Nisargadatta Maharaj: La Sorgente.

Terra x Blog + Nero 2015

Alla Sorgente dell’Essere.

Nisargadatta Maharaj: Sei in uno stato di non-testimone?

Visitatore: No, al contrario, sono nello stato di testimone. Ora sono testimone di questa conversazione con lei. Se non l’osservassi, non sarei cosciente di questa conversazione.

N.: Quando dici: – Sono testimone – c’è sempre l’identificazione al corpo-mente. La presenza diventa presenza a se stessi, che è il testimone. Quando non c’è più alcun sé di cui essere il testimone, non c’è più presenza, non c’è più testimone. Finché ti identifichi col corpo e con le idee della mente sei un testimone, ma quando questa identificazione scompare, tu sei la manifestazione.

Tutto quello che puoi osservare è illusorio: LA REALTÀ NON PUÒ AVERE TESTIMONI. Chi percepisce questa presenza, il testimone, è la REALTÀ suprema che NON è l’io-sono, è anteriore ad esso. Volete dar continuità eterna a questo senso di essere a questo “io” o io-sono. Esso è venuto spontaneamente e spontaneamente se ne andrà.

In questo processo di risveglio dovete raggiungere uno stato che è aldilà di qualsiasi appoggio, che non va a chiedere consigli a nessuno: Voi siete ciò che siete, qualunque cosa siate. Questo stato di beatitudine si è liberato dalle catene dello “stato” di beatitudine. Cosa significa? Senza rendervene conto, la beatitudine è stata incatenata, impacchettata, è diventata uno “stato” ed è questo il principio di sofferenza. La beatitudine è intrappolata in uno stato e subito l’io-sono è avviato verso cent’anni di dolore. Si dice che questo stato, detto sat-chit-ananda è il Parabrahman. MA NON è VERO! Esso è uno STATO TRANSITORIO, soffermarsi in esso dà una felicità profonda ma transitoria, ma trascenderla è raggiungere l’Assoluto, il Parabrahman, dove non esiste più né essere né beatitudine.

Quello che credi di amare non ha alcuna realtà: l’essere non ha bisogno di amore (è amore). Ti presentano un estraneo, te ne innamori, lo sposi, poi litigate, diventa nemico. E’ unicamente questo complesso psicosomatico che determina chi sono gli “altri” per te: ma questo non corrisponde a nulla di reale. L’io-sono è il primo ed ultimo concetto che dovrà essere trasceso, ma è dall’io-sono che affiorerà l’unione col tutto. Immergi il tuo essere nel non-essere. La tua vera natura è senza nascita. Tu sei quello che ignori, sei lo stato di non-conoscenza.

N.: Quanti anni hai?
V.: Sessantadue.

N.: Il principio che c’era prima dei tuoi 62 anni, qualunque cosa fosse, non fu mai interessato a questo oceano di felicità. Questa trappola dell’io-sono si è chiusa senza che tu te ne accorgessi. Quello che non c’è, all’improvviso accade, ma è un’illusione, ignoranza, e intorno ad essa si accumula tutto il nostro bagaglio di conoscenze. Ci basiamo sul pensiero credendo di spiegare il mondo.

Tutto quello che puoi ricordare o dimenticare, non può essere davvero te stesso. Il sonno, la veglia, l’io-sono fanno parte di ciò che è nato. Lo stato di conoscenza pura non ha né forma né colore, ma ha preso una falsa identità. Un Jnani non si preoccupa degli altri, mentre l’ignorante si crea un mucchio di problemi, pensa ad esempio che la sua famiglia dipenda da lui se dovesse morire. Ma tu sei forse responsabile della comparsa del tuo corpo? No! E nemmeno della comparsa del loro! Magari dopo la sua morte una persona importante si occuperà meglio di loro. Sarebbe meglio che non veniste qui, perché qui perderete tutti i vostri desideri, anche l’ultimo: voi stessi.

