Nassim Haramein: Oltre l’infinito. 1 di 2.

Terra x Blog + Nero 2015

Verso l’infinito e oltre. Parte 1.

infinito - Haramein

Siamo molto lieti di dare il benvenuto allo scienziato Nassim Haramein come nostro Autore del Mese di Febbraio 2011. Nato a Ginevra, in Svizzera, nel 1962, Nassim Haramein dai nove anni di età ha sviluppato le basi di una teoria iperdimensionale unificata di materia ed energia, che ha chiamato infine Holofractographic Universe theory. Nassim ha passato molto tempo della sua vita nella ricerca della geometria fondamentale dell’iperspazio. Combinando questa conoscenza con una acuta osservazione della natura, ha scoperto una matrice geometrica specifica fondamentale per la creazione. La sua teoria di unificazione, conosciuta come Metrica Haramein-Rauscher (una nuova soluzione alle equazioni di campo di Einstein che incorpora la torsione e l’effetto coriolis) e il suo documento scientifico recente “The Schwarzschild Proton” pongono le basi di quello che può essere un cambiamento fondamentale nella nostra comprensione corrente della fisica e della coscienza.

Nei passati 20 anni, N.Haramein ha diretto gruppi di ricerca di fisici, ingegneri elettrici, matematici e altri scienziati. Ha fondato un’organizzazione non-profit, la The Resonance Project Foundation, dove è impegnato come Direttore di Ricerca e continua ad esplorare i principi di unificazione e le loro implicazioni. La fondazione sviluppa attivamente un parco di ricerca alle Hawaii che combina scienza, sostenibilità e tecnologia ecologica. Nassim Haramein si impegna in conferenze e seminari sulla sua teoria da più di 10 anni. Per ulteriori informazioni e per contattare Nassim Haramein visitate il sito www.theresonanceproject.org Questo articolo è apparso originalmente su Nexus Magazine

Esplorando la Natura della Realtà.

Vi siete mai posti delle domande sulla struttura della realtà? Da dove viene? Com’è arrivata qua? Come si è auto-organizzata per risultare in quello che osserviamo? Queste sono domande fondamentali che molte persone si sono poste ad un certo punto nella vita. Potrebbero averci pensato in molti modi diversi, forse non esattamente come descritto sopra, ma molte persone si sono chieste quale sia la fonte dell’esistenza, del suo inizio e della fine o se sia una dinamica continua.

Fin da giovane età, sentivo che queste domande erano le più meritevoli di indagine e in un certo modo le mie prime avventure nei vari settori dello sport, divennero strumenti utili per analizzare la realtà in cui mi trovavo, la mia interazione con essa e la mia capacità di modificarla o almeno di spingerla all’estremo. Quindi è all’estremo che l’ho spinta: sia che sciassi, mi arrampicassi o facessi immersioni, la mia tendenza era vedere quanto mi potessi spingere al limite nella struttura della realtà tramite la mia intenzione e la mia capacità di superare i limiti fisici. Era un test della mente sulla materia e in ogni caso sentivo che si poteva stabilire un campo di risonanza con la struttura della realtà -quello che gli atleti tipicamente chiamano “la zona”- dove, per come meglio posso descriverlo, sentivo un flusso, un tipo di armonia con tutte le varie dinamiche che incontravo in quelle situazioni estreme.

Sia che fossero le forze coinvolte, come quella gravitazionale o le sensazioni del mondo materiale che rimandava informazione al mio corpo che poi rispondeva -come il bordo fine dei miei sci che attraversavano la superficie ghiacciata o le sensazioni dalle mie dita che si conformavano ai cristalli taglienti mentre scalavo una parete di roccia di mille piedi- questi momenti di grande comunione con la natura mi insegnavano che doveva esistere una relazione fondamentale. Infine sono arrivato a descriverla come retroazione (“feedback”) nella struttura dello spazio-tempo che includeva questo senso di integrazione completa negli ingranaggi della natura di cui facevo esperienza, così come le proprietà auto-organizzanti del mondo materiale che potevo chiaramente osservare ovunque nell’ambiente naturale dove si possono trovare sistemi altamente organizzati e complessi.

