ci sono emozioni, perché c’è, appunto, Amore, che precede ogni emozione. Il rapporto sessuale illuminante è caratterizzato dal lasciarsi andare all’Amore e dall’abbandonarsi al partner e questo aiuta a liberarsi dalla rigidità psicofisica durante il rapporto, ma anche dopo. La sessualità illuminante porta anche all’attivazione del nodo di Brahma, che nelle donne si trova sul cervice, e che permette un orgasmo globale, attraverso l’attivazione di processi ed energie profondamente consapevolizzanti, che favoriscono l’esperienza integrale di se stessi e del partner in se stessi. La sessualità è un ottimo potenziale per scoprire l’Unità e andrebbe praticata consapevolmente.

La vera sessualità è inscindibile dall’Amore, che non può esserci senza sessualità, la quale non può esserci senza Amore. A meno di appoggiarsi alla tecnologia, senza l’atto sessuale non ci può essere la vita manifesta, spazio temporale, quindi non ci può essere l’esperienza Amore. L’Origine, Dio immanifesto, è uno stato non esperienziale. Senza l’esperienza primaria-Amore non ci può essere nemmeno l’esperienza sessualità, che come ogni esperienza è una conseguenza dell’esperienza Amore. Senza sessualità non può esserci nemmeno la ricerca spirituale, senza vita non c’è chi possa cercare cosa. Amore, sessualità e ricerca spirituale sono inscindibili. Sacro e profano sono aspetti separati solo a causa di mancanza di Amore, carenza che è causata anche dalla sessualità poco qualitativa e dalle idee sbagliate sulla sessualità, tra cui l’idea che la sessualità non è spirituale. Realizzarsi sessualmente permette anche di caricare meno di aspettative la ricerca spirituale. In più campi ci realizziamo e meglio ci realizziamo, minore è il rischio di compensare le mancanze in alcuni aspetti della vita con eccessi nell’altro, anche nella spiritualità.

C.C.: Ma cosa ha a che vedere l’attività sessuale, sebbene illuminante, con l’esperienza del Vuoto mentale?

A.P.: Come ho spiegato poco fa, l’orgasmo può essere un’ottima introduzione per permanere nel Vuoto mentale. La sessualità più profondamente vera avviene nel Vuoto mentale, cioè come espressione dell’Amore nell’Amore, che ha un rapporto sessuale integrale con se stesso, perché ogni esperienza è Amore. Inoltre, la capacità di produrre Vuoto mentale è determinata anche dalla qualità delle energie e la sessualità consapevole è molto energizzante.

C.C.: E in che modo il sonno consapevolizzante può maturare in noi il Vuoto mentale?

A.P.: Il sonno consapevolizzante favorisce la consapevolizzazione del sonno profondo, dei sogni e dello stato di veglia. È un ottimo aiuto per trascendere questi tre stati in favore dell’alternanza tra il Vuoto mentale e l’Estinzione, anche durante il periodo di riposo, quando l’alternanza va a sostituire il precedente dormire. Maggiore è il grado di consapevolezza, cioè più la conoscenza di esserci è vicina all’Amore, più il dormire si è trasformato in un riposare illuminato.

C.C.: Prima hai affermato che una mente quieta può non essere una mente trasformata. Cosa intendi con trasformare la mente, dal momento che spesso si intende l’annullare, eliminare la mente come scopo ultimo della realizzazione?

A.P.: La trasformazione della mente implica l’eliminazione delle cause degli ostacoli interiori ed esteriori per il Vuoto mentale e la maturazione della capacità di produrlo. La meditazione appartata deve creare anche le condizioni per integrare nelle attività quotidiane uno stato meditativo sempre più qualitativo.

L’idea di annullare la mente può essere molto fuorviante, anche perché la mente non può essere annullata, esiste fino alla morte. Compreso in modo errato, questo concetto può produrre conflitti, che sono sempre della mente con se stessa. Quando si usa il concetto di annullare la mente si dovrebbe specificare che significa eliminare la modalità meccanica della mente, che impedisce il Vuoto mentale. Durante il Vuoto mentale la mente non è annullata, c’è ed è proprio lei a produrre il Vuoto mentale. Se Ramana Maharishi, Sri Nisargadatta Maharaj e altri jnani che hanno parlato di annullamento della mente, la avessero eliminata definitivamente non ci sarebbe il loro insegnamento verbale, che è composto da concetti. Senza mente non ci possono essere idee.

