Lissa Rankin: Mente e Salute.

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La Mente supera la Medicina.

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Dopo aver studiato gli effetti placebo e nocebo, sentivo di poter affermare con sicurezza che il corpo era concepito per guarirsi da solo e che le convinzioni positive e le cure premurose (più le reazioni di rilassamento da esse indotte) lo predisponevano a tale autoguarigione. Ma le convinzioni positive e le cure premurose erano davvero sufficienti a curare il corpo in una buona percentuale dei casi? Sotto sotto, avvertivo che le cose non erano così semplici.

Che dire della paziente convinta di tornare in salute e curata da un medico fantastico, ma che vive con un uomo che la raggira e abusa di lei? O di un malato che per dodici ore al giorno fa un lavoro degradante che lo costringe a svendere la sua dignità pur di portare a casa uno stipendio? O ancora, di chi fuma, beve, mangia pasta, salame piccante e pizza, ma ha una vita così piena di amore, brio e attività che non vorrebbe mai morire? Sospettavo fortemente che la buona salute fosse
una faccenda più complessa di quanto in genere pensiamo.

Prendiamo i maniaci della salute, per esempio. Quando tutto ciò che facciamo dal punto di vista della salute è “giusto” – mangiare verdure biologiche; evitare la carne, i latticini, il glutine e i cibi adulterati; fare quotidianamente esercizio fisico; dormire bene; evitare le dipendenze; farsi visitare da medici funzionali al fine di ottimizzare la biochimica del corpo ecc. – non ci dovremmo forse aspettare di vivere meglio e più a lungo, morendo in vecchiaia mentre dormiamo tranquillamente?

Allora perché molti maniaci della salute stanno peggio di chi si abbuffa di barbecue, tracanna birra, dorme cinque ore a notte e vegeta sul divano davanti alla tv?
Se certi maniaci della salute hanno le stesse probabilità di ammalarsi dei teledipendenti, dovevo concludere che c’era qualcosa di sbagliato nel nostro concetto di stile di vita sano.

È chiaro che questi comportamenti salutari costituiscono una parte importante di una vita sana. Io mi considero una di quei maniaci della salute. Bevo il mio succo vegetale, prendo le mie vitamine, faccio quotidianamente yoga ed escursionismo, dormo bene, mi faccio visitare da un medico funzionale e cerco di evitare le tossine che potrebbero nuocermi. Ciononostante, sono giunta a ritenere che la dimensione puramente fisica e biochimica della malattia – quella che si può diagnosticare nei test di laboratorio, osservare negli studi radiologici, spiegare con le piastre di Petri al microscopio, e che trae beneficio dalla dieta, l’esercizio fisico, l’eliminazione delle tossine e la medicina funzionale – sia solo una parte dell’equazione. È una parte importante, certo, ma non è tutto. La mia esperienza con i pazienti (oltre che la mia personale, ma di questo parlerò nel Capitolo 9) mi ha portato a credere che lo stato di salute o di malattia, oltre che la guarigione, dipendano, più che dalle attività “sane”, da tutte le componenti della nostra vita.

Un approccio radicalmente nuovo al paziente.

Cominciai a scavare nelle vite dei pazienti, facendo domande che la maggior parte dei medici non si sognerebbe mai di fare.

«C’è qualcosa che le impedisce di essere totalmente e profondamente se stesso? Se sì, cosa? Cosa ama, cosa celebra di se stesso? Cosa manca alla sua vita? Cosa invece le piace? Ha una relazione? Se sì, è felice? Se no, desidererebbe esserlo? Lei è soddisfatto del suo lavoro? Sente di stare realizzando lo scopo della sua vita? Si sente sessualmente appagato, con un partner o da solo? Si esprime attraverso qualche forma di creatività? Se sì, come? Se no, si sente bloccato dal punto di vista creativo, come se ci fosse qualcosa dentro di lei che anelasse venire fuori? Pensa di essere in salute dal punto di vista economico, o i soldi sono una fonte di stress? Se la fatina delle favole potesse cambiare una cosa della sua vita, quale vorrebbe che fosse?
Quali regole vorrebbe infrangere?»

Spesso le risposte dei pazienti mi facevano capire perché si ammalavano, più di qualsiasi test di laboratorio, cartella clinica o esame ai raggi X. Non era infrequente che la diagnosi diventasse di una chiarezza prima irraggiungibile, perché non stavo ponendo le giuste domande. Capii che questi pazienti stavano male non a causa dei geni, delle abitudini insalubri o della sfortuna, ma perché erano disperatamente soli, in una relazione infelice, stressati dal lavoro, terrorizzati dalla propria situazione economica o profondamente depressi.

