Ramana Maharshi: L’auto-conoscenza.

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La filosofia, la scienza e l’arte della vera auto-conoscenza.

La filosofia di Sri Ramana deriva unicamente dalla sua esperienza di vera, assoluta e non duale auto-conoscenza, un’esperienza che trascende tutto il pensiero, sia razionale sia irrazionale. Tuttavia, poiché immaginiamo l’esistenza della dualità, della molteplicità e della relatività, sembriamo mancare di conoscenza non duale e assoluta del nostro essere essenziale auto-cosciente che Sri Ramana sperimentò come suo stato naturale. Quindi egli ci presentò la sua filosofia nei termini di un’analisi logica e razionale della nostra attuale esperienza di noi stessi come limitata consapevolezza individuale, al fine di permetterci di essere fermamente convinti dell’assoluta realtà che costituisce il fondamento di questa limitata consapevolezza che ora confondiamo come noi stessi.

Tuttavia, gli insegnamenti spirituali di Sri Ramana non sono solo una filosofia razionale, ma sono anche una precisa scienza e un’arte. Egli considerava la sua filosofia utile solo come fondazione teorica sulla quale dovremmo praticare la scienza empirica dell’auto-investigazione, che è l’arte di dimorare fermamente e stabilmente nello stato naturale del nostro essere, acutamente auto-attentivo e perciò perfettamente libero dal pensiero.

La pratica di ātma-vicāra — ‘auto-investigazione’ o ‘auto-scrutinio’

Un termine Sanscrito che fu spesso usato, da Sri Ramana e da altri più antichi saggi come Sri Adi Sankara, per descrivere questa pratica empirica di auto-investigazione o auto-attentività è ātma-vicāra (o ‘atma vichara’, come è spesso trascritto meno precisamente), che è generalmente tradotto in Inglese come ‘indagine di sé’ o ‘inchiesta di sé’. Tuttavia, piuttosto che ‘indagine’, la parola vicāra può essere tradotta in modo più accurato come ‘investigazione’, ‘esame’ o ‘scrutinio’. Quindi il termine ātma-vicāra significa realmente ‘investigazione di sé’, ‘esame di sé’ o ‘scrutinio di sé’, e denota la semplice pratica di esaminare, ispezionare o scrutinare molto attentamente la consapevolezza fondamentale ed essenziale del nostro essere, ‘io sono’, con un acuto e concentrato potere di attenzione.

Sri Ramana si riferiva anche a questa pratica empirica di auto-investigazione, auto-esame, auto-ispezione, auto-scrutinio, auto-attenzione come il vicāra ‘chi sono io?’ Tuttavia, quando lo descriveva in questo modo, non intendeva dire che si tratta di un processo di domandare a se stessi ‘chi sono io?’ né verbalmente né mentalmente. Ciò che intendeva farci comprendere con questo termine è che questa pratica è un’investigazione o scrutinio accuratamente attento della basilare consapevolezza del nostro essere, che sempre sperimentiamo come ‘io sono’, al fine di scoprire la vera natura di questo ‘io’, il nostro essere essenziale.

Vale a dire, sebbene (tra la gamma dei suoi significati) vicāra significa ‘indagine’, nel contesto degli insegnamenti di Sri Ramana essa significa indagine nel senso di investigazione empirica (sperimentale) piuttosto che nel senso di una mera interrogazione verbale. Non è semplicemente chiedere a se stessi la domanda ‘chi (o cosa) sono io? ma è in realtà investigare cosa ‘io’ sono – esaminando se stessi per sperimentarsi come realmente si è. In altre parole, non è il domandarsi letteralmente ‘chi sono io?’ ma è farlo figurativamente: indagare sperimentalmente cosa questo ‘io’ è in realtà.

Fonte del Post: http://www.felicitadiessere.it/#_Ref410388755

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