Nisargadatta Maharaj: La ricerca della felicità.

Blog Nube Magellano

La ricerca della felicità reca sofferenza.

I.: Interlocutore
M.: Maharaj

I.: […] Ci sono delle domande che col tempo non cambiano. Ho sentito dire che avete delle risposte e perciò sono qui.
M.: Mi chiedo se sono l’uomo adatto a rispondere. Di persone e cose m’intendo assai poco. So solo che io sono, e tu anche lo sai di te. Dunque siamo uguali.
I.: Naturalmente so di essere. Ma non so che significa.
M.: Nell'”io sono” quello che assumi sia l'”io”, non è te. Sapere di essere è naturale; ma per afferrare che cosa si è, occorre molta ricerca. Ti toccherà esplorare l’intero campo della coscienza e oltrepassarlo. Per questo devi trovare l’insegnante giusto e creare le condizioni necessarie alla scoperta. In generale, ci sono due vie: una interna e l’altra esterna. O vivi accanto a qualcuno che conosce la Verità e ti sottometti alla sua guida, o cerchi quella guida dentro di te e segui la sua luce ovunque ti porti. In ambedue i casi i desideri e le paure personali sono banditi. Nella via passiva impari per contatto; in quella attiva, per indagine diretta. O ti affidi al maestro, abbandonato al fiume di vita e d’amore che sgorga da lui, o ti sforzi da solo, guidato dalla tua stella interiore. Nei due casi devi fluire con serietà. È raro incontrare un uomo degno di fiducia e d’amore. Ai più tocca la via ingrata dell’intelligenza e della comprensione, della discriminazione e del distacco (viveka-vairagya). È la strada aperta a tutti.

I.: È una rara fortuna trovarmi qui: parto domani, ma uno scambio con voi può essere determinante per la mia vita.
M.: Sì, quando dirai: “voglio trovare la verità”, la tua vita sarà già mutata. Tutte le abitudini del corpo e della mente, i sentimenti e le emozioni, i desideri e le paure, i progetti e le decisioni saranno modificati radicalmente.
I.: Decido di trovare la verità; ma qual è il passo successivo?
M.: Dipende dal temperamento. Se sei serio, qualunque via imboccherai, ti condurrà allo scopo. La serietà è il fattore che conta.
I.: Da dove proviene la serietà?
M.: È l’istinto del ritorno a casa che riconduce l’uccello al nido e il pesce al rigagnolo di montagna natio. Quando il frutto è maturo il seme torna alla terra. La maturità è tutto.
I.: Per maturare ci vuole l’esperienza?
M.: Hai già tutta l’esperienza che ti occorre, se no, ora, non saresti qui. Non ti serve accumularne ancora, ma oltrepassarla. Qualunque sforzo tu faccia, o metodo segua, produrranno altra esperienza, senza portarti oltre. Leggere nuovi libri non ti aiuterà. Potranno arricchirti di nozioni, ma la persona che sei, resterà tale e quale. Se ti aspetti dei benefici dalla tua ricerca, non hai colto il centro. La verità non dà vantaggi: né una posizione sociale superiore, né un potere sugli altri; largisce se stessa e la libertà dalla menzogna.

I.: Ma anche il potere di aiutare il prossimo.
M.: Questa è pura immaginazione, anche se di ottima qualità! In verità, “gli altri” non li aiuti per una ragione semplicissima: non esistono. Dividi le persone in degne e indegne, e chiedi alle prime di aiutare le seconde. Separi, valuti, giudichi e condanni: nel nome della verità, la distruggi. Il tuo stesso desiderio di affermare la verità, la nega, perché non puoi esprimerla a parole ma solo in azione, smascherando il falso. Per questo devi riconoscere il falso come falso (viveka), e respingerlo (vairagya). La rinuncia del falso libera e fortifica. Apre un varco alla perfezione.

