A. H. Almaas: Il Matrimonio mistico.

Terra x Blog + Nero 2015

Il Matrimonio mistico.

Consapevolezza di morire.

Indipendentemente da quello che sto facendo – lavorando, conversando, riposando o passeggiando – sono consapevole della realtà della morte. La morte occupa costantemente un angolo della mia coscienza. Mi sembra di contemplare la morte spontaneamente, senza nessuna iniziativa conscia. Non c’è nessuna agitazione o ansietà, solo curiosità e perplessità. Nascono spontanee le domande: che cos’è la morte, che cosa significa, che cosa si sente?

Mi sento sicuro che un giorno ci sarà la morte, almeno per una qualche parte di me. Sento come se tentassi di afferrare col mio cuore e la mia anima che cosa sarà la morte, ma senza successo. Sento che la morte mi sta fissando in faccia, tuttavia, l’intera questione della morte sembra inconoscibile e misteriosa. Continuo a chiedermi: è una perdita di sensazioni, una perdita di confini, una perdita di capacità mentali, perché non ci sarà più un cervello?

In generale mi sento in pace e contento. La mia vita è piena e completa. Ma sembra che questa completezza e soddisfazione siano la ragione per cui la mia coscienza sta spontaneamente contemplando la questione della morte. Non è un preoccupazione morbosa, ma un desiderio genuino di fronteggiare qualcosa di significativo in un modo che non ho mai osato. Voglio conoscere la morte, perché la sento così vicina. Voglio sentirla, gustarla, toccarla, esserci in intimità. La mia anima è una domanda bruciante sulla morte.

Ho preso l’abitudine di passare un po’ di tempo da solo, la notte, stando quieto con me stesso, senza fare nulla di particolare, lasciando che l’esperienza si manifesti e godendo la contemplazione di qualunque cosa l’Essere presenti. La contemplazione della morte è quasi una sensazione palpabile. La contemplazione della morte mi appare ora come il dissolversi dei veli. Mi rendo conto che in questi giorni di contemplazione della morte sono passato attraverso questi veli e li ho dissolti.

Ogni domanda, ogni realizzazione, ogni sensazione, ogni intuizione muove la coscienza attraverso un altro velo. Ho continuato a contemplare la morte attraverso i veli delle mie idee e mentre la mia coscienza affonda più profondamente nella contemplazione, strappa veli ulteriori, permettendo una penetrazione più profonda nel mistero. Ora questa penetrazione rivela una nerezza che penetra attraverso tutte le apparenze fisiche.

Sto guardando la morte dritto in faccia. Vedo morte dappertutto, tutt’attorno a me, che penetra ogni cosa. A questo punto la mia coscienza è riempita da parecchie intuizioni che creano una comprensione complessiva e favoriscono una continua contemplazione. Dapprima sono consapevole di un riconoscimento diretto e spontaneo della mia mortalità come essere umano. Per me, come mi vivo come essere umano, la morte è certa. L’oscurità della morte viene percepita come più spessa e molto più profonda di questa oscurità della notte, ma le due sono diventate una e io sono avviluppato da una nerezza che continua ad approfondirsi.

Solitudine e Presenza.

E’ questo che è la morte: solitudine totale. Di fatto non è che il riconoscimento della mia già esistente solitudine fondamentale, la solitudine dell’Essere. Sono solo, nella morte. La mia esperienza della mia esistenza è tutto quello che c’è e questa esistenza è la presenza della morte stessa. La consapevolezza ora è che il volto della morte è solitudine, una pura solitudine colma di pace.

Comincio a sentire una squisita intimità, come se gli atomi della mia coscienza fossero diventati la sua essenza. La morte sembra coincidere sia con l’intimità che con la solitudine. La misteriosa nerezza della morte mette insieme solitudine e intimità, unendole in una sola qualità. Nel cuore c’è un’intimità dolce e delicata mentre contemplo la morte e vedo la presenza della nerezza.

Contemplando l’intimità e la dolcezza che mi pervadono il petto mi rendo conto che il mio corpo ha perso i suoi consueti confini, ora è tutta l’esistenza. Sono la stanza, ogni cosa nella stanza, e ogni cosa al di là della stanza, tutto come una sola presenza. Il senso di quello che sono è una presenza immensa, adamantina, cristallina, una totalità indivisibile. Questa totalità che vivo come il mio corpo è tutto l’universo. E, curiosamente, nella posizione del mio petto fisico, questa unità di esistenza è una dolce intimità. La contemplazione della morte mi ha condotto alla misteriosa nerezza che soggiace a tutta l’esistenza e questo mi ha reso possibile fare esperienza dell’unità dell’essere come il mio corpo.

Ora il mio senso di identità è con qualcosa che nessuno può supportare. L’essere è il suo stesso supporto e più riconosco che è il mio vero sé e identità, più i sostegni del mio vecchio sé se ne vanno. Si manifesta vulnerabilità, assieme a un senso che non ci sia nessun terreno su cui stare. Questo diventa rapidamente una perdita del senso di sé, un sentirsi perso, non radicato, non centrato.

