Il lento cammino della crescita dell’Anima. 2di 2.

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Il lento cammino della crescita dell’Anima. Seconda Parte.

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Siamo così arrivati a dover sovvertire quello che ci sembra un ordine perfetto: noi abbiamo sempre considerato gli stati “ultravioletti” come un qualcosa di irrazionale, di paranormale, di extrasensoriale e abbiamo confinato questi stati al mondo della fantasia, dell’irrealtà, addirittura della follia… oggi che finalmente sta scendendo il velo di Maja, ci rendiamo conto di essere invece vissuti nella limitatezza, nell’irrealtà, nella percezione assolutamente falsata del mondo, che ci ha imprigionati nel super-potere della nostra mente, capace di sintetizzare solo poche gocce del potenziale che l’intera psiche è in grado invece di accogliere e contenere; così l’uomo, che è una creatura in grado di partecipare alla grandezza della verità e dell’assoluto, si è affidato alla propria mente, chiudendosi in una ristrettezza ed in un senso di separazione da cui solo ora sente di potersi affrancare.

Anche le nuove scoperte della scienza, sembrano riconsegnare all’individuo l’opportunità di aprirsi ad una nuova coscienza, capace di rendersi progressivamente più libera, sottraendosi ai vincoli della materialità e della realtà ordinaria per andare incontro ad aperture in grado di percepirne la parte energetica, preludio dello stato di Unità con il Tutto. È chiaro che, da un punto di vista squisitamente psicologico, tutto ciò ha a che fare con l’annullamento della dittatura dell’Io, poiché occorrerà andare oltre i confini personali; ma oggi è ancora difficile comprendere come potranno essere assorbite e padroneggiate queste energie senza subirne l’inflazione, il fascino pervasivo, esenza scadere in nuove ma deleterie forme di illusione, che ci alienerebbero ancora una volta dal nostro centro.

Ed è proprio qui che dobbiamo essere attenti: dobbiamo essere svegli, dobbiamo non lasciarci più ingannare dalle proiezioni della nostra mente, che in un certo senso ci ha mantenuti schiavi di un lungo sonno, da cui però stiamo lentamente e gradualmente risvegliandoci. Questa è la dimensione della trascendenza, che esiste, qui e adesso. Non è una dimensione strana e parallela, è la nostra dimensione; è la dimensione religiosa della vita, nel suo vero ed autentico significato di re-ligere, ritornare all’unità. La religione in questo senso può essere considerata la più alta forma di psicologia, intesa come scienza dell’anima, anche se oggi si parla molto di mente, di psiche, di intuizioni, ecc. Attraverso il senso religioso della vita, possiamo trovare la più grande forma di psicologia e di psicoterapia e riagganciarci alla via maestra per tornare all’Uno: all’essere in-diviso o meglio “in-dividuo”, come voleva Jung.

Il terzo millennio forse richiede a tutti noi di espandere la coscienza per farci comprendere che la vita non ha alcun senso se non viene messa in relazione a tutto ciò che la circonda, e credo che questo sia anche lo scopo e la filosofia dell’età dell’Acquario. Forse dobbiamo tornare a pensare che Dio non è un un’idea e non è un personaggio in qualche mondo sconosciuto, ma un continente perduto dentro di noi, che dobbiamo ritrovare e riscoprire perché questo millennio avrà bisogno di PARTECIPAZIONE.

Dobbiamo trovare i collegamenti e le vie di accesso al trascendente, al transpersonale, perché solo così l’umanità potrà ricollegarsi alle energie dell’universo: in questi ultimi secoli abbiamo perduto i miti, le religioni, e forse anche i sogni, in una parola ci siamo scollegati dall’anima e così facendo abbiamo avvertito divisione, limitatezza e senso di disintegrazione.Ora siamo alla deriva e stiamo cercando nuove dimensioni di esperienza che ci ricolleghino e ci permettano di integrare il nostro spicciolo mondo personale con quello universale, e forse tutto questo potrebbe arrivare proprio dall’abbandono a quel senso spirituale della vita che è il ponte che ci traghetta verso il Centro a cui siamo collegati.

