Il potere della consapevolezza.

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Il potere della consapevolezza.

Non c’è forse nulla di più potente della consapevolezza come elemento chiave nella crescita umana e nel nutrimento della vita spirituale. Senza di essa, la crescita è sostanzialmente meccanica, biologica o istintiva. Con essa, si svelano nuove opportunità. Emerge la possibilità di trascendenza cosciente e allora si può salire a nuovi livelli di coscienza non ancora esplorati.

La vita umana ha due preoccupazioni fondamentali: la prima è porre fine al dolore e alla sofferenza, la seconda è perseguire il proprio più elevato potenziale.

La cessazione del dolore e della sofferenza copre forse più del 90% delle preoccupazioni dell’individuo medio. Lavoriamo e ci guadagniamo da vivere per evitare povertà, privazione economica o disagio fisico. Siamo indotti, consciamente o inconsciamente, a proteggere noi stessi dal danno, dalla sconfitta, dal fallimento, dal rifiuto, dall’umiliazione, dalla critica, dallo stress, dall’angoscia, dalla paura e da un centinaio di altre forme di vessazione. Il Buddhismo, una delle principali religioni del mondo, è radicato nella questione fondamentale di risolvere il problema della sofferenza umana.

Quando si è raggiunto un certo grado di stabile bilanciamento fra le pressioni del vivere e la presenza di equilibrio interiore, una persona comincia istintivamente a perseguire i propri più elevati potenziali – ciò che Abraham Maslow chiamava l’impulso verso l’Auto-Realizzazione e, infine, verso l’Auto-Trascendenza.

Il ruolo della consapevolezza è vitale nell’affrontare l’affanno, il dolore o la sofferenza: si possono applicare palliativi per alleviare l’angoscia – il che di solito significa trattare solo i sintomi – oppure si può andare alle radici del problema e risolverlo definitivamente. La consapevolezza gioca una funzione essenziale nel trattare con le cause profonde dell’angoscia, poiché quest’ultima è una reazione o uno stato psicologico che può essere risolto solo attraverso la trasformazione della coscienza, piuttosto che con un mutamento nelle circostanze esteriori.

È importante conoscere la differenza fra essere consapevoli di qualcosa e sapere qualcosa. Posso sapere di avere paura, ma potrei non essere consapevole di averla. Sapere che ho paura dei serpenti fa sì che io fugga via dai serpenti. Essere consapevole della mia paura mi rende cosciente, per esempio, della mia tensione muscolare, della durezza del respiro, dell’indebolirsi delle gambe, delle “farfalle nello stomaco”. La consapevolezza di questi stati è una chiave per la dispersione di tali sintomi della paura e conduce ad uno stato di rilassamento ed equilibrio. Il semplice sapere non porta a tale stato di calma.

Diversamente da opinioni e conoscenze, la consapevolezza è non-giudicatrice e non-analitica. Non approva né disapprova, non accetta né rifiuta. È semplicemente consapevole. Ma questo stato di coscienza disimpegnato ha un tale potere da essere il più importante elemento nella trasformazione umana.

Esaminiamo ora un esempio specifico di come la presenza della consapevolezza possa portare a una trasformazione fondamentale nella vita di un individuo, non solo nell’alleviare l’angoscia, ma anche nel perseguire il trascendente o vita spirituale. Vedremo che essa gioca un ruolo centrale in tutti i livelli umani di coscienza: fisica, eterica, emozionale, mentale inferiore, mentale superiore e spirituale.

Il dolore e il disagio fisico portano alla sofferenza psicologica e all’infelicità. Tale dolore può essere alleviato o rimosso con mezzi di carattere medico (ad es. droghe), che è cosa temporanea e può portare a effetti collaterali. Ma la soluzione definitiva all’angoscia causata dal dolore fisico è la consapevolezza. Nella consapevolezza, noi non rimuoviamo né evitiamo il dolore. Quando è inevitabile, siamo in grado di passarci attraverso senza sentirci disgraziati. Provate a infliggere a voi stessi una dose controllata di dolore (come pizzicarvi all’interno dell’avambraccio superiore), prima rapidamente, e poi una seconda volta, con consapevolezza, percependo il graduale intensificarsi della sensazione di dolore con piena coscienza. Noterete che, mentre il corpo prova la sensazione di dolore e la coscienza lo percepisce, all’interno di questa coscienza non c’è sofferenza né miseria. Quando non c’è consapevolezza, la coscienza (o senso del sé) automaticamente si identifica con il dolore fisico e l’individuo dice o sente “Io sono nel dolore” (non solo il corpo è nel dolore, ma anche l’ “Io”). Molti possono ricordare l’autoimmolazione di un monaco buddhista prima della guerra del Vietnam; questi conservò l’equilibrio nella posizione del loto mentre il suo corpo stava bruciando. Non si mosse né emise un suono. Ciò è possibile in uno stato di consapevolezza.