I.: Quando saprò di aver scoperto la verità?
M.: Quando smetterai di pensare “questo è vero”, “quello è vero”. È inutile cercare la verità se la mente è incapace di riconoscere il falso. Deve esserne completamente purgata, perché la verità possa albeggiare.
I.: Ma che cos’è il falso?
M.: Sicuramente ciò che non è.
I.: Che significa: “non è”? Il falso è qui, duro come un chiodo.
M.: Ciò che si contraddice, non è, o il suo essere è solo momentaneo, il che è lo stesso. Infatti, ciò che ha un inizio e un termine, non ha spazio in mezzo. È vuoto. Ha il nome e la forma che la mente gli dà, ma è privo di sostanza e di essenza.
I.: Se tutto ciò che passa non è, nemmeno l’universo ha un proprio essere.
M.: E chi l’ha mai negato? È ovvio che l’universo non è.
I.: Di che cosa si può dire che è?
M.: Di ciò che per esistere non dipende, che non sorge col sorgere dell’universo e non tramonta col suo tramontare, che non abbisogna di prove, ma dà realtà a tutto ciò che tocca. È nella natura del falso di apparire reale per un attimo. Si potrebbe dire che il vero diventa padre del falso. Ma il falso è limitato nel tempo e nello spazio, ed è prodotto dalle circostanze.

I.: Come faccio a liberarmi del falso e appropriarmi del reale?
M.: A che scopo?
I.: Per vivere una vita più gratificante, integrata e felice.
M.: Qualunque cosa che sia concepita dalla mente, limitata e relativa com’è, non può che essere falsa. Il reale è inconcepibile, né puoi agganciarlo a uno scopo. Lo devi volere per se stesso.
I.: Come posso volere l’inconcepibile?
M.: C’è qualcos’altro che valga la pena? D’accordo, la realtà non puoi volerla come si vuole una cosa qualsiasi. Ma l’irrealtà dell’irreale puoi riconoscerla e respingerla. È lo scarto del falso che dischiude il vero.
I.: Capisco, ma come si fa nella vita quotidiana?
M.: I punti focali del falso sono l’interesse e la preoccupazione per se stessi. La tua vita oscilla tra il desiderio e la paura. Osservala intensamente e vedrai che la mente assume innumerevoli nomi e forme, come un fiume che schiuma tra i massi. Risali da ogni azione al suo motivo-guida, che è sempre egoistico, e fissalo: vedrai che si dissolve.

I.: Badare a se stessi, guadagnare per la propria sopravvivenza è inevitabile.[…] C’è un minimo di bisogni irrinunciabile.
M.: E non furono soddisfatti fin da quando fosti concepito? Lìberati dall’interesse personale e sii ciò che sei: intelligenza e amore in azione.
I.: Si deve pur sopravvivere!
M.: Non puoi farne a meno! Ma il vero te stesso è senza tempo, e al di là della nascita e della morte. II corpo sopravviverà il tanto necessario. Non occorre che viva a lungo. Una vita piena vale più di una vita lunga.
I.: Chi può dire che cosa sia una vita piena? Dipende dal mio sfondo culturale.
M.: Se cerchi la realtà, devi liberarti di tutti gli sfondi, le culture e i modelli di pensiero e sentimento. Persino dell’idea di essere uomo o donna, o di essere umano addirittura. L’oceano della vita contiene tutto, non solo ciò che è umano. Così, prima di tutto, abbandona ogni auto-identificazione, smetti di pensarti così e così, in un modo o nell’altro, come “questo” o “quello”. Elimina l’interesse personale, non preoccuparti del tuo benessere, materiale o spirituale, abbandona ogni desiderio, basso o elevato, smetti di pensare ai risultati. Qui, ora, sei completo, non ti occorre nulla. Questo non significa che tu debba essere scriteriato, imprevidente o apatico, devi solo eliminare l’angoscia di base. Non saranno un po’ di cibo, del vestiario e un riparo per te e per i tuoi, a crearti dei problemi, finché riterrai l’avidità un tuo bisogno. Vivi in sintonia con le cose come sono e non come le immagini.