Ora le porte dell’Eden sembrano essere a portata di mano e si potrebbe compiere quel miracolo che sembra dirci “attenti: quello che vedete, il mondo quotidiano, non è vero, ci sono leggi molto più profonde, molto più vere e molto più comprensibili che si elevano al di sopra della realtà quotidiana a cui diamo così tanta importanza”. Dobbiamo quindi giungere a percepire che esiste un’altra dimensione, quella trascendente, a cui ci può condurre la nostra coscienza, ammesso che riusciamo a percepirla come un qualcosa che ci dà la possibilità di andare oltre le limitazioni del tempo e dello spazio. La nostra coscienza non ha confini, giacché è la parte di noi che può intuire tutto ciò che sta al di là del tempo e della spazio, in territori ancora sconosciuti.

William Penfield – neurochirurgo canadese – nel suo libro “Il mistero della mente” spiega perché la coscienza non sta nel cervello. La sua ipotesi viene ora suffragata da altri studi che suggeriscono che la coscienza non abbia un luogo preciso in cui risiedere, ma sia piuttosto una manifestazione dell’intelligenza o della coscienza cosmica che arriva e fluisce dentro di noi attraverso l’esistenza, il cui ponte di unione è sicuramente la spiritualità.

L’essere umano ha bisogno di ritrovare un contatto con la spiritualità che è lo strumento che lo può riunire alla Fonte originaria. Studi recenti sulle tossicodipendenze e sulle dipendenze in genere sembrerebbero suggerire che questi soggetti hanno un forte bisogno di spiritualità: essa si manifesta con un senso di vuoto assoluto che cerca di venire colmato attraverso sostanze che temporaneamente e impropriamente placano e anestetizzano una coscienza che vuole di più e che vuole andare più in là, in quanto percepisce l’esistenza di un mondo al di là di quello “reale”. Questi nuovi studi ci riportano a ciò che già Jung scriveva a Bill Wilson – fondatore degli Alcolisti Anonimi – sottolineando la confusione che queste persone facevano tra la sete fisica e quella spirituale.

L’essere umano ha bisogno di vivere esperienze transpersonali, poiché ha memoria di un tempo in cui queste erano accessibili attraverso i rituali, i riti iniziatici: vi era dunque una dimensione che creava stati in cui si poteva abbandonare il senso di divisione-separazione; mentre oggi tutto questo è in disuso, tutto viene criticato e rivisitato dalla ragione che analizza, viviseziona e dissacra ciò che non può essere spiegato con la mente, allontanandoci e facendoci vivere un senso di fallimento interiore, che è più un annientamento dell’anima.

Il terzo millennio, a mio avviso, dovrà portare l’uomo a capire che ciò che sta accadendo fuori è semplicemente il riflesso di ciò che accade all’interno della sua psiche e che preme per essere riconosciuto. Forse la nuova “re-ligione” è già presente e anche se non si è ancora rivelata totalmente, ci sono prime avvisaglie che sembrano portare un nuovo modo di pensare e di intendere la divinità, esattamente come è accaduto in passato nei vari passaggi: pensate all’era dell’Ariete che ha visto pian piano gli Dei solari e i miti eroici soppiantare il culto della Grande Madre e della Triade Lunare; pensate all’Era dei Pesci che ha soppiantato il paganesimo, introducendo la visione di un Dio compassionevole e colmo di amore, di pietà e di sacrificio. L’Era dei Pesci ha sicuramente stimolato l’uomo a risvegliare i propri sentimenti ed ideali più nobili, lo ha sedotto con l’idea di essere fatto ad immagine e somiglianza del Dio; oggi, con l’ingresso nell’Era dell’Acquario, forse l’uomo è chiamato a costruire un modello sistemico-complesso, capace di integrare il senso dell’Io e dell’individualità nel rapporto con gli altri e con il ben più vasto mondo della Natura, delle altre forme viventi e del pianeta, recuperando in questo modo il senso dell’universo ed anche della divinità, nell’unione del Tutto.

La nuova Era promuove una visione del mondo che riunisce tutti i livelli: quello personale, quello sociale, quello collettivo e in ultimo quello spirituale, in un modello coerente con il nuovo ordine, che possa andare a riattivare i grandi archetipi universali nel ritrovamento del divenire individuale. Forse l’era dell’Acquario può finalmente dare un senso alla prospettiva, sempre considerata utopica, di Platone che nella “Repubblica” insegue un ideale di esistenza collettiva, costruita in accordo con leggi simboliche rispettose del destino, sia dell’individuo che della collettività.

Questa immagine, questa visione – a lungo dimenticata – oggi torna più che mai a premere al di sotto della nostra coscienza, e lo fa obbligandoci a vedere il senso di alienazione che prova l’uomo dopo essersi allontanato dalla dimensione centrale. Forse, la frammentazione che abbiamo vissuto in questa trascorsa era dei Pesci, in cui abbiamo sperimentato la separazione tra materia e spirito, tra corpo e mente e tra oggettivismo estremo e soggettivismo, è giunta ormai a segnare il suo tempo, e riallacciandoci al concetto di sincronicità degli eventi e all’idea di un tempo acausale, ci sta portando velocemente verso una prospettiva di vita e di realtà più consona e più vicina a tutto ciò di cui siamo parte.

Il reale significato di trascendenza sembra oggi non solo più chiaro, ma anche più a portata di mano: siamo chiamati a trascendere la dialettica limitata e limitante degli opposti, dobbiamo riappropriarci del vero significato degli Archetipi che riuniscono nei loro principi quella sapienza perenne, che non è il frutto di una scienza sperimentale, ma di qualcosa che abbiamo dentro, che scaturisce dal profondo della nostra storia evolutiva e che giunge dal valore sacrale del mondo. Dobbiamo quindi superare le divisioni e trovare un nuovo paradigma in grado di porre fine al conflitto uomo-natura.

Così come sul piano biologico ogni nostra cellula, ogni molecola, organo o apparato funziona in base a precisi eventi che sono tra loro sincronici, ma anche connessi in modo analogico al mondo esterno, anche su altri piani – ci ricordano i filosofi neoplatonici – c’è l’unità delle cose per cui ogni singola cosa è in armonia con sé stessa, e poi con le altre e con tutte le parti che, insieme, costituiscono un unico mondo. Se si riesce a penetrare l’armonia profonda e segreta dell’essere umano, possiamo entrare in risonanza con l’anima mundi collettiva.

L’uomo sta ora comprendendo che la divisione che vive è una prigione per la percezione ed esperienza della vastità che lo circonda. I filosofi, gli artisti, gli psicologi umanisti e i mistici hanno postulato l’idea che esista una coscienza collettiva, da cui ogni singolo individuo può attingere per la propria creatività, e questo deriva dalle sottili connessioni tra le varie esistenze; in pratica, la nostra psiche è collegata allo Spirito del Mondo e questo ci dice che tutto ciò che noi siamo stati, siamo e saremo resterà attraverso i ricordi, le idee e le emozioni e andrà ad alimentare il campo informativo della Terra, il grande pozzo da cui altri uomini attingeranno energia per formulare nuove ipotesi, nuove relazioni e nuove creazioni che alimenteranno in un crescendo continuo l’Anima mundi.

Così la nuova filosofia che sta emergendo, richiede ai singoli individui che le parti più elevate della coscienza e della psiche vengano sviluppate al fine di sintonizzarsi con le energie più sottili, che operano attraverso principi intelligenti sia psichici che fisici. Come a dire che anche il concetto di Dio deve spostarsi dall’esterno per entrare dentro l’uomo: Lui è parte della psiche di ognuno e si cela, per così dire, nel  che è il punto di collegamento tra la parte personale e quella divina o trans-personale.

Questo cammino, però, non può avviarsi senza una presa di responsabilità a livello singolo: forse, gli avvenimenti degli ultimi tempi stanno a segnalare che sono finite le scorciatoie; sono finite le proiezioni su capri espiatori che cambiano di volta in volta, permettendoci di continuare a cullarci nell’idea che noi stiamo sempre dalla parte giusta e qualcun altro in quella sbagliata, per cui dobbiamo imparare a riconoscere le nostre grandezze ma anche le nostre piccolezze, evitando di indulgere ulteriormente in autocommiserazioni, che ci consentono atteggiamenti arroganti e intolleranti verso gli altri. Questi tratti ci parlano ancora dell’Io, che essendo piccolo e limitato, è anche incapace di cogliere le impensabili vie della realtà, tra cui quella che in lui vive il divino, il Sé, che in ogni momento può far accadere il miracolo della creazione.

L’Era dell’Acquario ci parla del riconoscimento delle singole creatività e differenze e vede in esse la grande ricchezza con cui la divinità si esprime; ci parla della profonda unità dell’umano che è superiore alle cose che ci dividono; ci ricorda che ciò che noi chiamiamo psiche è una trama in cui sono intrecciati in maniera indissolubile il piano mondano, umano e divino, ed in questo vincolo l’uomo può svilupparsi nel mondo, percepirlo e stare con esso in un continuo scambio energetico. Ragion per cui, accettare e valorizzare gli altri e le loro individualità significa pian piano permettere ad ognuno di esprimersi, ma significa anche accettare il mondo in quanto manifestazione del vivente e del divino.

Questo è in sintesi il principio del pensiero di Lao-Tse che dice: “chi nel suo Sé onora il mondo, a questi il mondo si può affidare. Chi nel suo Sé ama il mondo, a questi il mondo si può consegnare”. Oggi dobbiamo diventare tutti alchimisti e trasformare, attraverso la forza elettrizzante ed unificante dell’amore, prima noi stessi e il mondo circostante e poi quello più allargato, per unirci infine con la coscienza universale. Dobbiamo imparare a vivere allo stesso modo il mondo interno e il mondo esterno, riconoscendo che parlano lo stesso linguaggio simbolico e che noi siamo partecipi di entrambi, proprio come siamo partecipi della totalità.

In conclusione, possiamo dire che oggi, grazie alle nuove potenzialità di crescita della coscienza, l’uomo può raggiungere con maggiore facilità una vera visione olistica di unità e di continuità, e questo, più che un’ipotesi di lavoro, deve diventare una realtà; per riuscire in tal compito dobbiamo però riappropriarci delle capacità analogiche del pensiero metafisico e scalare verticalmente anche gli altri piani dell’esistenza, che non rispondono alle leggi del pensiero razionale, così che le due parti della psiche possano lavorare all’unisono, permettendoci di sentir respirare l’universo con lo tesso ritmo.

Vedere lavorare insieme la logica e l’analogia significa accedere a forme più evolute di conoscenza: entrambe infatti – pur diverse – sono parte di una serie di strumenti conoscitivi che solo se utilizzati insieme possono dar luogo all’evoluzione della coscienza. È indubbio che non si tratta di ritornare a forme di pensiero pre-logiche, ma piuttosto di riappropriarci di un modo antico di cogliere le cose e la loro relazione, senza perdere di vista quegli strumenti discriminativi acquisiti grazie al pensiero razionale.

Giungere ad una sintesi fra queste due potenzialità può donarci l’occasione unica di accedere ad una sensibilità nuova e ad una nuova Anima, che altro non è che il luogo in cui il divino e l’umano si incontrano.

Relazione di Lidia Fassio (Alba, 16 -17 novembre 2002, CONVEGNO INTERNAZIONALE “VERSO LA NASCITA DI UNA COSCIENZA PLANETARIA” CONSAPEVOLEZZA PER VIVERE MEGLIO, organizzato dall’Associazione Amaranto, con il patrocinio del Club di Budapest e della Città di Alba).

Fonte e link Articolo completo: http://www.convivioastrologico.it/psicologia/alba_lidia.htm

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