Facile dis-identificarsi dal corpo: osservalo, osserva la forza vitale del respiro, se puoi osservarli significa che ne sei distinto e quando poi osserverai la coscienza sarai oltre. Ma prima sii una cosa sola con la coscienza. Tu non puoi in alcun modo confonderti con questa finzione che è il corpo. Medita su quello che ti permette di sapere che ci sei e di conoscere il mondo. Non chiederti su che cosa mediti, ma sii tu stesso l’argomento della meditazione.

V.: Un essere realizzato può avere un ego?
N.: Non è possibile, l’ego significa identificarsi con una forma. Se scopre la sua vera natura non è più identificato con una forma: egli non sa di esistere, è solo testimone della coscienza manifestata. Osserva la forza vitale che si unisce all’essere.

Ogni volta che ti sforzi di riflettere, ti appoggi a qualcosa che non sei: liberati dal pensiero! Quando pensi, pensi a qualcosa che NON sei, anche un pensiero nobile come Dio, una parola che è distinta da te. Realizza questo stato che è prima della concezione.

V.: Prima della concezione?
N.: Si, si tratta di prendere dimora nello stato prima del concepimento: è lo stato perfetto, otto giorni prima o milioni di anni prima, in questo istante e dopo la scomparsa del senso di essere. Aggrappati a questa indicazione: al senso di essere – associato al soffio vitale – ed esso si trasformerà in non-essere. Non si tratta di essere in uno stato, ma essere e basta. Tutti vogliono esistere e non abbandonare l’io-sono: significa amore di sé ed è un’illusione. Lo stato perfetto è la scomparsa di qualunque punto di riferimento.

V.: Che cosa intende per morire?
N.: Dimenticare questa cognizione io-sono. Allo stesso modo questo concetto “io-sono” si spegne, ma proprio come il fuoco quando si spegne, non va da nessuna parte. Al momento di questa estinzione alcuni si aggrappano a un concetto come: – Ho compiuto peccati oppure ho avuto meriti…- e come conseguenza dovranno rinascere. Ma questo lo dicono i Veda, non io!

V.: Lo spazio esiste realmente?
N.: No, lo spazio è un’illusione. Sorge dall’io-sono, e un Jnani non considera reale questo spazio, che è la base del sogno e della veglia. Non è condizionato né dal tempo né dallo spazio. Osserva tutto, ma nulla può definirlo, non ha alcun motivo di essere vivo, in ogni istante è colmo, totale. è al di là della luce e dell’oscurità e dell’ io-sono-quello. Non vi è né Brahma né maya, poiché è privo dello stato di essere. (se ne serve, ma non si identifica più).

Tutti siete legati ai rapporti personali, affetti, amori che vi impediscono di liberarvi dal corpo, dalle emozioni e pensieri, e finché persiste questo stato di identificazione vi sarà impossibile capire la coscienza. La familiarità di ciò che chiamate vita, il voler dare continuità al senso di essere è la corda che vi strangola. Per lo Jnani tutto questo non esiste più. Per lui la manifestazione è come il sogno per l’uomo che si é svegliato. Come fa a liberare gli altri colui che ruota ancora attorno alle emozioni? Per essere la verità devi capire quello che NON è la verità. La presenza di questa coscienza, unita all’universo manifesto che crea, viene osservata e si produce nell’Assoluto. Io, Assoluto, sono l’osservatore di Ishwara, che sono i cinque elementi, l’universo e questa presenza ”io-sono”. (anche l’osservatore poi si dissolve essendo un concetto).

V.: Rimane l’abitudine a voler cambiare quello che è.
N.: Renditi conto che non c’entri affatto con tutto questo. Lasciali stare questi desideri, essi non sono te. Quando ti svegli la mattina dopo un sogno, scompare l’universo creato dallo spazio della coscienza e dici: – Oh! era un sogno, non era vero! – Non ti sfiora nemmeno l’idea che il mondo in cui ti trovi da sveglio possa essere ancora un mondo di sogno. I cambiamenti della mente sono osservati dalla coscienza in cui appaiono, ma la coscienza viene osservata da qualcosa che non cambia mai. Su quello che sei è apparso qualcosa che dice “io”, poi raccogli informazioni, impari altri concetti, ma tutto questo è solo fatto di variazioni della coscienza, osservata dall’immutabile che sei. Questo inconcepibile – che non dice mai nulla – non ha nessuna relazione con le trasformazioni mentali dell’io-sono.

