Osho: Solitudine e isolamento.

Terra x Blog + Nero 2015

Dal sentirsi soli all’essere soli.

La gente pensa che quando è sola dev’essere triste. Si tratta di un’associazione assolutamente sbagliata, è una falsa interpretazione, infatti tutto ciò che è bello è sempre accaduto in solitudine; tra una folla non è mai accaduto nulla. Nulla di ciò che è trascendente è mai accaduto, se non quando ci si immerge in un’assoluta solitudine.

Purtroppo la mente estroversa ha creato tutt’intorno una sorta di condizionamento, qualcosa che si è cementato fortemente nella mentalità comune: quando si è soli, ci si sente male. Ci si deve muovere, incontrare persone, poiché ogni felicità si prova con la gente, in mezzo alla gente.

Non è vero. La felicità che deriva dallo stare con le persone è molto superficiale, e la felicità che accade quando si è soli è incredibilmente profonda. Dunque, inizia a deliziarti in essa!

Il termine stesso “sentirsi soli” genera in te una particolare forma di tristezza. Non definirla così, percepiscilo come un “essere soli”; chiamala solitudine, non isolamento. Parole sbagliate possono generare difficoltà e complicazioni: definiscilo uno stato meditativo – lo è! – e quando accade, godilo.

Canta qualcosa, danza qualcosa, oppure siedi semplicemente in silenzio di fronte a un muro e aspetta che qualcosa accada. Rendi quel momento un’attesa, e ben presto percepirai una qualità diversa.

Non si tratta affatto di tristezza. Allorché avrai assaporato gli abissi più intimi della solitudine, qualsiasi relazione sarà superficiale. Perfino l’amore non può scendere ad altrettanta profondità, perché perfino in amore l’altro è presente, e la presenza stessa dell’altro ti tiene vicino alla circonferenza, alla periferia.

Quando nessuno è presente, non esiste neppure il pensiero di qualcun altro, e tu sei veramente solo, inizi a immergerti e anneghi totalmente in te stesso. Non aver paura. All’inizio quell’affondare sembrerà una morte, e ti sentirai circondato da una sensazione
di abissale tristezza; ti circonderà, perché hai sempre conosciuto la felicità solo con la gente, nelle relazioni.

Aspetta semplicemente per un po’. Lascia che quell’affondare scenda ancor più in profondità e vedrai affiorare un silenzio, una quiete immobile che ha in sé una danza… è un moto immobile interiore. Nulla si muove, eppure tutto vortica freneticamente; è un vuoto, eppure è assoluta pienezza.

I paradossi si incontrano e le contraddizioni si dissolvono. Siedi in silenzio, rilassato eppure attento e presente, poiché sei in attesa: qualcosa discenderà su di te, sta per accadere! E quando ti siedi, siediti di fronte a un muro. Il muro è qualcosa di splendido: non c’è modo di spostarsi, non c’è nulla da guardare; di fronte a te solo il muro.

Non devi andare da nessuna parte. Ricorda di non mettere neppure un quadro su quel muro, dev’essere un semplice muro bianco. Infatti, quando non c’è nulla da vedere, piano piano ogni tuo interesse nella percezione svanisce. Il semplice stare di
fronte a un muro vuoto fa affiorare dentro di te un vuoto e un candore che lo echeggiano: parallelo a quel muro, ne sorge un altro; fatto di non pensiero.

Resta aperto e deliziati di tutto questo. Sorridi oppure, a volte, mormora un motivetto e ondeggia. A volte potrai ballare, ma continua a fissare il muro; lascia che sia l’oggetto della tua meditazione. Si deve scendere a patti con la propria solitudine, prima o poi. Allorché la fronteggi, quel sentirti solo cambia il suo colore, la propria qualità; il suo sapore muta completamente; diventa un essere soli.

In questo caso, non è affatto isolamento, è solitudine. L’isolamento ha in sé un senso di infelicità; la solitudine è un espandersi nella beatitudine.

Tratto dal libro: “La verità che cura”, di Osho.

Fonte del Post: http://oshoite.blogspot.it/2015/07/osho-dal-sentirsi-soli-allessere-soli.html

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