Lo stress è il risultato di una complessa combinazione di pressione psicologica e tensione fisiologica, che sfocia in logoramento, angoscia, infelicità. Quando non c’è consapevolezza, lo stress si accumula e diventa cronico, portando a disordini più gravi, sia psicologici sia fisici.

Quando la consapevolezza è introdotta nella vita quotidiana, accade qualcosa di importante. La tensione o l’angoscia non divengono croniche, anzi si placano. Nei Seminari di Auto-Trasformazione, ai partecipanti si insegna come esaminare il corpo per individuare tali tensioni e disagi. Con la consapevolezza e la respirazione profonda, le parti più rigide del corpo si ammorbidiscono, l’energia rappresa fluisce naturalmente e la persona raggiunge uno stato di rilassamento. La capacità di essere consapevoli in ogni istante è un potente antidoto allo stress e al logoramento psicologico.

La sofferenza emotiva del dolore e dell’infelicità è causata, per esempio, da paura, depressione, risentimento, rabbia, male fisico, dispiacere, avversione o senso di colpa. Il fattore che li rende portatori di sofferenza è lo stress psicofisico associato a questi sentimenti. Senza di essi, non c’è infelicità né disgrazia. Tali reazioni stressanti a certe situazioni (ad es. parlare in pubblico) o cose (ad es. serpenti) si dissolve con la consapevolezza di questi stati.

La consapevolezza è una soluzione estremamente potente al problema dell’infelicità umana, fondamentalmente causata da tali reazioni a comando che diventano automatiche e subconscie. Questi modelli di reazione sono stati costruiti o creati in anni di condizionamenti e traumi. Sono essenzialmente energia psichica rappresa cui non è permesso di fluire naturalmente durante l’esperienza e che è divenuta un modello per reazioni future a situazioni simili. La consapevolezza consente a questa energia imbottigliata di essere liberata e così si ritorna al normale stato non condizionato.

Il controllo della mente è la chiave. Dall’infanzia al momento attuale, le nostre menti sono state condizionate a pensare in accordo a certi modelli, che potremmo trovarci non in grado di controllare. Per esempio, quando ci concentriamo su un certo compito, la mente potrebbe continuare a vagare altrove. Oppure, alla sera, potremmo non riuscire a prendere sonno a causa di pensieri molesti che continuano a insinuarsi nella nostra coscienza.

La nostra mente, in sostanza, determina il nostro destino. Siamo ciò che pensiamo. Le nostre azioni sono dettate dai pensieri più dominanti nella nostra mente. Quando questi sono abitualmente legati a desideri e stati del corpo, allora siamo virtualmente imprigionati nello schema condizionato dei nostri pensieri e delle nostre abitudini, a meno che non diveniamo consapevoli della situazione e deliberatamente apportiamo cambiamenti dentro noi stessi.

La tecnica di base per riportare il controllo sulla mente costituisce la parte di addomesticamento della pratica meditativa, nella quale si riconoscono due fasi. La prima fase è l’addomesticamento, la seconda è la consapevolezza. Questo perché la mente ha una natura duale: la parte grossolana che produce immagini o parole (chiamata rupa-manas o mente delle forme) e la parte sottile che produce idee senza forma (chiamata arupa-manas o mente delle non-forme), incluse idee astratte, concetti o intenzioni. Bisogna dominare la prima fase, prima che la seconda possa essere conquistata.

La fase di addomesticamento comporta la consapevolezza delle attività della mente, ma al tempo stesso ricorre a tecniche che instillano nella mente grossolana un nuovo modo di pensare che è responsivo alla volontà interiore. Mentre prima i pensieri possono saltare selvaggiamente come una scimmia, alla fine saranno messi in riga attraverso la pratica meditativa. Le pratiche meditative comuni possono prevedere il ricorso a mantra o al contare, per facilitare la concentrazione della mente.