Mi rendo conto che i problemi relativi al sostegno sembrano importanti solo quando penso che sarò ancora qui per un po’ di tempo. La contemplazione della morte espone il familiare senso del sé e dissolve i suoi sostegni abituali. Questa contemplazione comincia anche a mettere in evidenza la consapevolezza dei miei attaccamenti sensuali: al contatto fisico e sessuale, al cibo, al divertimento e alla comodità. Mi sento incapace di rompere questi attaccamenti. Talvolta sento che non voglio romperli, perché amo ancora queste cose. Mi sembra che dietro questi attaccamenti ci sia qualcosa che ancora non comprendo, qualcosa di reale.

La contemplazione della morte mi porta alla mente molte recenti perdite di sostegno, il senso di essere perso, di non avere un’identità o un centro. Mi ricordo come ancora non sono disponibile a lasciar andare alcune delle cose che amo nella mia vita. Inaspettatamente la mia coscienza si immerge nel silenzio dell’assoluto. Ora c’è profondità e intimità, mistero e radiosità. Come questo misterioso silenzio, vedo che tutti i fenomeni sono un apparenza scintillante che sorge dalle mie profondità misteriose. Questa apparenza è luminosamente bella, penetrata dal nero mistero. Sono solo il testimone di tutta l’apparenza che si srotola di fronte a me, incluso il movimento della macchina e le braccia che tengono il volante. E’ un mondo incantato.

Rimanendo con questa comprensione e cercando di non cambiarla, mi rendo conto, con mia sorpresa, che semplicemente amo l’assoluto. Non sono interessato in nessuna delle squisite qualità e manifestazioni dell’Essere. Amo solo l’assoluto, la notte luminosa. Vedendo questo, divento consapevole del manifestarsi di un amore gentile e dolce che addolcisce questa parte dell’anima. L’anima diventa un’anima dolce e soffice. Mi rendo conto di stare sperimentando l’amore dell’anima per la sua sorgente, natura e casa. In quanto anima, talvolta confondo questo amore per un desiderio degli oggetti sensuali del mondo. Ora non sono nessuna delle manifestazioni squisite dell’Essere, non sono il mistero dell’assoluto, sono un essere individuale, un’anima che ama l’assoluto. Mi vivo come un’anima, reale nel regno delle anime, ma concettuale a un livello più profondo di verità. Tutto appare luminoso e radioso, sorgendo dal silenzio. Sono radiosità strutturata della sua stessa natura. Il silenzio ci circonda; le conversazioni sono suoni strutturati che nascono da dentro di esso. La mia mente è vuota e quieta, anche se continuo a parlare.

L’Anima per l’Assoluto. 

L’assoluto è molto più grande dell’anima, infinito; e l’anima è una formazione delicata che emana da esso, una sua estensione. L’anima è quasi come un’immagine sulla sua superficie. Sono sia l’anima individuale che l’assoluto infinito, paradossalmente compresi come uno. L’esperienza è sottile e intima e in questa intimità c’è un amore delicato. E’ un’esperienza completamente interiore, tra me e la mia sorgente, come un matrimonio intimo.

Comincio a sentire chiaramente che quello che voglio è vivere nell’assoluto. Non voglio che il resto della mia vita sia solo un’esplorazione del suo regno. Essere a casa significa essere inseparabili dall’assoluto, non solo dentro di esso. Vedo che ora la mia funzione è di essere una bocca per l’assoluto. Sono un’espressione dell’assoluto, un’espressione che rivela la sua verità, la sua maestà, che parla da questo mistero. Comincio a capire che tutta la conoscenza che ho incontrato sull’anima e il suo sviluppo è secondaria rispetto a vivere nell’assoluto.

La scoperta dell’assoluto ha accelerato lo sviluppo dell’anima e sono state rivelate molte cose. Prima l’Essere aveva manifestato molti dei suoi aspetti e dimensioni, rivelando una sorprendente vastità di conoscenza precisa, attraverso squisite esperienze dell’anima. La porta della conoscenza dell’Essere è aperta per me ormai da molti anni. Tutto quello che devo fare è esser interessato e focalizzare la mia attenzione di indagine su un’area particolare e si manifesta la conoscenza esperienziale.

Mi rendo conto che tutte queste esperienze e conoscenza sono un’esplorazione del regno, la manifestazione dei tesori latenti nel mistero assoluto. Vedo ora che questa esplorazione è identica allo sviluppo dell’anima, portando alla sua realizzazione dell’assoluto e alla sua maturazione finale. E’ chiaro che questo sviluppo dell’anima non è solo per il suo sviluppo e la sua realizzazione: è perché possa servire l’assoluto, esprimendolo, incarnandolo nel mondo. L’anima maturata è il veicolo attraverso cui l’assoluto vive e agisce nel mondo. Come potrebbe altrimenti l’assoluto camminare e parlare?

Poiché come individuo umano ho ancora del tempo da vivere, voglio vivere purificandomi e sviluppandomi per poter diventare capace e degno di servire l’assoluto, di essere un suo strumento efficace. La conoscenza guadagnata è per potere guidare altri allo stesso scopo. In altre parole non vivo per me stesso, ma per il mistero assoluto. L’assoluto è il sé che vive la vita personale dell’anima.

Tratto da: “Luminous Night’s Journey”, di A.H. Almaas.

Fonte del Post: http://laclassedelrisveglio.blogspot.it/2016/06/il-matrimonio-mistico-ah-almaas.html

WooshDe7Torna Su