C.C.: Quali sono gli ostacoli al Vuoto mentale?

A.P.: Gli ostacoli interiori sono psichici, energetici e fisici. Gli ostacoli psichici sono i processi emotivi e concettuali non in funzione dell’Amore. Uno tra gli ostacoli fisici è uno stato inadeguato del sistema nervoso, che impedisce di progredire come dovuto. La meditazione andrebbe quindi usata anche per migliorare la qualità del funzionamento del sistema nervoso. Gli ostacoli energetici sono gli impedimenti per l’energia vitale e le energie evolutive, tra cui il processo della kundalini. Per progredire qualitativamente è necessario maturare le energie evolutive e maturare la capacità di eliminare le cause delle energie ostacolanti.

C.C.: L’attivazione e la maturazione della kundalini sono necessarie per la trasformazione della mente, per la maturazione integrale? Non tutti i metodi prendono in considerazione esplicitamente il processo della kundalini. Secondo alcune dottrine, l’attivazione della kundalini è pericolosa e deve avvenire, se mai si attivasse, in maniera graduale…

A.P.: Dipende da cosa si indica con il termine maturazione integrale; se con questo concetto intendi anche la maturazione della kundalini, allora la maturazione della kundalini è chiaramente necessaria. Per l’illuminazione non è necessario agire direttamente sulla maturazione della kundalini. Spesso la kundalini matura indirettamente, ma l’illuminazione non implica la maturazione della kundalini. E poi, inteso nel senso ampio del fenomeno di maturazione, la kundalini, come le altre energie, non è mai matura, può sempre maturare, aumentare il proprio potenziale energetico. La maturazione della kundalini è comunque utile alla consapevolizzazione. Questo potenziale energetico andrebbe utilizzato in funzione della realizzazione, anche per aumentare il potenziale illuminante della sessualità e per una maggior attività creativa consapevolizzante. L’attivazione della kundalini può essere pericolosa, se viene attivata con metodi non sicuri, mentre è sicura se l’attivazione avviene con metodi sicuri.

C.C.: Puoi indicare un metodo sicuro?

A.P.: Si può meditare con l’aiuto di richieste e affermazioni come: mi apro all’attivazione della kundalini, chiedo all’Amore di maturarmi la kundalini nei sette chakra, mi apro a consapevolizzare la kundalini nei canali energetici. Questo metodo è molto semplice e nel contempo molto efficace, sopratutto se iniziato da un Maestro Autentico. Inoltre, non esige nemmeno l’astinenza sessuale, il digiuno e altre pratiche di rinuncia.

C.C.: Quali dobbiamo considerare come ostacoli esteriori invece?

A.P.: Gli ostacoli esteriori sono in parte causati dagli ostacoli interiori, come loro proiezioni, ma sono prodotti anche dalle proiezioni negative altrui, cioè dalle emozioni e idee non evolutive dell’umanità intera. É importante meditare direttamente, anche per eliminare gli ostacoli esteriori. Si può utilizzare la richiesta diretta: chiedo l’eliminazione delle cause degli ostacoli esteriori, oppure l’affermazione: abbandono gli ostacoli esteriori all’Amore. Alcuni insegnamenti non favoriscono l’azione diretta sugli ostacoli esteriori, anche perché sono stati sviluppati per una vita da monastero e da ashram. Non producono quindi gli anticorpi necessari per una vita da città. Una macchina di formula 1 può essere vincente su pista, ma su un circuito rally non andrà lontano. Parlando di esteriore, andrebbe considerato che tutto ciò che percepiamo è una nostra esperienza interiore.

C.C.: Altri insegnamenti, invece, inseriscono a bella posta esponenziali ostacoli “fittizi” come parte integrante del metodo di apprendimento. Specie gli insegnamenti pedissequamente fedeli ad antiche o antichissime tradizioni. E’ davvero ancora necessario? O, nell’epoca attuale, siamo già piuttosto attentati da inesauribili sfide?

