Dolore o Sofferenza?

Come faccio a non prendere sofferenza?

Per prima cosa distinguiamo tra dolore e sofferenza. Che non siano la stessa cosa è dimostrato dall’uso frequente dell’espressione ‘dolore e sofferenza’. Il dolore è un segno o sintomo che ci dice che qualcosa va male, che c’è uno squilibrio in atto e che c’è bisogno di sanarlo. Non è lo squilibrio o la malattia in sé.

Nella nostra cultura, siamo condizionati ad evitare il dolore a qualsiasi costo. Questo perché non abbiamo compreso il dolore. Facendo andar via il dolore, sia per mezzo di farmaci, alcool, lo sfogo della rabbia, il superlavoro o altri comportamenti disfunzionali, stiamo solamente trattando i sintomi e non la causa sottostante al dolore. In realtà stiamo sopprimendo il dolore.

Prima o poi, qualsiasi cosa repressa o negata accumula pressione ed erompe, di solito in forme più gravi. Non importa se abbiamo a che fare con il dolore nel corpo. il dolore nelle relazioni, il dolore tra ciò che si ha o non si ha, o il dolore tra razze e nazioni.

La sofferenza è qualsiasi reazione emotiva al dolore. E’ la depressione che accompagna una malattia cronica; il lutto che accompagna una perdita, sia che si tratti della perdita della faccia o la perdita di un amico. E’ la paura e la diffidenza che seguono il dolore per essere stati ingannati, la giusta indignazione che infiamma quando si è insultati, la rabbia che segue lo sconforto per essere stati manipolati.

La guarigione inizia quando accetto il dolore. Il karma si crea quando esterno la sofferenza o qualche altra emozione negativa che accompagna il dolore.

Accettare il dolore non significa invocarlo. E neppure significa semplicemente tollerarlo o sopportarlo. Significa fare una connessione tra il dolore e la causa karmica sottostante.

Per guarire, devo permettere a me stessa di sentire il dolore, il colpo, non per restarci, ma per prenderne atto e capire che cosa sta cercando di dirmi.

Posso alleviare il dolore prendendo pillole, confidandomi con qualcuno che mi voglia bene e di cui mi posso fidare, elaborando e trasformando le mie emozioni attraverso la meditazione, andando da un consulente o con altri mezzi.

Ma se voglio realmente guarire, non posso negarlo, evitarlo, o razionalizzarlo. E, di sicuro, non guarirò se prendo sofferenza dal dolore accumulando biasimo, giudizio, colpa, rabbia e recriminazione su di me o sugli altri per questo. Perché, se faccio così, aggiungerò ulteriore danno alla ferita, dando asilo a malumori e risentimenti, oltre ad esaurire la mia vitalità spirituale.

Posso imparare ad accettare il dolore e risanare i miei squilibri karmici solo quando ho un forte senso del mio valore e merito, in quanto essere umano. Non devo solamente capire le cause e come trattare lo squilibrio, ma devo anche conoscere come rafforzare me stessa, in quanto essere umano completo.

“Un momento”, potresti pensare. “Va tutto bene, ma quello che mi ha ferito non ha alcuna responsabilità? Devo proprio diventare martire? Dov’è la giustizia in tutto questo?”

La Legge del Karma garantisce che viviamo in un universo giusto. Devo ricordare che chiunque stia facendo del male a me riceverà, di ritorno, in pari misura, ciò che lui o lei stanno facendo – non da me, ma da qualcuno, da qualche parte. Alla fine, lui o lei sperimenteranno inevitabilmente la sofferenza che sto ricevendo ora.

Ma questa conoscenza mi rende più felice? Mi dà soddisfazione? Penso: ”OK, hai fatto così e così, e un giorno riceverai la tua parte!” Se così è, allora è come se stessi augurando alla persona che mi ha ferita la sofferenza che sto provando. Ci rimandiamo avanti e indietro dolore e sofferenza come una pallina da tennis. La sofferenza che sto augurando alla fine atterrerà nel mio campo.

Un’azione migliore è la compassione. Mi permetto di pensare: ”Possano mai sperimentare la sofferenza che sto provando io adesso”. Permettiamoci, come ha fatto Gesù, di perdonarli – poiché non sanno quello che fanno. Questa intenzione blocca il palleggio e il gioco.

Una comprensione approfondita del Karma ci può offrire una prospettiva che Zukav chiama “giustizia non giudicante”. La giustizia non giudicante ti solleva dal compito che ci assumiamo di giudicare ed emettere sentenze, perché sai che tutto viene visto – nulla sfugge alla legge del karma – e ciò genera comprensione e compassione. La giustizia non giudicante è libertà di vedere ciò che vedi e di sperimentare ciò che sperimenti, senza reagire negativamente.

