Jack Kornfield: Cosa è la Consapevolezza.

Cos’è la Consapevolezza.

La capacità di essere mentalmente presenti e di osservare l’esperienza che si fa, senza lasciarsene intrappolare, è una cosa importante e, allo stesso tempo, liberatoria.

« La consapevolezza ci aiuta in tutto », ha insegnato il Buddha. Come vedremo, il potere di trasformazione della consapevolezza è il fondamento di tutta la psicologia buddhista. A coloro che ricercano la comprensione di se stessi, il Buddha insegna a « osservare la mente con la mente ». Lo strumento centrale per investigare la coscienza è la nostra stessa osservazione. Con la consapevolezza possiamo dirigere l’attenzione a notare ciò che accade dentro di noi e possiamo studiare il modo di operare della nostra mente e della nostra esperienza.

Con il termine usuale di « mente » ci riferiamo in genere alla « mente pensante », quell’inarrestabile fontana da cui sgorga spontaneamente il flusso di idee, immagini, creazioni, valutazioni, soluzioni di problemi che ci scorre attraverso la mente. Osservando più da vicino, però, scopriamo che la mente non consiste solo nei suoi pensieri, non è solo il flusso sempre mutevole di idee e immagini, ma include anche un vasto ventaglio di stati mentali o di qualità che si trovano intorno o al di sotto dei processi di pensiero: sensazioni, stati d’animo, intuizioni, istinti. Ancor più importante, sebbene di solito trascurata, è la nuda e cruda presenza mentale cosciente: questa capacità basilare di essere coscienti è l’essenza della mente.

Fin dal tempo di Isaac Newton, i fisici hanno studiato l’azione misteriosa della forza di gravità e ne hanno descritto le leggi e le caratteristiche. La consapevolezza, come la gravità, è una parte centrale dell’esistenza; può essere descritta, se ne possono conoscere le leggi, se ne possono studiare il potere, il campo d’azione e la funzione.

Purtroppo però, la psicologia occidentale ha quasi completamente trascurato lo studio della consapevolezza. Forse è successo perché la tradizione occidentale ha dato tanta enfasi alla patologia, oppure perché non ci sono modi facili per misurare la consapevolezza da fuori.

Nei suoi ultimi anni di vita, il premio Nobel Francis Crick, co-scopritore della doppia elica del DNA, ha volto la propria attenzione alla questione essenziale della consapevolezza, dichiarandosi convinto che questa sia essenziale per comprendere la vita biologica, quanto lo è la gravità per la fisica. Crick ha deplorato il modo in cui la comunità scientifica aveva fatto finta di non vedere quell’elefante piantato lì in mezzo: « Per molti anni la consapevolezza è stata un tabù nella psicologia americana; (…) perfino di recente è stata ignorata perché troppo elusiva da studiare ».

La scienza materialistica occidentale descrive la coscienza e i suoi contenuti come un prodotto generato dal cervello. In effetti, gli scienziati riescono a mostrare che stimoli o danni a diverse zone del cervello modificano direttamente lo stato d’animo della nostra esperienza conscia o il suo contenuto. Questi esperimenti, però, ci danno solo un’immagine parziale: e la consapevolezza, la presenza mentale in sé e per sé? Non è che un « prodotto » evoluzionistico dei neuroni cerebrali? O il nostro sistema nervoso somiglia molto a un televisore o a un lettore di DVD, ossia riceve e registra gli avvenimenti, ma non è la reale fonte della consapevolezza?

La psicologia buddhista afferma che la consapevolezza è la condizione necessaria alla vita e che il corpo fisico interagisce con la coscienza, ma non ne è la fonte.

Se state seduti tranquilli e cercate di volgere l’attenzione alla vostra consapevolezza, vi risulta difficile individuarla o descriverla: sentirete che la presenza mentale c’è, ma non le troverete un colore o una collocazione. All’inizio può sembrare frustrante e difficile da afferrare. La qualità stessa della coscienza, così trasparente e mobile ma viva, è la sua natura, un po’ come l’aria che ci sta intorno.

Se vi rilassate e vi consentite di fare quell’esperienza di conoscenza indefinibile, scoprirete quello che gli scrittori buddhisti chiamano « il cielo limpido e aperto della presenza mentale ». È vuoto, come lo spazio, ma a differenza dello spazio è senziente e « conosce » l’esperienza. Nel suo stato più autentico, la coscienza non è che questo puro e semplice « conoscere » — una conoscenza limpida, aperta, vigile, priva di colore e di forma, che contiene in sé tutte le cose, ma non ne è limitata.

Questa qualità aperta della coscienza viene descritta come incondizionata; come nel cielo, vi possono comparire nuvole e fenomeni meteorologici di ogni genere, senza che abbiano effetto sul cielo stesso. Le tempeste possono apparire e scomparire, ma il cielo rimane aperto, sconfinato, non toccato da tutto ciò che vi sorge. La coscienza non è influenzata dall’esperienza, proprio come il cielo non lo è dalle nuvole o dalle tempeste.

La coscienza è paragonata anche a uno specchio. Uno specchio riflette tutte le cose, eppure rimane limpido e lucido, non modificato dalle immagini, quali che siano, che vi possano comparire.

Una breve meditazione può aiutarvi a capirlo: dopo aver letto le prossime tre frasi, alzate lo sguardo dal libro; state seduti tranquilli e cercate di smettere di essere consapevoli. Non siate consci di suoni, immagini, sensazioni, né pensieri di sorta. Provateci. Scoprirete immediatamente che non ci riuscite: immagini, suoni, sensazioni e pensieri continuano ad accedere alla vostra coscienza. Sentite come vi sia impossibile arrestare questa consapevolezza conscia; notate come la vostra coscienza accolga l’intero ventaglio delle esperienze, senza chiudersi a una, in favore di un’altra.

È questa la natura di specchio che ha la coscienza: una natura in grado di riflettere ciò che ha davanti, luminosa, limpida, pacifica.

Tratto da: “Il Cuore Saggio”, di Jack Kornfield

Fonte: http://zeninthecity.org/letture/autori-vari/jack-kornfield-cose-la-consapevolezza/

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