Jiddu Krishnamurti: L’amore non è pensiero.

Terra x Blog + Nero 2015

L’amore non è pensiero.

La valle si stende da est a ovest; l’estremità a est si incunea in una gola stretta, con una montagna di quasi duemila metri che la sovrasta, su cui la mattina spunta il sole gettando ombre lunghe e profonde e dove regna un silenzio senza fine. C’è una vecchia quercia – ha qualche centinaio di anni – che saluta il sole del mattino, dorata e immobile. La foglia più alta non respira nemmeno, nella sua immobilità. La tortora inizia a tubare col suo lungo, dolce, caratteristico verso, e il compagno le risponde. Il giorno ha avuto inizio. L’aquila dai grandi artigli aveva cessato il suo grido non appena l’alba di quella giornata di primavera aveva incominciato a illuminare i contorni della montagna rocciosa e i profili allungati delle colline boscose. Prima che il sole si alzasse in cielo sembrava che la terra fosse coperta da un profondo silenzio. E come era bella la terra, senza tempo nella sua vastità. È la nostra terra, nostra e di nessun altro: non di un gruppo, di una comunità, di una nazione. È nostra; appartiene a ognuno di noi.

La strada è ben costruita, levigata, ampia, senza troppe curve impervie, nel tratto in salita, e attraversa chilometri e chilometri di aranceti ben tenuti e di boschetti di avocado a perdita d’occhio lungo i burroni scoscesi e i fianchi della collina, tutti bisognosi di acqua e di cure. La valle è piena del profumo degli aranci e degli avocado in boccio. La strada passa per il punto più alto, forse a 1500 metri, e poi scende lentamente verso il deserto. Nel punto più alto l’automobile si fermò. A sud, le alte e grandi colline erano coperte di alberi e di cespugli, di fiori vermigli e gialli; a nord non c’era neanche un albero; il paesaggio era nudo, roccioso, libero fino all’orizzonte, assolutamente intatto, ogni sasso come deve essere stato per migliaia di anni. Spazio immenso e silenzio infinito.

La solitudine è una cosa, essere soli è un’altra. La solitudine può essere isolamento, fuga, una cosa non voluta; ma essere soli, senza il fardello della vita, con quella libertà suprema dove il tempo-pensiero non è mai esistito significa essere con l’universo. Nella solitudine c’è malinconia disperata, la sensazione di essere abbandonati, perduti, desiderosi di un qualche tipo di rapporto, come una barca dispersa in mare. Tutta la nostra attività quotidiana porta a questo isolamento, dove i conflitti e l’infelicità sono senza fine, e rare sono le gioie. Questo isolamento è corruzione, che si manifesta in politica, negli affari, e, naturalmente, nelle religioni istituzionalizzate. La corruzione abita in alto loco e sulla porta delle nostre case. Essere legati a qualcosa è corruzione; qualsiasi forma di attaccamento porta alla corruzione, che si tratti dell’attaccamento a un’opinione, a una fede, a un ideale, a un’esperienza o a una qualsiasi deduzione. La corruzione psicologica è l’elemento che accomuna tutti gli esseri umani. Il denaro, la posizione sociale, il potere sono le reazioni superficiali della corruzione interna del crescente piacere del desiderio, l’immagine che il pensiero costruisce intorno al movimento del desiderio. La corruzione è frammentazione.

In quel vasto spazio tra il cielo azzurro e terso e la bellezza della terra, la coscienza aveva cessato di esistere. Tutti i sensi erano completamente desti e sensibili all’aria non inquinata, al profumo del deserto e dei fiori in lontananza, al movimento della lucertola sul sasso caldo e al silenzio assoluto. Non era soltanto il silenzio dell’altitudine, quello strano silenzio di quando il sole è appena tramontato, o quello che sembra scendere sulla terra alle prime luci dell’alba, lontano dal frastuono delle città e dei paesi chiassosi, ma anche quel profondo silenzio mai sfiorato dal rumore del pensiero. È il silenzio che non ha misura, così puro e terso che va ben al di là del fluire della coscienza. Il tempo si era letteralmente fermato.

Quel silenzio mi accompagnava mentre l’automobile percorreva la strada in discesa fra orti e siepi. Poi iniziò la civiltà, la volgarità incredibile, la fretta brutale e la sfrontatezza degli esseri umani, dove ognuno affermava la propria presenza, e il ricco faceva mostra del proprio potere e della propria volontà. Anche quell’ottimo motore d’un tratto sembrava diventato silenzioso, il che naturalmente è una sciocchezza. I giornali del mattino, nei loro editoriali, parlavano di quello che sarebbe stato l’effetto se e quando una bomba atomica fosse esplosa su una grande città: milioni di persone dissolte nel nulla, la società scomparsa, ovunque un caos primordiale. E così via, orrori su orrori. E l’umanità ripone la propria fiducia nei politici e nei governi.

Qualsiasi specialista – il chirurgo, l’arcivescovo, lo chef o l’idraulico – usa soltanto una parte del cervello, riducendo in questo modo la propria attività totale. Il politico e il guru usano solo una piccola parte della capacità e dell’energia straordinarie del cervello. Questa attività limitata, parziale, sta creando il disastro nel mondo. Questa piccola area del cervello è attiva in tutte le religioni quando esse ripetono i loro rituali, le loro parole senza senso, i loro gesti che contano due o tremila anni di tradizione, a seconda di come sono stati programmati. Alcune lo fanno con eleganza, con bei paramenti, altre con crudeltà. Lo stesso accade nei circoli governativi, la corruzione del potere.