La tua vera natura sembra essere sorretta dall’essere, ma invece è indipendente, non ha rapporti con la coscienza. La coscienza è come una soglia: da una parte è in contatto con la Realtà e dall’altra con maya. Noi ci occupiamo, studiamo solo ciò che è nella maya ecco perché ci è impossibile scoprire l’altro estremo. I guru ti riempiranno di parole, ma non puoi accettare il fatto: – Io non sono nulla! – Devi tornare allo stato fondamentale, in cui l’attività mentale si confonde con il senso: – Io sono la coscienza -, la quale a sua volta si dissolve nell’inconoscibile. L’inconoscibile è il tuo vero stato e questo tragitto di ritorno si compie ogni notte, è la tua esperienza quotidiana. Non hai bisogno di andare da nessuna parte, né di leggere libri. Lo vivi ogni giorno.

Se sei un devoto e ti dai all’adorazione di Dio, capirai la coscienza che dice “io” apparsa su quello che sei veramente. Quello che adori, in realtà è chi dice “io” in te. Questo è amore, Dio, Brahma. E’ solo perché non sei separato da Dio che puoi diventare una cosa sola con lui.

V.: L’intelletto sembra essere un punto di passaggio.
N.: Anche questo è un pensiero, l’intelletto quando non distingue più una forma ti informa che tutto è vuoto; ma questo vuoto è pieno di ciò che è. E ciò che è qualunque cosa sia, sei tu. Non è possibile parlarne perché a parole si può solo costatare il vuoto. Ciò che è in realtà è l’ignoto, nessuna parola può descriverla. Il vuoto è solo una valutazione dell’intelletto e ciò che può essere descritto dall’intelletto fa parte del conosciuto, che non può avere nulla a che fare con la Realtà.

V.: Bisogna continuare ad eliminare?
N.: E’ la sola cosa possibile, si deve continuare ad eliminare finché c’è ignoranza, dualità. Tutto quello che elimini non è reale, quindi scoprirai che in realtà non c’è nulla da eliminare. Infatti cosa fai? ELIMINI GLI IMPEDIMENTI, L’IGNORANZA. Vuoto e sat-chit-ananda (felicità) sono la stessa cosa: è uno stato di coscienza e quindi non è eterno come lo stato di vuoto sentito dalla coscienza. Chi assapora questa felicità? Devi capire la pienezza del vuoto che è il tuo vero stato.

V.: Sembra un futile gioco di parole.
N.: Chi è turbato da questa futilità fa parte della coscienza. Ciò che è non può capire la dualità, ossia che cosa è futile e ciò che non lo è, perché ne è costantemente al di là.

V.: Per essere il testimone dell’io-sono serve un punto di riferimento da cui osservare. Che cosa in noi ci indica che siamo il testimone?
N.: Non c’è bisogno di parole: sai che esisti, che sei vivo ed è nel corpo, ma chi o cos’è quel qualcosa che capisce che sono vivo? Questo principio non è nel corpo, chi dice che sono vivo e chi dice che non sono vivo? Devi afferrare quell’io che dice che “sono vivo” e in seguito quello che dice che “io non sono vivo”. Le parole e le emozioni poi fanno difetto. Alla fine perderai questo senso di essere, non si tratta di rifiutarlo. Esso è solo un’impressione, eppure contiene la manifestazione, tutto ciò che ci circonda. Tu invece sei il non-nato. Capisci la natura della coscienza e ti ritrai, essa si affievolisce e poi si spegne si dissolve, ma non può toccarti perché tu sei l’Assoluto. Che fastidio ti potrà dare il mondo? La fiamma della candela, tutto ciò che riflette, sono una sua espressione, così ciò che ti circonda è espressione del tuo essere, della tua luce, poiché acconsenti al fatto di esistere.

V.: Ho l’impressione che siamo una cosa sola, quando parlo di queste cose, del distacco dalla vita.
N.: Tra avere l’impressione che siamo una cosa sola ed esserlo veramente c’è una bella differenza. Parlo di quello che vivo, della mia storia, non di quella di Brahma.

