Mooji: L’Illuminazione.

Terra x Blog + Nero 2015

L’Illuminazione.

Interlocutore: Mooji, è veramente possibile diventare illuminati o raggiungere l’illuminazione? C’è stato nessuno che si è illuminato o si è risvegliato venendo al Satsang, e se sì, potresti dirmi chi? (Tutti ridono)

Mooji: In verità non è possibile diventare illuminati così come tu lo intendi perchè, innanzi tutto, non c’è nessuno in quanto tale che diventa illuminato. Il fermo riconoscimento o la realizzazione che in realtà non c’è un ‘qualcuno’ a ottenere l’illuminazione, e che non ci potrà mai essere una entità, nè qui nè in futuro, a raggiungere un tale stato, è ciò che significa illuminazione. Questa diretta realizzazione avviene ed è rivelata, confermata diventando verità ultima attraverso il processo dell’auto-indagine. Questa auto-investigazione, chiamata anche atma-vichara, è un mezzo efficace che mostra l’irrealtà del concetto di Io, o ego, che noi crediamo di essere, e lascia il Sè puro e immutabile come una realtà singola e perfetta. Questa è la verità ultima.

Tu chiedi: “C’è nessuno che venendo al satsang si è risvegliato?”. Questo è già stato detto nella mia precedente asserzione, ma voglio aggiungere che c’è stato e continua ad esserci un costante riconoscimento di questa verità, cioè che l’identità dell’ego è un mito, un carattere fittizio. Questa verità, in quanto tale, è espressione di pura coscienza/essenza e non una definizione. Questo sè rimane dietro come testimone o come colui che nota il fenomeno sorgere spontaneamente nella coscienza. Quell’ unico vero sè è presenza senza nome e senza forma, che sorge e splende come pace, gioia e felicità, sentita come una contentezza piena d’amore. Quando questo riconoscimento avviene dentro ogni singola parte o in ogni singola espressione della coscienza conosciuta come persona, allora si ha ciò che è chiamato “risveglio o illuminazione”.

Tu mi chiedi di indicarti se tale persona è qui presente. Direi semplicemente che qui un numero di persone è arrivato a questo punto di chiaro vedere/essere che va al di là di una comprensione o di una accettazione puramente intelletuale o accademica. Tuttavia, le tendenze mentali e l’identificazione non vengono distrutte istantaneamente e completamente, il senso dell’ego, proponendosi come realtà, sebbene emerga grazie all’investigazione che è mera illusione, continua ad apparire. Questo è naturale. Il dovere e la sfida qui è di riportare continuamente questo senso di Io-individuale indietro al cuore/sorgente ogni volta che appare, ed esercitare l’attenzione a stare lì, nel tuo vero essere. Cosicchè gradualmente si unisce alla sorgente e diventa sorgente stessa.

Alla fine, chi potrà essere quell”Io’ che asserirà ” l’ho ottenuto ” o ” Io sono una persona realizzata “. Chi o che cosa può essere il possessore dell’ illuminazione, se non l’ego stesso? Capisci il mio punto? Comunque, alcuni maestri hanno dichiarato e affermato di essere loro stessi pura unità, realtà senza qualità e di aver parlato direttamente dalla purezza, senza ego conoscienza/convinzione. Nella mia visione anche questo è corretto ed è molto più rinfrescante, autorevole e naturale, che fissare o limitare il sè puro dentro un qualche standard umano o logico.

I.: Però io sento me stesso come un ‘ qualcuno’, non riesco a sentirmi come ‘nessuno’.

M.: Di nuovo, ti poni come un oggetto di percezione. Come puoi essere un oggetto? Un oggetto deve avere un soggetto che lo percepisce. Se anche il soggetto viene percepito, allora automaticamente diventa un oggetto e deve esserci un soggetto più profondo a percepire. Lo vedi? Tu non puoi essere nessun oggetto percepito, tu devi essere il soggetto che percepisce. Chi o che cosa sei tu che percepisce? Afferralo. La tua affermazione ‘io mi sento come qualcuno’ contiene tre aspetti: Io, i miei sentimenti (sensazioni) e qualcuno che assumo come me stesso. Questo qualcuno è semplicemente la tua idea di te stesso, non il vero te stesso. Quello che senti, è semplicemente la sensazione di preoccupazione basata sull’ idea che hai di te stesso. Finalmente ci sei tu, che è il soggetto/percettore di questa osservazione. Ho ragione?

