Il Papalagi: L’uomo bianco.

Il Papalagi.

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Papalagi è il titolo dato a un libro, pubblicato in Germania nel 1920 a cura di Erich Scheurmann, contenente i discorsi tenuti al proprio popolo da un capo polinesiano, Tuiavii di Tiavea, al suo ritorno da un viaggio in Europa.

Un breve estratto dal libro:

«Il Papalagi, l’uomo bianco, pensa così tanto che pensare per lui è diventata un’abitudine, una necessità, addirittura un obbligo. Riesce solo con difficoltà a non pensare e a vivere con tutte le sua membra insieme. Spesso vive solo con la testa, mentre tutti i suoi sensi sono profondamente addormentati. Anche se va in giro, parla, mangia e ride.

Il pensare, i pensieri, che sono i frutti del pensare, lo tengono prigioniero. È una specie di ubriacatura dei suoi pensieri. Quando il sole splende bene nel cielo, pensa subito: ‟Come splende bene!″. E sta sempre lì a pensare come splende bene. Ciò è sbagliato. Sbagliatissimo. Folle. Perché quando splende è meglio non pensare affatto (meditazione – ndr). Un abitante delle Samoa, intelligente, distende le sue membra alla calda luce e non sta a pensare niente. Accoglie in sé il sole, non solo con la testa, ma anche con le mani, i piedi, le gambe, la pancia, con tutte le membra. Lascia che la pelle e le membra pensino da sole. E queste, da parte loro pensano, anche se in modo diverso dalla testa.»

«Il pensare sbarra il cammino al Papalagi in molti modi, come un blocco di lava che non si può scansare. Pensa lietamente, ma poi non ride; pensa cose tristi, ma non piange. Ha fame, ma non coglie frutti di taro. È, per lo più, un uomo con i sensi che vivono in inimicizia con lo spirito: una persona che è divisa in due parti.

La vita del Papalagi somiglia molto alla situazione di un uomo che fa un viaggio in barca alla volta di Savaii e che, quando ha appena lasciato il porto pensa: quanto mi ci vorrà per arrivare a Savaii? Pensa, ma non vede il piacevole paesaggio che attraversa con il suo viaggio. Ora gli si presenta sulla sinistra il dorso di una montagna. E non appena il suo occhio lo coglie, non può fare a meno di pensare: ‟Che cosa ci sarà dietro la montagna? Ci sarà una baia profonda o stretta?″. Preso da questi pensieri, dimentica di cantare insieme agli altri le canzoni del mare; non sente neanche gli allegri scherzi delle fanciulle.

Si è appena lasciato alle spalle il dorso della montagna e la baia, quando lo tormenta un nuovo pensiero: ci sarà una tempesta entro sera? Proprio così, se entro sera ci sarà una tempesta. Cerca nel cielo chiaro scure nuvole. Pensa sempre alla tempesta che si potrebbe abbattere su di lui. La tempesta non arriva e raggiunge Savaii senza danni. Però è come se non avesse compiuto il viaggio, perché i suoi pensieri erano sempre lontani dal suo corpo e fuori dalla barca.»

Fonte del Post: http://www.meditare.net/wp/meditazione/il-papalagi/

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