La consapevolezza delle idee e delle intenzioni può essere comparata a una commedia teatrale, dove vediamo gli attori e le attrici recitare sulla scena ma non vediamo i registi, gli sceneggiatori, i coreografi e altra gente che istruisce gli attori su cosa dire e fare. Eppure questi sono in un certo senso più importanti e influenti, nel determinare l’esito della recita, di quanto lo siano attori e attrici. Nelle nostre menti abbiamo l’equivalente di invisibili registi e istruttori. Dietro i nostri pensieri grossolani ci sono pensieri sottili, pregiudizi, idee, intenzioni e altri che non hanno forma o dimensione. Eppure ci sono, potenti e influenti. Il solo modo di farsi carico di essi è attraverso la consapevolezza, che vede la natura transitoria delle cose nel mondo e dimora sempre più nell’illimitato e nell’informale. Questo è il tipo di meditazione che fu insegnato da H.P. Blavatsky, come delineato nel suo Diagramma di meditazione.

Razionalità e impersonalità sono obbiettivi. È dopo aver conseguito la padronanza che possiamo veramente diventare razionali e impersonali attraverso la consapevolezza delle influenze subconsce o subliminali che tendono a distorcere la nostra percezione e il nostro giudizio. Siamo allora nella condizione di vedere la loro indebita influenza sui nostri punti di vista e sulle nostre decisioni. Una volta raggiunto questo livello si comincia ad entrare nel portale della sapienza, dove vediamo le cose per come sono, non distorte dai desideri, dalle emozioni o dai pregiudizi.

In questi livelli eterei di coscienza la consapevolezza spalanca una nuova dimensione nella vita umana. È la vita spirituale o mistica. Il suo emergere non è come un improvviso, sfolgorante aprirsi dei cieli, ma come il delicato insinuarsi della morbida luce dell’alba. Questa luce della coscienza spirituale splende sulla mente e la influenza, cosicché la mente ora diviene più responsiva all’intuizione. Blavatsky la chiama manas taijasi, o Mente Radiosa. La vita e il mondo ora sono visti in maniera molto differente. Nella spiritualità indù o buddhista, questa facoltà intuitiva è praijna. La consapevolezza ha reso possibile l’acquietarsi della mente terrena; essa è necessaria a sostenere il legame con il trascendente e per approfondire l’auto-realizzazione. Gli Yoga Sutra di Patanjali parlano di sette stadi di questa sapienza trascendente.

La sapienza dell’Ego è raggiungibile. Il bastione ultimo che impedisce alla coscienza di realizzare pienamente la realtà spirituale è l’ego – il centro del sé che è stato necessario nella crescita evolutiva dell’essere umano. Verrà il momento in cui questo centro dovrà andarsene da solo. La consapevolezza meditativa comprende proprio la visione della natura del meditatore stesso. Il sapiente Ramana Maharshi raccomandava un approccio meditativo, chiamato vichara, che mantiene attiva la domanda “Chi sono io?”

La presenza della consapevolezza è cruciale nelle fasi centrali della crescita umana. Nella vita spirituale è l’inizio e la fine. Krishnamurti la chiama La prima e l’ultima libertà. È la chiave per la padronanza sulla nostra natura personale (o “inferiore”), oltre che sulla nostra mente. Qualunque approccio meditativo adottiamo, è essenziale che la consapevolezza sia presente. Quando una tecnica è meccanica e perdiamo consapevolezza, come in una trance, allora dobbiamo stare attenti. La consapevolezza è infatti la migliore garanzia che stiamo adottando il giusto approccio meditativo.

Vicente Hao Chin, Jr

Vicente Hao Chin, Jr è stato uno dei relatori principali al convegno annuale della Società Teosofica neozelandese svoltosi tra l’8 e il 12 gennaio 2015 a Napier, dove ha tenuto anche il suo splendido seminario sull’autotrasformazione. Vicente Hao Chin, Jr., è uno dei teosofi più illustri del mondo. Past President della Società Teosofica nelle Filippine e fondatore e presidente della “Golden Link School”. E’ autore di “Why Meditate?” e di “The Process of Self-Transformation: Padronanza del Sé e risveglio delle nostre potenzialità più elevate”. Egli ha anche compilato, modificato e pubblicato l’edizione cronologica di “The Mahatma Letters to A. P. Sinnett” ed è redattore di “Theosophical Digest”, pubblicato nelle Filippine, e  editore associato di “Theosopedia: The Internet Theosophical Encyclopedia”.

Articolo tratto da: “TheoSophia”, organo ufficiale della Società Teosofica in Nuova Zelanda, settembre 2014, vol. 75, n. 3 – Traduzione di Loris Bagnara.

Fonte del Post: http://www.astronavepegasus.it/pegasus/index.php/it/spiritualita-e-riflessione/1008-il-potere-della-consapevolezza#.VmaZ-LjNzGh

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