A.P.: Bisogna utilizzare, non seguire, un insegnamento che porta concreti risultati nella pratica vita quotidiana. La qualità del percorso maturativo è determinata sostanzialmente da quanto ci si libera dalla sofferenza, in favore della Felicità. È molto importante essere aperti a conoscere un metodo evolutivo che favorisce la Realizzazione Integrale.

C.C.: E, a proposito di sfide, come è possibile mantenere il Vuoto mentale anche durante le attività quotidiane?

A.P.: Maturando il distacco spirituale, che non consiste nel distaccarsi dal mondo, ma nell’integrare l’Amore nell’esperienza chiamata vita quotidiana. Il distacco implica la dualità, l’esperienza chiamata separazione. L’integrazione dell’esserci porta invece all’esperienza Unità che è Amore, Vuoto mentale. L’equanimità spirituale non è una questione di distacco dal mondo, ma di essersi radicati nell’esperienza Amore, che permane indipendentemente da ciò che accade, cioè da ciò che appare nella mente. Ciò che viene percepito è sempre un segmento della mente prodotto dalla stessa.

C.C.: In senso pratico, cosa bisogna fare per maturare il distacco spirituale?

A.P.: Il Vuoto mentale, durante le attività quotidiane, può essere favorito tendendo a osservare consapevolmente ciò che accade nel campo esperienziale, cioè sensazioni, forme, emozioni e pensieri. Inoltre, è bene tendere a focalizzarsi sul, chiamiamolo così, punto in cui si costituisce l’esperienza di esserci, cioè sul confine tra l’esperienza di esserci e la sua assenza. Così facendo, la mente si volge profondamente verso l’Origine e matura più facilmente il distacco spirituale, anche consapevolizzando che ogni esperienza è irreale. Questi processi possono essere favoriti affermando, per esempio: mi apro alla testimonianza consapevole, oppure eliminazione degli ostacoli per la testimonianza consapevole o mi apro a scoprire il confine tra esserci e assenza di esserci.

C.C.: Semplice, ma difficile?….Molti seri ricercatori, durante il proprio percorso spirituale, restano spesso vincolati ad un mantra, o a più di uno, o ad oggetti e protocolli cerimoniali particolari e imprescindibili, a esercizi fisici, rituali di purificazione, calendari e cicli. Oppure all’idealizzazione perpetua di un maestro non più in vita, se non di una guida in carne e ossa, verso la quale possono manifestarsi processi di transfer e contro transfer (per dirla con la psicanalisi) più o meno consci. Fermo restando il valore e potere trasformativo di qualsiasi pratica seria e consolidata, viene così trascurata l’esperienza del Vuoto mentale in sé.

A.P.: Il percorso spirituale può essere definito anche come abbandono del superfluo in funzione dell’essenziale. Bisogna essere molto pratici, basarsi su progressi concreti e non farsi abbagliare dalle forme. Maturare spiritualmente è ben diverso dal mero occuparsi di spiritualità, nel senso di occuparsi di temi, fenomeni e metodi spirituali, senza però maturare la capacità di produrre Vuoto mentale, cioè Felicità, in ogni aspetto della vita. Bisognerebbe considerare che, ai fini della maturazione spirituale, la qualità dello sforzo è determinata primariamente da quanto favorisce la liberazione dalla sforzo. Andrebbe inoltre considerato, ragionevolmente, il principio: massimo sforzo ottenimento minimo, minimo sforzo ottenimento massimo, assenza di sforzo ottenimento immenso. L’assenza di sforzo implica il Vuoto mentale.

C.C.: Qual è, a tuo avviso, la connessione possibile tra investigazione psicanalitica e ricerca spirituale? È possibile una integrazione costruttiva?

A.P.: Sono a favore della conoscenza spontanea e diretta che emerge con il quietarsi della mente, grazie alla quale, in un attimo, diventa chiaro ciò che sarebbe incomprensibile in ore e ore di analisi. L’analisi non dovrebbe essere usata per intrappolarsi nella ricerca di spiegazione ai perché psicologici, ma si dovrebbe utilizzarla primariamente per volgersi verso l’Origine, con domande del tipo: Cos’è l’Origine? Dove inizia il tempo? Cos’è la pura esperienza di esserci, dove compare? Da dove provengo come individuo? Qual è la Reale Identità?