I.: Se non sono umano, quale essere sono?
M.: Ciò che ti fa pensare di essere umano non è umano. È un punto inesteso di coscienza, un nulla cosciente. “Io sono”: è tutto ciò che puoi dire di te. Sei puro essere-consapevolezza-beatitudine. Comprenderlo è il fine di ogni ricerca, quando scopri che tutto ciò che pensi di essere è mera immaginazione, e ti fai da parte, consapevole che il transitorio è transitorio, l’immaginario, immaginario, l’irreale, irreale. Non è difficile, ma ci vuole distacco. È l’attaccamento al falso, che rende così ardua la visione del vero. Una volta capito che il falso ha bisogno di tempo e che ciò che richiede tempo è falso, sei più prossimo alla realtà, che è fuori del tempo, sempre ora. […] La realtà è ciò che rende il presente così vivo e diverso dal passato e dal futuro, inevitabilmente mentali. Se ti occorre tempo per ottenere un risultato, questo non potrà che essere falso. Il reale è sempre con te; non devi attendere per essere ciò che sei, né permettere alla mente di “uscire” a cercare. Quando vuoi qualcosa, domàndati: ne ho davvero bisogno? Se la risposta è no, lascia perdere.
I.: Non devo esser felice? Può darsi che una cosa non mi sia necessaria; tuttavia se può rendermi felice, perché non ottenerla?
M.: Nulla può renderti più felice di come sei. Ogni ricerca di felicità è un patimento che accresce se stesso. La sola felicità degna del nome è la schietta naturalezza di un essere consapevole.

I.: Ma non occorre una grande esperienza per raggiungere un tale livello di consapevolezza?
M.: […] Non ti occorrono altre esperienze. Le passate bastano. E se ti sembra di volerne di più, scruta nei cuori della gente intorno a te. Troverai una tale varietà di esperienze che ne avresti d’avanzo per mille anni. Impara dai dolori altrui e risparmia i tuoi. Non hai bisogno di esperienza, ma di libertà da tutte le esperienze.
I.: E voi non attraversate delle esperienze?
M.: Le cose avvengono intorno a me, ma io non partecipo. Un fatto diventa un’esperienza solo quando mi coinvolge emotivamente. Sono in uno stato di completezza che non cerca miglioramento. L’esperienza a che mi serve?
I.: Si ha bisogno di conoscenza, di istruzione.
M.: La conoscenza delle cose è necessaria per ciò che si fa. Nei rapporti col prossimo, occorrono intuito, simpatia. Nei rapporti con te stesso, non ti serve nulla. Sii ciò che sei: consapevole, e non smarrirti. […]

M.: Datti tempo per meditare su queste cose. I vecchi solchi del cervello devono essere cancellati senza che se ne formino di nuovi. Devi realizzarti come l’immutabile, il testimone silenzioso di tutto ciò che accade.
I.: Significa che devo abbandonare ogni idea di vita attiva?
M.: Assolutamente no. Ci saranno il matrimonio, i bambini, guadagnerai denaro per mantenere la famiglia; tutto ciò seguirà il corso naturale degli eventi, perché il destino si deve svolgere; attraverserai queste cose senza resistenza, affrontando i compiti man mano che vengono, attento e sollecito nelle piccole e nelle grandi cose. Ma l’atteggiamento generale sarà di distacco amorevole, di enorme buona volontà senz’attesa di compenso, di offerta senza domanda. Nel matrimonio non sei né il marito né la moglie, ma l’amore tra i due. Sei la luce e la gentilezza che rende ogni cosa ordinata e felice. Può sembrarti vago; ma se ci pensi, troverai che la dimensione mistica è la più pratica, perché rende la tua vita creativamente felice. La tua coscienza si eleva a un piano da cui tutto si staglia più nitido e intenso. Convinciti che la persona che dura in te dalla nascita alla morte è temporanea e falsa. Non sei la creatura sensuale, emotiva e intellettuale, attanagliata dai desideri e le paure. Scopri il tuo vero essere. “Io chi sono? ” è la domanda fondamentale di ogni filosofia e psicologia. Immergiti in essa profondamente.

Tratto dal libro: Io Sono Quello, di Nisargadatta Maharaj, dialogo 66.

Confidando di averti fatto cosa gradita, con affetto, Sid… Love*

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