Se non dò dolore né prendo dolore, che persona diventerò? OK, forse non sarò non giudicante, ma diventerò insensibile verso gli altri? Non è importante essere empatici con il dolore di un altro, sperimentarlo come fosse il mio? C’è un detto: ”Condividere la felicità la raddoppia, condividere il dolore lo dimezza”. Ne deriva che se tutti condividessimo il dolore reciprocamente ci sarebbe meno dolore nel mondo? No, siamo onesti. Sentire il dolore di un altro fa sentire me più vivo e coinvolto di quanto non arrechi sollievo al dolore di un altro.

A volte prendo sofferenza da ciò che è accaduto in passato. Lo ricordo, lo rivivo, lo rimpiango, ne provo rimorso. Si potrebbe pensare che questo potrebbe essere un modo per riequilibrare l’energia, ma in realtà, ne consuma di più, perché non sto generando nulla di positivo con la mia energia nel presente.

Qualsiasi cosa io abbia necessità di affrontare dal passato, prima o poi si rivelerà nel presente, perciò non ho bisogno di ritornare continuamente nel passato per ricordarmene. Molte tradizioni religiose parlano delle terribili conseguenze del guardare indietro.

Vi sono modi di guarire molto più positivi. Come una persona malata può cambiare la sua dieta e iniziare un programma di attività fisica, altrettanto posso fare io per sostenere me stessa con pensieri e sentimenti positivi ed impegnarmi in azioni positive e altruistiche. Questo è un modo relativamente indolore per correggere squilibri karmici passati, persino da molto tempo.

A volte prendo sofferenza da cose che non mirano a causarmi sofferenza. Qualcuno inavvertitamente fa qualcosa ed io comincio ad interpretare le azioni della persona e montare un caso contro di lui o lei. Poi, alla fine, giudico/decido il caso ed emetto il verdetto: ”Lui o lei è così o cosà”. Imparare a non prendere sofferenza significa anche imparare come essere meno suscettibili o vulnerabili, come non prendere le cose personalmente.

La permalosità che riflette un temperamento irritabile o fragile, che si offende facilmente, nasce dalla insoddisfazione verso se stessi, da una scarsa autostima. E’ questa suscettibilità che mi convince di essere una vittima, che poi mi porta via la consapevolezza di me, trasforma la mia abilità di rispondere in reattività e mi depotenzia.

Quindi, come si fa a non prendere sofferenza?

Sviluppa un relazione compassionevole con te stesso, un forte senso del tuo proprio valore. Presta attenzione ai messaggi dei tuoi sentimenti, impara dal tuo dolore, accetta la responsabilità del tuo karma. Perdona gli altri e invia loro solamente buoni auspici e vibrazioni positive, Lascia il passato al passato, resta compassionevole, ma non influenzato dal dolore degli altri, evita di prendere le cose personalmente.

In tutte le tradizioni ci sono memorie e visioni di un mondo libero dal dolore. Abbi fiducia che, un giorno, diventerà realtà e che possiamo realizzarlo più rapidamente se la smettiamo di dare e prendere sofferenza. Decidiamo di dare e prendere solamente felicità.

Suggerimenti per alleviare il dolore e smettere di prendere sofferenza.

  • Quando succede qualcosa di doloroso, considera la sofferenza come un messaggero. Osserva le tue reazioni emotive e considerale come qualcosa che hai fatto sentire a qualcuno in passato. Ama il dolore perché ti fa conoscere e perdonare te stesso. Invia alla persona che ti sta facendo male amore, perdono e auspici puri e buoni.
  • Sii positivo nelle tue azioni. Sii colui che impedisce al dolore di aumentare. Realizza l’eccellente ritorno karmico che creerai facendo così.
  • Non soffermarti sul dolore, le affermazioni offensive ecc; controlla i pensieri.
  • Non trattenere interiormente i sentimenti dolorosi. Lasciali uscire in un ambiente sicuro, dove non recheranno danno ad altri. Per esempio, va’ sulla riva del mare e lancia sassi nell’acqua, fa’ una passeggiata in montagna e ulula alla luna. Oppure confida il tuo problema a qualcuno che sai che non verrà influenzato da ciò che gli dirai, non lo dirà agli altri né lo userà contro di te.
  • Osserva i tuoi problemi da una prospettiva più ampia e realistica.
  • Lascia che il passato sia passato.
  • Smuovi l’energia! Metti una musica vivace e canta o balla.
  • Trova qualcuno che ti faccia ridere o sorridere. Trascorri un po’ di tempo con un bambino.
  • Pulisci la stanza o un armadio o la cantina. Apri le finestre e lascia entrare luce e aria fresca.
  • Creati un buon karma. Dona e prendi solamente felicità.

Fonte: http://www.rajayoganewsletter.com/blog/p/come-faccio-a-non-prendere-sofferenza.htm

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