La scoperta dell’Identità spirituale esperienziale, che è l’Amore, e dell’Identità spirituale Reale, che è Dio immanifesto, è di fondamentale importanza. Il ricercatore dovrebbe però tendere anche a consapevolizzare nella misura necessaria il proprio essere fisico, energetico, sessuale, percettivo emotivo e concettuale.

C.C.: Freud o Jung?

A.P.: Jung, che oltre ad illuminarsi, si è anche Realizzato Integralmente e ha raggiunto l’Eccellenza nel suo campo.

C.C.: Cosa possiamo fare, inizialmente, durante l’allenamento progressivo al Vuoto mentale e al distacco spirituale, con la meditazione appartata o in attività, per riuscire ad osservare i pensieri e non rimanere coinvolti nel loro turbinio?

A.P.: Ci si può focalizzare su un unico pensiero, osservandolo senza analizzare. Così lo si utilizza come oggetto della meditazione. Ci si può concentrare anche sull’intervallo dei pensieri, prolungare l’intervallo fino a interrompere il flusso di pensieri.

All’inizio del percorso spirituale, l’osservazione dei pensieri e l’interruzione del loro flusso può essere molto difficile, se non addirittura impossibile. Questo significa anche che se si ha difficoltà a farlo, non si è in una fase avanzata della ricerca spirituale, pur praticando da decenni. Per questo è importante praticare regolarmente un tipo di meditazione appartata veramente trasformante, in modo che la mente si purifichi e consapevolizzi, per poi rendere più facile la testimonianza consapevole durante le attività quotidiane.

Si può pregare, ovvero meditare con l’ausilio di affermazioni come: eliminazione delle cause dei pensieri superflui, abbandono le emozioni e le idee all’Amore, chiedo alla Pace di attivarsi in me. Si può anche affermare Amore, Vuoto mentale, Io Sono, Sono Beatitudine, oppure Sussisto Assoluto, e rimanere concentrati sul flusso prodotto da queste affermazioni, per favorire l’emersione del Vuoto mentale, ma anche dell’Estinzione.

C.C.: Cosa intendi con il termine consapevolizzare?

A.P.: Con il termine consapevolizzare, riferito ai contenuti psichici, cioè percettivi, emotivi e concettuali, intendo il riconoscimento di un contenuto psichico e l’armonizzazione della sua vibrazione con la vibrazione dell’Amore. Riferito a Ciò che precede l’individuo intendo, invece, maturare la consapevolezza riguardo l’Origine. Maturare la consapevolezza può essere definito anche come illuminare il sapere con l’Amore.

C.C.: E rispetto all’attività creativa, come accade la “consapevolizzazione”?

A.P.: L’attività creativa porta allo stato di flusso, che è uno stato meditativo, più precisamente un passaggio verso la meditazione massima, che è la Beatitudine, l’Amore, quando il flusso si arresta. L’artista saggio riesce a mantenere lo stato meditativo anche una volta terminata la fase creativa. Molti artisti sono però così presi dalle idee riguardo a se stessi, a ciò che hanno creato, a come promuoversi, alla propria immagine, da sciupare spesso questo potenziale meditativo, proprio a causa dell’emergere di idee superflue che impediscono il Vuoto mentale e la consapevolizzazione qualitativa durante le attività non artistiche.

C.C.: Ogni faticosa conquista contiene in sé il dono per il raggiungimento ottenuto. Cosa ci offre il Vuoto mentale?

A.P.: Primariamente la Felicità. Inoltre, il Vuoto mentale porta anche a diventare liberi pensatori, liberi di pensare consapevolmente e di non pensare, perché si ha la capacità di produrre Vuoto mentale esente da pensieri. Il Vuoto mentale è una condizione base per essere liberi pensatori. Oltre a permettere il manifestarsi di verità universali e funzionali alla realizzazione spirituale, il Vuoto mentale favorisce pensieri molto qualitativi per la pratica quotidianità. Il Vuoto mentale è la Verità esperienziale, dalla quale possono emergere qualitative verità concettuali.