C’era altro ancora. Il mio primo interesse nell’esplorazione del lato più mistico della nostra esperienza, mi ha portato ad indagare il mondo interiore della meditazione, un mondo che è in completo rapporto con l’evento della coscienza, che porta ad una profonda e fondamentale scoperta ed esplorazione personale dell’osservatore che sperimenta questa realtà. Di conseguenza, era un’esplorazione sia esterna, in cui potevo spingere il confine della mia influenza sul mondo esterno (quello che potremmo chiamare mondo materiale), che un’esplorazione della distanza alla quale potevo spingere il confine del mondo interiore per identificare la fonte dell’osservazione. Con mia grande sorpresa, i due sembravano in retroazione uno sull’altro. Per esempio, in quegli stati della “zona” durante i picchi nell’esperienza sportiva, la natura sembrava parlarmi oltre i siti di ricezione dei miei cinque sensi, ad un senso più profondo, come in unione tra la mia fisicità e la fisicità del mondo attorno a me. In modo simile, negli stati di meditazione profonda e nei momenti di estasi, sembrava aver luogo un profondo senso di unità tra il mondo materiale fuori e dentro di me. La domanda allora era: qual’è la meccanica dell’evidente retroazione tra me, l’osservatore e il mondo materiale ed esiste un mezzo che permette la connessione tra tutte le cose possibili, per produrre l’unificazione?

Per rispondere appropriatamente a queste domande, ho dovuto condurre, da una parte, uno studio approfondito della fisica del nostro mondo e, dall’altra parte, uno studio dei costumi (le usanze e le pratiche rituali) di varie società che avrebbero potuto rivelare una comprensione più profonda della relazione tra l’osservatore e il mondo materiale. Nella mia mente, erano campi della stessa importanza, benchè il compito di studiarli in parallelo, che comprende ambiti come la fisica applicata alla cosmologia e la meccanica quantistica, così come l’archeologia, la psicologia e la spiritualità, sembrasse insormontabile. Pertanto, con grande procrastinazione e riluttanza ho infine abbandonato le mie carriere sportive per dedicare tutto il tempo della mia vita e le mie energie agli studi necessari, per iniziare a rispondere ad alcune di queste domande.

Questo mi ha portato ad un periodo prolungato di isolamento, quando vivevo in un furgone col minimo necessario per sopravvivere, nella vita più semplice possibile per dedicare ogni secondo dei miei giorni (e molte notti), allo studio di questi vari campi. Ancora oggi, considero quei tempi come i tempi più meravigliosi, produttivi e mistici della mia vita. Ero completamente libero -libero dai telefoni, dagli appuntamenti e dalle interazioni col mondo esterno. Ero completamente libero di pensare a qualsiasi cosa volessi pensare, di studiare qualsiasi cosa volessi studiare e di muovermi ovunque volessi muovermi, in quanto dovevo solo mettere la chiave nel blocchetto, premere sull’acceleratore e mi spostavo istantaneamente. La mia casa era ovunque parcheggiassi e sono stato abbastanza fortunato da trovarmi in alcuni degli ambienti naturali più belli del nostro pianeta. Dai prati della British Columbia e ad Alberta, in Canada, fino ai deserti del SudEst d’America e tutto il resto nel mezzo, passavo molti mesi in comunione con il mondo naturale in profonda contemplazione sulla sua fisica e sulla relazione tra questa fisica e le mie osservazioni su essa.

Continuavo una routine di attività fisiche per bilanciare le tipiche 15-18 ore al giorno passate a studiare. Al tempo, la maggior parte delle attività fisiche consistevano nella scalata su roccia, tipicamente iniziavo la mattina all’alba dopo la meditazione o potevo uscire dal furgone al tramonto per prendere aria fresca e fare una rapida scalata per migliorare la circolazione sanguigna. Dato che solitamente ero solo, queste scalate spesso erano senza protezioni, dato che, ancora una volta, ero libero e non dovevo preoccuparmi dei compagni e della loro salute. All’estremo di queste esperienze, dove ogni errore avrebbe sicuramente portato al risultato di un corpo che cade attraverso lo spazio per poi arrestarsi sul terreno, potevo trovarmi in quella zona dove, per quanto fosse estrema l’esperienza della realtà, mi sentivo completamente a mio agio, avevo un senso di assoluta fiducia, di armonia con tutta la natura e di completo relax -tutto questo dava dipendenza. Ero in amore con la natura e sembrava come se la natura fosse in amore con me.