La maggior parte dei pazienti, alla domanda sul modulo «Cosa manca alla sua vita?», rispondeva con un lungo elenco. E se facevo personalmente la domanda, la maggioranza di loro scoppiava a piangere. Stava succedendo qualcosa che non aveva nulla a che fare con le verdure, l’esercizio fisico o le vitamine. D’altra parte, avevo pazienti che mangiavano male, facevano poco esercizio fisico e si dimenticavano di prendere gli integratori, ma apparentemente godevano di ottima salute.
Leggendo i loro moduli, risultava che la loro vita era piena di amore, divertimento, ricchezza finanziaria, creatività artistica, piacere sessuale e spiritualità, e che facevano un lavoro appagante. C’erano anche altri tratti che li distinguevano dai fanatici salutisti malati, ma di base quelle persone erano felici. E anche se non si prendevano troppa cura del proprio corpo, quest’ultimo rispondeva con la buona salute. Allora cominciai a restringere le domande a due principali: «Secondo lei, cosa c’è all’origine della sua malattia?» e «Di cosa ha bisogno il suo corpo per guarire?».

Quando iniziai a fare queste domande, mi aspettavo che la gente mi dicesse che all’origine della malattia c’erano uno squilibrio ormonale o una dieta errata. Pensai che i pazienti avrebbero condiviso con me le loro idee sulle possibili cure.
Cose tipo: «Penso che sarebbe meglio la terapia craniosacrale della fisioterapia» o «Aspetterò quel farmaco per il colesterolo e intanto cercherò di cambiare le mie abitudini alimentari».

A volte, i pazienti rispondevano con cambiamenti convenzionali che avvertivano come necessari. Per esempio «Ho davvero bisogno di un antidepressivo», «La soluzione dovrebbe essere negli antibiotici», «Devo perdere venti chili» o «Ho davvero bisogno di più equilibrio ormonale».

Ma le risposte più frequenti, quando chiedevo: «Secondo lei, cosa c’è all’origine della sua malattia?», erano cose tipo «Do fino a che mi sento svuotata», «Il mio matrimonio è infelice», «Odio profondamente il mio lavoro», «Ho bisogno di più tempo per me stessa», «Mi sento così sola che tutte le notti piango finché non mi addormento», «Non so cosa voglio dalla vita», «Non sento più Dio», «Mi odio al punto di non riuscire a guardarmi allo specchio», «Evito di affrontare la realtà», «Non riesco a perdonarmi per ciò che ho fatto», «Sto vivendo una menzogna e la mia vita è una truffa».
E quando chiedevo ai miei pazienti: «Di cosa ha bisogno il suo corpo per guarire?», le risposte erano scioccanti. «Devo lasciare il mio lavoro», «Devo finalmente lasciare la casa dei miei», «Devo divorziare», «Devo finire il mio romanzo», «Devo assumere una badante», «Sono troppo sola, devo farmi più amici», «Devo meditare tutti i giorni», «Devo confessare a mio marito che ho un’altra relazione», «Devo perdonare me stessa», «Devo amarmi di più», «Devo smetterla di essere così pessimista».
Accidenti.

Molti pazienti non erano disposti a fare ciò che il loro intuito gli diceva sui bisogni del corpo, ma i più coraggiosi prestarono ascolto a questa flebile voce interiore e operarono drastici cambiamenti. Alcuni lasciarono il lavoro. Altri il matrimonio. Qualcuno si trasferì in un’altra città, qualcun altro decise di realizzare sogni a lungo rimandati.
I risultati ottenuti da questi pazienti furono incredibili. Certe volte, un lungo elenco di acciacchi spariva tutto insieme, e velocemente. I miei pazienti si stavano curando da soli, dopo che molti anni di terapie mediche non avevano dato frutti. Ero sbalordita.

Lissa Rankin

Si può davvero guarire il corpo semplicemente cambiando modo di pensare e sentire? È vero che esistono prove secondo cui è più facile ammalarsi se non si hanno pensieri sani e positivi? È solo una questione di testa, o c’è qualcosa di fisiologico? Come avviene?

In questa straordinaria opera, l’esperto medico Lissa Rankin ci spiega esattamente in che modo le emozioni e i pensieri negativi possono trasformarsi in malattie, mentre quelli buoni favoriscono l’autoguarigione del corpo.

Ma non solo, l’autrice ci dimostra che:

una bella sorpresa può giovare alla tua salute più dell’eliminazione delle sigarette;
qualcosa che ritenevi assolutamente irrilevante per il tuo benessere può donarti sette anni di vita; una sola cosa divertente può ridurre il numero di visite mediche di cui hai bisogno; un cambiamento positivo nel tuo atteggiamento può farti vivere dieci anni di più; un’abitudine lavorativa può accrescere il tuo rischio di morire; un’attività piacevole, che forse non hai mai collegato alla salute, può ridurre drasticamente i rischi di patologia cardiaca, infarto e cancro al seno; il modo in cui il medico si rapporta al paziente e crea con esso un rapporto costruttivo e di fiducia, influenza fortemente le possibilità di guarigione del malato.

Questi sono solo alcuni dei fatti scientificamente verificabili che Lissa presenta in queste pagine e che stanno radicalmente cambiato il mondo della medicina convenzionale.

Fonte del Post: http://www.visionealchemica.com/la-mente-supera-la-medicina/

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