L’io inventato.

L’io inventato.

Una notte come tante, per nessuna ragione, mi sveglio di soprassalto. A chi non è mai successo?

Andiamo con ordine. Realizzo per un istante, che mi pare eterno, che non so né ‘’chi’’ né “cosa”, né “dove” sono: vi è solo una vaga impressione di esserci. Nient’altro.

Osservo. Poi, come in un teatro buio, si apre lento un sipario, s’intravede una luce nella penombra, poi dallo sfondo ancora oscuro, emergono alcune immagini e personaggi della stoffa di veloci pensieri: la scena si anima per qualche tempo, poi le immagini dei personaggi si dileguano dietro le quinte, la scena si svuota e tutto ritorna al buio iniziale.

Allora mi chiedo: chi o cosa osservava, dapprima il buio e poi lo spettacolo, quel mercatino d’immagini, aspettative, memorie?

Il sonno è sparito e mi metto alla ricerca. Già, ma sì!! È… IO! Ma cos’è questo IO? È solo un pronome, come un titolo onorifico che poi serve solo a mettere fumo negli occhi e camuffa il vero individuo? Ci sarà qualcosa di più sostanziale certamente. Proseguo e osservo. Dove sta? Di cos’è fatto?

Per il momento mi pare un cumulo di definizioni, insegnate con pazienza a un lattante nel suo mondo semi-onirico, ignaro del lavaggio del cervello – forse utile per comunicare quello di cui ha bisogno – ma in seguito zavorra ingombrante. Nel suo mondo interno e confuso, proiettato dal proprio “video” appare un caleidoscopio che si muove con lui, ma dal quale inizia a … separarsi!

Ecco presentarsi i cinque elementi, i petali della rosa dell’unico-essere-coscienza (la realtà unica) che a loro volta assumono forme sconosciute e particolari cui si adattano, man mano, le etichette insegnate; queste si differenziano ancora di più, sovrapponendosi via via alle sfumature diverse di ogni elemento.

Esempio: appare un’immagine sfocata e un ditino punta e emette un: – Buh! buh! – La risposta è: ca-ne, ca-ne…, poi qualcosa di simile appare e si muove: – Miao, miao! – (risposta con entusiasmo): – Ca-ne! – – Nooo! Gat-to! – … e così via…

Alle sensazioni visive, uditive e tattili si associano le definizioni ripetitive (di gesti e suoni); all’inizio sono neutre, appaiono e scompaiono come nel “teatrino notturno’’, ma col passar del tempo le combinazioni dei vari “oggetti visivi e auditivi” s’ incollano alle sensazioni-emozioni legate ai cinque elementi: per primo vi è la separazione tra ‘’osservatore e mondo ’’ che determina la paura, poi si succedono collera, tristezza, gioia e ansia in un costante girotondo.

Allora, se da piccolo, ‘’qualcosa’’, che sia un oggetto, una persona, una situazione, mi ha provocato una forte paura, la traccia mnemonica rimane, anche se non appare più evidente, e si ripeterà ogni volta che un “qualcosa” mi ricorda anche in modo totalmente differente, quello stesso sintomo di paura. Non si tratta di psicologia, ma di fatti.

La còlla di questo pacco di emozioni-sensazioni è mantenuta dalle etichette insegnate e formano un punto unico virtuale e fisso che sembra reale e inamovibile e al quale siamo abituati a identificarci come a un programma che si ripete uguale, nonostante infinite variazioni di sfumature, di luoghi e di tempo.

La difficoltà sta nell’emanciparsi totalmente da queste proiezioni e vederne e sentirne dentro di sé la totale irrealtà. In alcuni giardini si osserva una ruota girevole, dai colori dell’arcobaleno, – se è mossa da un fortissimo vento, essa gira talmente forte che sembra fermarsi e… diventa bianca! L’arcobaleno torna a essere pura luce, come lo è sempre stato: appare solo differenziato in tanti colori. Questi, sono solo vibrazioni variabili, ma il nucleo non cambia.

Il fuoco che brucia un quartiere della città è lo stesso fuoco che brucia la MIA casa? Si, ma se brucia la MIA casa, esso fa mettere allo scoperto il dispiacere di perdita, il terrore inespresso che è già dentro di me e che non potrei provare senza quello ’’specchio’’, che è un riflesso, non una realtà a sé: quell’incendio non è qualcosa di reale e avverso, un nemico esterno che non mi riguarda, ma una reazione dentro di me, che si rivela attraverso, grazie a questo elemento distruttore. Se no come farei a provarlo? E perché succede proprio a me e non ai vicini di casa?

Vari mistici di tutti i tempi (ma dov’è il tempo?) come S. Francesco, ossia coloro che profondamente e realmente – non per ideologia o credo – hanno scoperto e accertato che tutto quello che accade, soprattutto quello che ci danneggia e osteggiamo d’istinto è invece… una benedizione (camuffata). Come mai?

Perché ci mostra ciò che è già in noi e che non sappiamo o riusciamo ad accettare e, in tal modo, diventa negativo, ma se lo facciamo di tutto cuore, diventa il nostro più grande potenziale: infatti ci fa “riunire con la nostra parte soppressa” e infine ci rende l’Unità dimenticata, sempre presente.

I cinque elementi sono in ogni oggetto che li riunisce tutti, anche se sono visibili sono in parte e uno si manifesta più dell’altro.

Per tornare al vecchio paragone del miraggio dell’acqua nel deserto (garantisco che è così!), finché non vai a investigare e a cercar di toccare quell’acqua, non ci credi che sia un’illusione ottica. Lo stesso dicasi per tutto ciò che ci circonda: se vai a esplorare fino in fondo l’apparizione del tuo corpo o di una persona o oggetto e prendi un microscopio elettronico potentissimo, scopri solo …un’assenza.

La vacuità non è un’invenzione di filosofi, né quella di illustri scienziati: è una realtà. Lo è anche lo spazio-tempo, che rende visibili gli oggetti nella durata e località e che ci fa credere a tempi remoti, in realtà sempre presenti e sempre immaginari, anche se mi dirai: – Ma se li posso toccare questi pezzi archeologici? – Se fai una vera investigazione, verificherai che non solo è vacuità, ma che in realtà sono della stessa consistenza di una nuvola (anzi ancora meno).

Perché i fisici parlano di aver scoperto la “non-località”? Non sono parole scientifiche astruse, ma… fatti esplorati.

Allora, per tornare all’IO si potrà dire: – Certo, va bene tutto questo, ma c’è sempre un osservatore, quindi un ”qualcosa” che si rende conto di tutto questo. Infatti. Se però facciamo un piccolo passo indietro ed esaminiamo anche quest’ osservatore-sperimentatore, rimaniamo allo stesso punto di partenza: è in-tro-va-bi-le! E se esso è introvabile, è inventato e se è inventato – come ci affermano insigni fisici moderni – nemmeno il corpo e il mondo sono esistenti.

Se non c’è osservatore dov’è il mondo? Ecco spiegata la frase famosa di Niels Bohr: Il mondo nebuloso degli atomi si materializza solo se c’è un osservatore. In mancanza di quello, nulla si manifesta.

Ecco l’Inconoscibile Assoluto che non si può nominare… per non cadere nell’ipnosi di Maya.

Isabella di Soragna

Fonte:  http://isabelladisoragna.com/articoli/lio-inventato/