C.C.: Il Vuoto mentale è accessibile a tutti?

A.P.: A tutti coloro che sono in grado di produrlo. Se la pratica della Felicità fosse diffusa, per esempio tramite il sistema scolastico, in molti sarebbero in grado di produrre il Vuoto mentale, che allora verrebbe visto come normalità. Una tra le cose paradossali del sistema scolastico ed educativo in generale, più precisamente ritenuto tale, è che nonostante il fatto che ogni essere umano tende naturalmente alla Felicità, il sistema scolastico ed educativo in generale offrono pochi spunti su come raggiungerla. Di solito, anche chi lo spiega teoricamente non può dare un aiuto concreto, perché per favorire la Felicità altrui bisogna essere in grado di produrla in se stessi.

C.C.: Cosa dovrebbe essere, o fare, un vero maestro per aiutarci a raggiungerlo?

A.P.: Maggiore è la qualità del proprio Vuoto mentale, più il maestro lo favorisce automaticamente negli allievi. Dovrebbe poi offrire un metodo qualitativo per maturare la capacità di produrre Vuoto mentale, a prescindere dalle circostanze quotidiane prodotte dalla mente e che appaiono nella stessa.

C.C.: In che altro modo potresti definire il Vuoto mentale?

A.P.: Beatitudine, Amore, Pace, Pura Conoscenza in essere, Identità esperienziale, Dio manifesto puramente, Puro Essere, Felicità, Presente pienamente presente a Sé.

C.C.: Tu in che modo lo vivi, quanto a lungo, e come ha cambiato, se l’ha cambiata, la tua vita?

A.P.: Non c’è nessuno che vive il Vuoto mentale, è il Vuoto mentale che sperimenta se stesso, senza essere contaminato da idee su un io particolare che vive la vita, ovvero il Vuoto mentale. L’Amore è un’esperienza praticamente costante. La vita non è soltanto cambiata, è migliorata. Il cambiamento è inevitabile, è costante per tutti e può significare anche un peggioramento. Il miglioramento sostanziale è stato il passaggio dalla sofferenza a una Felicità costante, che permette di interagire con il mondo per Realizzarsi Integralmente e tendere all’Eccellenza, senza essere condizionati dal delirio collettivo. Il Vuoto mentale permette di esser reattivi soltanto alla Beatitudine, cioè di essere la fonte della nostra Felicità. Tra l’altro, non ci può essere Felicità se non si è fonte della stessa.

C.C.: Puoi ampliare il concetto di reattivi alla Beatitudine?

A.P.: Sì! Significa produrre Amore come unica esperienza, in modo da percepire il mondo nella luce dell’Amore, il che fa parte della verità esistenziale. In questo modo, qualsiasi cosa accada nel mondo, lo percepiamo in uno stato d’Amore e quindi siamo integralmente Amore che reagisce a se stesso, che è lo stato naturale, sano ed è di enorme aiuto all’umanità, anche perché genera Compassione.

C.C.: Cos’è la Compassione?

A.P.: Nel senso più elevato del termine, la Compassione è l’espressione della propria Felicità verso il prossimo, unita alla consapevolezza riguardo alla sua sofferenza, senza che ci turbi. Non perché si è insensibili, ma perché producendo soltanto Felicità si è Equanimi, Beati, Imperturbabili, strapieni di Amore. Possiamo aiutare altri a liberarsi dalla sofferenza nella misura in cui ne siamo liberi. Soffrendo possiamo fare ben poco per il mondo, un analfabeta non può insegnare a scrivere. Chi non Ama non può trasmettere pienamente l’insegnamento chiamato Amore, che è libertà dalla sofferenza.

C.C.: Dunque la Felicità non si cerca, non si trova ma la si produce?

A.P.: La Felicità si può cercare. Cercarla nel modo giusto porta a produrla in se stessi. La Felicità viene trovata quando si è Felici, cioè quando si fa esperienza di se stessi come Felicità.

Fonte del Post: http://www.pomodorozen.com/zen/dialogo-sul-vuoto-mentale-tra-andrea-pangos-e-claudia-catani/

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