I.: Si.

M.: Chi o che cosa sei tu esattamente?

I.: Sono me, me stesso!

M.: E che cosa vuol dire esattamante?

I.: Me! O piuttosto quello che sò di me.

M.: Perciò, non il corpo?

I.: No, lo sò che non sono il corpo.

M.: Come lo sai che non sei il corpo?

I.: Posso vedere il mio corpo e sò che non è quello che sono, anche se a volte sento che sono anche quello.

M.: Ok, va bene. Possiamo ritornare alla tua risposta, cioè al fatto che tu sei a conoscenza di te stesso? Sei sicuro che è la conoscenza di te stesso e non semplicemente la conoscenza che tu hai dell’ idea di te stesso o della tua personalità? Come sei arrivato a conoscere te stesso? Come conosci te stesso qui e adesso?

I.: Quando ho cominciato a percepire le altre cose e persone.

M.: Si, in che modo la percezione degli altri ti porta aconoscere te stesso.

I.: Perchè lo so che stò percependo. E che devo essere lì per percepirlo.

M.: Così che ogni oggetto percepito non può essere te. Ho ragione?

I.: Si.

M.: Giusto! Molto bene! Adesso chi o cosa è esattamente quello che percepisce o nota?

I.: Me! Questo!

M.: È ‘me’ lo stesso di ‘questo’?

I.: Si.

M.: E ancora, che cosa è questo? Quale è la sua qualità, la sostanza? Guarda e dimmi. È un qualche te particolare? Una persona che è distinta o diversa da una lei o un lui o un loro?

I.: Si… no… è vago, non è abbastanza visibile.

M.: Rimani concentrato, non perderti, stai fermo e guarda. Che cosa sei tu qui, in questo guardare? Puoi dirlo?

I.: Non sono nessuna persona o cosa, ma non sò che cosa sono. Non c’è niente lì. Non posso rispondere. C’è la sensazione di non voler guardare, di stanchezza, di resistenza e di irritabilità.

M.: Ok. Non ti perdere in nessuna valutazione, non toccare nulla, sii solamente una cosa sola con ciò che nota. Stai qui senza provare.
(c’è una lunga pausa)
Sembri perplesso, da che cosa?

I.: C’è solamente vuoto.

M.: Che cosa sta testimoniando questo vuoto?
(l’interlocutore guarda in alto e sorride. Occhi fissi su Mooji)

M.: Da dove viene questo sorriso?
(Silenzio)

I.: Non lo sò, c’è una sensazione di sollievo, di spazio e di pace, una specie di leggerezza.

M.: Una specie?

I.: No leggerezza, spazio e pace.

M.: Questa pace e senso di leggerezza brilla dove non c’è nessuno. Questa è la pace. Questa è la vera gioia. Questo è l’amore puro. Solo per adesso, non afferrarlo. Non farlo tuo, non rivendicarlo. Rimani il testimone.

I.: Si, si (sorridendo) vedo che qui sono solamente un testimone. Grazie, grazie (lui mette le mani nel tradizionale modo indiano, segno di saluto e gratitudine).

M.: Non te ne andare ancora…
(passano alcuni minuti)
Adesso abbandona l’essere il testimone.

I.: Sono confuso.

M.: No tu non sei confuso. La confusione è stata testimoniata. Non ti identificare con questa. Che cosa rimane? Non toccare nulla, neanche il testimone. Non essere colui che ‘testimonia’. Testimonia senza il testimone, capisci?

I.: Si.

M.: Chi è che stà capendo.

I.: Nessuno, c’è solo comprensione.

M.: Molto bene. Sono molto felice di incontrarti. Adesso da questo posto senza posto, in un vuoto totale, al di là del concetto di vuoto, tu sei, senza nessuno sforzo. Non lo sei diventato questo e non l’hai vinto, perchè qui non c’è nessuno a vincere qualcosa. Eppure in questa indescrivibile consapevolezza, la coscienza sorge e splende come un ‘Io’ che percepisce. Tutto ciò che è percepito sono solo le forme apparenti dell’Io-coscienza.

I.: Grazie.

M.: Sei il benvenuto.

OM

Fonte del Post: http://mooji.org/lang/it/dialogue_01_it.html

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