Quella piccola area del cervello può accumulare grandi conoscenze, ma proprio quelle conoscenze non fanno che rafforzare ancor più soltanto una parte del cervello. L’ascesa dell’uomo non potrà mai avvenire attraverso il sapere, perché il sapere non è mai completo; è sempre all’ombra dell’ignoranza. La macchina superintelligente – il computer in rapida evoluzione, programmato dagli esperti – supererà e sconvolgerà il pensiero dell’uomo e le sue lente capacità; imparerà più rapidamente, correggerà i propri stessi errori, risolverà i propri stessi problemi.

L’essere umano non ha risolto nessuno dei suoi problemi psicologici, le questioni che sono diventate così complesse. Sembra che fin dai tempi più antichi della sua storia egli ne abbia portato il peso. Noi ce li stiamo ancora portando dietro: problemi di governo, di religione, di rapporto, di violenza, di guerre; e poi il problema dell’inquinamento della terra. Ma rimarranno tutti insolubili fintanto che ci funzionerà solo una parte del cervello, fintanto che saremo programmati per essere americani, inglesi, francesi e così via, fintanto che saremo cattolici, induisti, musulmani. Sembra che siamo completamente ignari di quanto sia condizionata e programmata questa piccola area del cervello. Ciò conferisce a questa programmazione un senso di sicurezza illusorio, una struttura verbale contro i barbari. Ma l’unico barbaro è l’uomo; lui solo è la causa di tutta la corruzione e di tutti gli orrori del mondo. È lui il solo e unico responsabile di quanto gli sta accadendo intorno.

Questa piccola area del cervello è la nostra coscienza; è la sede del tempo, della misura, dello spazio e del pensiero. Il tempo è evoluzione sia biologica che psicologica; è il sole che sorge e tramonta; è il senso del divenire. La misura è quel che è e quel che dovrebbe essere, l’ideale da raggiungere, il violento che diventa pacifico, realizzando il costante, il continuo divenire; è il confronto, l’imitazione, la dipendenza; il meglio e il di più. Lo spazio è la vasta distesa della terra, i cieli, l’area angusta di cui disponiamo nelle grandi città, e quella – se ve ne è – nella coscienza. Il pensiero è il padrone. Il pensiero è il fattore predominante nella vita umana.

Non esiste pensiero orientale o pensiero occidentale; esiste solo il pensiero che può esprimersi in molti modi diversi, ma che è sempre il flusso del pensiero. Il pensiero è comune a tutta l’umanità, dall’essere più primitivo al più colto. È il pensiero che ha mandato gli uomini sulla luna; il pensiero che ha costruito la bomba atomica; il pensiero che ha edificato i templi, le grandi cattedrali che racchiudono tutto quanto è definito sacro, i rituali elaborati, i dogmi, le credenze, la fede e così via. È il pensiero che ha costruito il computer e il programma che lo fa funzionare. È il pensiero che ha aiutato l’umanità in infiniti modi diversi, ma che ha anche alimentato le guerre e tutti gli strumenti di morte. È il pensiero che ha progettato gli ideali, la violenza immane, le torture, che ha diviso l’umanità in nazioni, in classi, in religioni innumerevoli, che ha diviso l’uomo, mettendolo contro se stesso e contro il suo simile. L’amore non è il pensiero con i suoi ricordi e le sue immagini.

Il pensiero sostiene e nutre la coscienza. Il contenuto della coscienza è il movimento infinito del pensiero, i desideri, i conflitti, le paure, la rincorsa ai piaceri, il dolore, la solitudine, la tristezza. L’amore, la compassione con la sua intelligenza incorruttibile, è oltre questa coscienza limitata. L’amore non può essere distinto in superiore o inferiore, perché l’alto e il basso sono ancora coscienza, che è sempre rumorosa, sempre chiacchierona. La coscienza è tutto il tempo, tutta la misura, tutto lo spazio, perché nasce dal pensiero. Il pensiero non può mai e per nessuna ragione essere intero; può speculare su ciò che è intero e indulgere a parlarne e a farne esperienza, ma il pensiero non potrà mai percepirne la bellezza e l’immensità.

Il pensiero infatti è il figlio sterile dell’esperienza e del sapere, e non potrà mai essere completo, intero. Per questo sarà sempre limitato, frammentato. Il pensiero cerca invano di risolvere i problemi che ha creato all’uomo, e così facendo li perpetua a non finire. Soltanto quando il pensiero si renderà conto della propria totale incapacità psicologica a risolvere i problemi e i conflitti da lui stesso creati, la percezione e l’intuizione profonda potranno mettervi fine.

L’amore non è pensiero – Gstaad, Svizzera, 3 agosto 1981
Dal Bulletin 56, 1989

Tratto da: “Andare incontro alla Vita”, di Jiddu Krishnamurti.

Fonte del Post: http://www.pomodorozen.com/zen/lamore-non-pensiero-jiddu-krishnamurti/

WooshDe7Torna Su