V.: Chiedendomi “Chi sono io?” appare una comprensione che sembra un sostegno.
N.: Se cerchi un sostegno, ci sono i tuoi genitori che però lo diventano alla tua nascita. Il figlio genera il padre e la madre. Ecco il limite dei concetti e il vuoto dell’ego. Sorto dal nulla qualcosa è nato: da dove proviene? Dal niente. Il nulla è il seme dell’essere di cui è necessario disfarsi, buttare nel secchio della spazzatura, anche se sembra possedere in sé tutti gli universi. Io-sono è Dio-Brahma ed è l’illusione. Quando il respiro abbandona il corpo e l’io-sono scompare, questo senso di essere, non saprà di essere stato. Lo stato io-sono comprende sapere di essere, veglia e sogno, un campo limitato in cui regna una grande paura. Io sono oltre questo stato: come potrei avere paura? Rifiuta solo tutto quello che è falso, veglia, sonno ed essere e quel che rimane è la verità. Scopri che questo splendore (coscienza, mondo) il puro diamante in cima alla corona è la sede di ogni menzogna. Allora lo trascendi: non è più nulla, è come avere del catarro nella gola che ti disturba e lo sputi. La nascita è l’apparizione di questo elemento primario che contiene in uno stato di sonno l’io-sono. Il corpo viene dopo: la nascita è l’io-sono che va a ficcarsi nella materia. Interrompi lo spettacolo: la coscienza chiude bottega e liquida tutto. Ma non è la morte, è il ritorno al non-manifesto, alla pienezza. Il Parabrahman è quindi lo stato in cui NON hai la sensazione di esistere. Esso fa vibrare il suono ”io-sono”(OM) attraverso questo corpo-cibo.

V.: Sono venuto con i miei bambini. La prego di benedirmi.
N.: Segui pure le tue pratiche di devozione, ma sappi che stai adorando te stesso, un te stesso di cui non osi renderti conto. Ci sono quattro stadi. Sei una cosa sola con l’Assoluto, impersonale. Se non lo capisci, rimani unito alla coscienza (io-sono) se non capisci, adora te stesso attraverso le immagini degli dei, fa i bhajans. Altrimenti va per strada e dedicati al volontariato. Il mondo è costruito sulla disonestà, ma l’inganno più grande è la spiritualità. Non andare però a dirlo in giro, ti faresti dei nemici! Un giorno il corpo sparirà e non ci sarà nemmeno la coscienza. Lo sai. Che cosa ti rimarrà? Scoprilo!

Soffro, ma che mi può fare la sofferenza? Non può avere effetto su quello che sono realmente. Il senso di essere proviene dalla fusione del corpo-cibo col respiro. Perciò è temporaneo e la sua comparsa significa l’inizio della paura. Il sonno ed il sogno sono legati al tempo, ma nel sonno profondo l’essere non c’è, non c’è l’io-sono. Allora può esserci ancora paura?

V.: Non credo.
N.: Quello che provi deriva dall’essenza del cibo. Lo stato io-sono è: sapere di essere, stato di veglia e stato di sogno. Un campo limitato nel quale regna una grande paura. Per quel che mi riguarda io sono oltre questo stato di veglia. Quindi come potrei avere paura?

V.: Lei ha parlato dell’impegno. Potrebbe dirci ancora qualcosa su questo impegno e entusiasmo?
N.: Questa esigenza dovrebbe essere come quella di un assetato che non trova l’acqua. Come un pesce fuor d’acqua che si dibatte disperato per trovarla. Non offro gratuitamente queste cose, le otterrà solo colui che lotta per conquistarle.

V.: Esiste un modo per accrescere questa fame?
N.: Solo chi soffre profondamente, è afflitto o infelice si orienterà verso la ricerca spirituale.

Nisargadatta Maharaj
Traduzione di Isabella di Soragna.

Fonte del Post: http://www.isabelladisoragna.eu/site/articolo.php?news=99&lang=italiano&menu=2

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