Riflessioni: La Coscienza è transitoria?

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Riflessioni: La Coscienza è transitoria.

Cos’è la coscienza e cosa vorrebbe dire che è transitoria? E se, effettivamente, fosse transitoria, significa che coscienza e Verità hanno ben poco in comune?

Per prima cosa, cerchiamo di non rispondere con luoghi comuni o definizioni che, per quanto colte, non ci servirebbero pressoché a nulla. Non si tratta di elencare una serie di dati, terminologie e conoscenze scientifiche, non si tratta di ripetere a pappagallo nozioni assunte qui o lì, bensì di osservare, possibilmente con passione e amore, il funzionamento di quella che chiamiamo la “nostra” coscienza. Fidiamoci di noi stessi e vediamo se è possibile fare a meno di ciò che altri hanno detto sull’argomento in questione. Sono più che sicuro che sia possibile per chiunque.

Da dove partire, allora?

Dallo “stato” del sonno profondo, quello senza sogni, per intenderci.

Nello stato di sonno profondo, cioè senza attività onirica, che cosa sperimenti? In altri termini, in quello stato sei consapevole di esserci? Sei consapevole del corpo? Sei consapevole del mondo intorno a te? Sei consapevole dei tuoi pensieri? Sei consapevole della percezione sensoriale in senso lato? Sei consapevole delle tue emozioni e dei tuoi sentimenti?

La risposta a queste domande, dal punto di vista di un essere umano comune, dovrebbe essere una serie di No… no, nessuna coscienza, nessuna consapevolezza. E’ l’esperienza comune a tutti noi, quando cadiamo profondamente addormentati e non stiamo sognando. Per quanto riguarda il sognare, non è argomento di questa riflessione. Magari ci sarà un’altra occasione per parlarne.

Abbiamo trascorso un’intera giornata in compagnia di noi stessi, del nostro corpo, dei nostri pensieri, del mondo in cui viviamo e dei nostri movimenti emotivi, quando, stanchi, ce ne andiamo a letto… dopodiché, trascorsi un po’ di minuti, ci addormentiamo saporitamente. E zak… tutto sparito, senza nemmeno rendercene conto. