Lester Levensonn: “Io Sono Io”

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“Io Sono Io” – The Free State, 1984

Nell’alchimia la fase di Nigredo è principalmente questo, accorgersi di emozioni negative e neutralizzarle pian piano, o cuocerle con un certo fuoco. E questo fuoco cos’è? La consapevolezza prolungata. Sta di fatto che noi le emozioni siamo abituati a esprimerle o ad agirle o a reprimerle. Ma non siamo abituati ad ascoltarle e basta. Quando agiamo o esprimiamo una emozione, infatti, non stiamo facendo altro che rinnovare l’energia della forma pensiero e dare modo a questa di riprodursi e ricaricarsi di energia. Se invece diventiamo acutamente consapevoli di questa emozione e di tutte le tendenze inconsce che ad essa sono legate, proprio questo fuoco tenderà, col tempo e con la pratica, a disinnescare questo automatismo e a cancellare l’intera sequenza di forme pensiero simili in energia o contenuto a quella su cui stiamo lavorando.

Lester Levenson a circa 42 anni, dopo una vita di apparenti successi ma con una salute disastrosa, viene mandato a casa dall’ospedale con una prognosi di qualche settimana di vita. Questo fa sì che Lester, praticamente sul letto di morte, inizi – senza sapere cosa stia facendo – a ‘liberarsi’ di tutte le emozioni negative e di tutte le paure e i ‘bisogni’ per presentarsi sereno alla sua morte. In un certo senso rinuncia a tutto.

Questo lavoro però gli salva la vita. Si accorge infatti che lasciando andare tutte le emozioni negative, anche tutti i pensieri negativi ad esse legati tendono a neutralizzarsi e a scomparire e la sua salute inizia a migliorare gradatamente, fino a una completa guarigione. Dopo di che Lester ha brevettato questo metodo e ha creato un sistema molto funzionale – anche se a volte un po’ ‘strano’ – di lavoro su se stessi, molto simile negli intenti e nelle finalità a quanto viene insegnato nei workshop di Ho’oponopono.

Le nostre forme pensiero sono infatti un insieme di pensieri ripetuti ed emozioni associate che formano nella dimensione astrale dei veri e propri Robot atti a lavorare per noi o contro di noi e ne abbiamo letteralmente milioni immagazzinate nei recessi della mente subconscia. Ora il problema di molti metodi è che propongono il lavoro su di sè chiedendo di cambiare il pensiero alla base dell’emozione negativa, ma questo non sempre è possibile né funzionale (a volte davvero non capiamo perchè reagiamo in un certo modo a certe situazioni), mentre lavorando sull’emozione prima e poi eventualmente sul pensiero, si possono ottenere dei risultati incredibilmente potenti.

Juno III

Non mi resta che augurarti una buona visione del video.
Con affetto, Sid… Love*

Fonte

Desiderio di avere, desiderio di non avere, fede.

Ogni volta che vuoi qualcosa, che sia materiale o più spirituale, ogni volta che fissi un obiettivo nel futuro e inizi ad adoperarti per ottenerlo, dentro di te nascono due movimenti opposti. Uno è il desiderio di avere, l’anelito alla realizzazione materiale o spirituale. Il secondo, e più nascosto, è il desiderio di non avere.

Lester Levenson li etichettava come attaccamenti e avversioni. A uno sguardo superficiale potrebbe sembrare che il secondo debba essere eliminato e mantenuto il primo, che sia logico e razionale mantenere solo ed esclusivamente la tensione verso l’avere, eppure, a me risulta, che anche quell’attaccamento nasconda dei tranelli.

Il desiderio di avere nasconde sempre la possibilità che a volere non sia altro che una memoria, del passato, della genealogia, della cultura, della società cui appartieni. Questo ti metterebbe nella condizione di lottare e affaticarti per qualcosa di cui non hai realmente desiderio, né bisogno, e ti metterebbe nella difficile condizione di doverti sbarazzare di quello che hai desiderato tanto a lungo, una volta ottenuto.

Il desiderio di non avere, invece, nasce dalla struttura auto-conservativa dell’ego. Non c’è niente che faccia più paura all’ego del cambiamento, della sua scomposizione e morte. E non c’è nulla che a molti di noi faccia più paura del riuscire, si, del riuscire proprio in ciò che desideriamo. La riuscita è temuta tanto quanto la non riuscita. Per motivi diversi certo, eppure ambedue, stranamente, giocano un ruolo determinante nell’impedire alla realtà di modificarsi in una certa direzione.

Quando siamo posti di fronte all’evidenza di un obiettivo che perseguiamo da una vita e che sembra non arrivare mai, quando qualcosa che stiamo cercando di far avverare non avviene, e il continuare a perseguirlo ci consuma, questo ci sta dicendo qualcosa del rapporto che esiste in noi fra le due forze contrastanti. Io consiglio sempre di iniziare a rilasciare, prima, la paura della riuscita e del cambiamento, che inizia ad essere nettamente percepibile quando ci immaginiamo ‘arrivati’ a destinazione. Ogni volta che immaginiamo una guarigione, un ottenimento, o un traguardo ‘spirituale’ che perseguiamo da anni ma non otteniamo, in quel vederci lì c’è sempre un piccolo, impercettibile movimento di terrore, una flebile voce che dice ‘non è possibile’, ‘non accadrà mai’. E questo è un punto d’entrata essenziale per il lavoro di rilascio.

Attraverso questa flebile voce parlano centinaia di migliaia di differenti pezzetti di inconscio, personale e collettivo, che l’atto della pura presenza ha il potere di dissolvere. Poi si prosegue con la paura di non avere, con l’immaginare che non avremo mai quello che vogliamo, e questo basterà a tirare su tanti e tanti altri pezzi di dolore non processato, abbastanza rapidamente. Anche questo è qualcosa che va visto, reso cosciente, e rilasciato gradualmente.

Questo rilasciare attaccamenti e avversioni, è una maniera di dissolvere tutti i punti di vista attorno a qualcosa che vogliamo fortemente. E Lester aggiungeva, lo scopo non è certamente quello di far accadere per forza qualcosa (altro attaccamento), ma di giungere ad uno stato di equanimità che potremmo anche chiamare ‘fede’. A quel punto l’avere o il non avere ci lascerà indifferenti, e molto di ciò che abbiamo voluto tenderà a realizzarsi spontaneamente secondo un disegno molto più intelligente di quello che avremmo potuto pensare.

Andrea

Fonte del Post: http://maghierranti.blogspot.it/2016/06/desiderio-di-avere-desiderio-di-non.html

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