A mente aperta: Il “suono” del pensiero.

Big-Bang-21

Il “suono” del pensiero.

Premessa: Avendo già raccolto e dedicato un libro, “Riflessioni su Sé”, (scarica qui il Pdf) all’argomento “Riflessioni”, volendo comunque proseguire a proporre ulteriori riflessioni, sia a me stesso, sia a te, mi fa piacere inaugurare con questo post una nuova “rubrica”, che ho denominato “A mente aperta”. In effetti, rispetto alla precedente, non cambia proprio nulla, se non la dicitura. Non mi resta quindi che augurarti una “presente” indagine interiore, ovviamente se ti va.

Il “suono” del pensiero.

Ognuno, o quasi, di noi è convinto di pensare; durante l’intero corso della giornata nella nostra testa scorre un fiume di parole… viene chiamato: Dialogo interiore. Già il termine “dialogo” dovrebbe farci riflettere… ma come, non sono forse necessarie almeno due persone per dialogare? Altrimenti dovremmo chiamare questo continuo chiacchierio con il termine “soliloquio”… bé, sì… in effetti si potrebbe tranquillamente fare. Termini lessicali a parte, tra dialogo interiore e soliloquio non esiste alcuna differenza: si tratta comunque di una voce che si sente nella testa.

A prima vista, parrebbe di intrattenere un dialogo con noi stessi, con la nostra interiorità… ma ne siamo assolutamente certi? Abbiamo mai veramente messo in discussione questo assunto?

La voce che ascoltiamo nella testa ci appare come la nostra, inconfondibile, voce. Ognuno di noi è certo, oltre ogni ragionevole dubbio, che quella voce sia proprio ed esattamente la sua voce. E’ così anche per te?

Sempre ad una prima osservazione, ci pare di poter controllare perfettamente quella voce, cioè noi stessi intesi come pensatori, avviandola o spegnendola a piacimento o secondo necessità. Di certo, se sono io che penso, posso decidere di pensare o meno ogni volta che mi pare, no? Sarebbe logico, vero? Ma è così che funziona la cosa? O non esattamente…

Se sei tu che pensi, allora, sapresti dire quale sarà il prossimo pensiero che comparirà nella tua testa? Sapresti restare senza alcun pensiero per i prossimi 15 giorni? Potresti stabilire anticipatamente quale sarà la qualità del tuo pensiero… “positivo” o “negativo” o “neutro”, come l’ultima moda sul pensiero ripete da tempo come un disco rotto? Oppure no?

Non sono un indovino, né un profeta, ma sono certo che il controllo del pensiero sia una favola, per quasi ognuno di noi. In parole povere, quella voce è incontrollabile. Ma come tutte le regole, anche in questo caso abbiamo l’eccezione: chiunque pratichi la meditazione, la presenza, o una qualsiasi tecnica che “educhi” la mente sa molto bene, per esperienza diretta, che il flusso del pensiero può essere incanalato o sfoltito in maniera significativa. E, sempre per esperienza diretta, si rende perfettamente conto che ogni conflitto e ogni infelicità sorge grazie a quella voce; ciò significa che la qualità della vita è inversamente proporzionale alla quantità e qualità delle parole che ascoltiamo nella testa. Ci hai già fatto caso anche tu?

Ma se non si è in grado di tenere sotto controllo o di modificare a piacimento una determinata quantità e qualità di un qualcosa… come si fa a dire che quella cosa stessa ci appartiene? E’ una contraddizione in termini, ti pare? Come si può dire che “sono io che penso”, quando non ho la minima idea di quando, o se sorgerà il prossimo pensiero? Se non si dispone a piacimento di un qualcosa, come è possibile attribuirsene la “proprietà”? Se ci rifletti un momento… devi ammettere che non è logico, né sensato. Pertanto, sarebbe più aderente al vero ammettere di non poter disporre a piacimento del “proprio” pensiero, riconoscendo quindi che, indipendentemente dalla volontà o dal desiderio, il pensiero accade e, per giunta, come gli pare e piace e che solamente un ferreo e reiterato allenamento, in cui la maggior parte di noi non si cimenta o non eccelle, può influire sulla situazione. Ritengo che ognuno di noi possa tranquillamente osservare da sé che le cose stanno esattamente così.

Ma a questo punto, vorrei sollevare un’altra interessantissima questione. Quando parliamo noi o quando ascoltiamo altri parlare è indubbio che siano le nostre orecchie a portarci i suoni delle parole che udiamo. L’udito, infatti, è uno dei sensi fisici deputati alla percezione sensoriale; possiamo comprendere o meno, ma resta il fatto che se fossimo non udenti non potremmo ascoltare nessun suono, nemmeno quello delle nostre parole. Ma quando ascoltiamo il suono del pensiero, di quella che chiamiamo la nostra voce, sono le orecchie a farcela percepire? Oppure non è affatto così che accade? Ci hai mai fatto caso?

Prova ora, se non lo hai mai fatto… pensa a quello che ti pare e dimmi: sono le tue orecchie a portarti i suoni delle parole? O no? Sono certo di no… e a questo punto lo dovresti essere anche tu. Quindi?

Ti ripeto ora la domanda: sei sicuro che la voce che ascolti nella testa sia proprio la tua voce? E come fai a sentirla, se non sono le tue orecchie che la raccolgono? E, se non le orecchie, qual è il senso che le intende? Guarda che la stessa cosa vale pure per la voce con cui il pensiero si esprime… se non stai articolando suoni con la bocca… come si formano le parole che odi nella testa? Sei proprio certo che sia farina del tuo sacco?

Come sempre, a queste domande puoi rispondere solamente tu. Grazie.

Con affetto, Sid… Love*.

WooshDe7Torna Su