Ricordo distintamente momenti in cui la mia guancia era incollata alla parete di roccia, esposto ad alcune migliaia di piedi sotto di me e fissavo i piccoli cristalli che brillavano sotto il Sole nascente e pensavo alle molecole e agli atomi e alle particelle subatomiche che componevano quei cristalli. Dove iniziavano e dove finivano? Dopo tutto, questi cristalli che scalavo, erano parte di un cristallo più grande, un grande geoide che chiamavo la Terra e la Terra era parte di un sistema solare e il sistema solare era parte della galassia e la galassia era parte di un gruppo di galassie, che facilmente era parte di un supercluster e così via. Inoltre, ogni cristallo era composto da milioni e milioni di molecole e ogni molecola era composta da atomi e questi atomi erano composti da particelle subatomiche e così via. Era appropriato pensare che l’Universo finisse da qualche parte, che fosse l’infinito in larga scala o l’infinito in piccola scala?
Questi momenti mi portavano spesso in stati simili alla trance, dove potevo perdere completamente traccia dei miei spostamenti e potevo andare giù nella tana del coniglio nella struttura molecolare di questi cristalli o espandermi nelle strutture galattiche e universali, immaginando e contemplando.

Questione di Scala.

Dallo studio della fisica che conducevo e da varie scoperte che facevo durante le mie esperienze interiori, ho realizzato che se dovessimo davvero cercare una immagine completa delle dinamiche e delle meccaniche che producono il mondo materiale e l’osservatore che le sperimenta, il modello dovrebbe essere basato su una relazione infinita di scale. Ho scoperto in me stesso quella che sembrava una divisione infinita di scale, oltre la riconciliazione col concetto di un Universo bolla da cui tutto è iniziato con un bang, senza una comprensione chiara di ciò che l’avrebbe prodotto o di come il materiale fosse arrivato lì per esplodere, in primo luogo.

Ricordo che ero molto giovane, probabilmente a circa sette anni, quando mi venne spiegato che l’Universo era come un grande pallone in espansione. La mia prima domanda fu: si espande in cosa? Certamente, se l’Universo si stava espandendo, doveva espandersi dentro un altro Universo, più grande di quello in cui siamo. Quindi di nuovo, se anche questo si stava espandendo, certamente doveva espandersi in uno più grande e così via. Non c’era una soluzione semplice all’enigma. L’unica cosa che aveva senso era che l’Universo era infinitamente grande e infinitamente piccolo, che noi vivevamo in un continuum di divisioni e che il nostro mondo era definito dal semplice fatto che noi osservavamo l’Universo da una specifica scala.

Per esempio, se voi faceste esperienza dell’Universo dalla scala di un atomo o persino di una particella subatomica, la vostra esperienza sarebbe molto diversa dall’esperienza che avete dell’Universo come esseri umani. Se io poi dovessi farvi crescere dalla dimensione di un atomo a quella di un umano, voi molto facilmente pensereste di aver cambiato Universo o persino dimensione (questo sarebbe parzialmente vero, in quanto sareste cambiati letteralmente di dimensione). Questi pensieri mi venivano in vari modi negli anni, ma come potevano essere appropriatamente espressi in fisica? C’era già qualche fisico che aveva scritto nel nostro mondo, indicando un tale principio? Inoltre, questi concetti concordavano con migliaia e migliaia di anni nel pensiero e nella filosofia avanzata, nel misticismo e nella fede religiosa?

Il primo indizio arrivò nella mia adolescenza, quando realizzai inizialmente che per quasi 100 anni era esistito un baratro nella nostra fisica, tra la matematica e i modelli che usiamo per gli oggetti grandi, che predicono un continuum che tende verso la singolarità e gli infiniti (equazioni di campo di Einstein) e il mondo quantistico delle particelle atomiche e subatomiche, che predice funzioni lineari di stati confinati, ben definiti e con comportamenti finiti. Però le cose grandi sono fatte di cose piccole, come può l’Universo usare due diverse fisiche?

Nassim Haramein

Link alla parte 2 >>

Fonte del Post: http://www.animacosmica.org/verso-linfinito-e-oltre-trascendere-le-nostre-limitazioni/
Tradotto da: Soulseeker, per Animacosmica.org
da: http://www.grahamhancock.com/forum/HarameinN1.php?p=1
Ringraziamo la Redazione di: http://www.nexusmagazine.com/ per la gentile concessione.

WooshDe7Torna Su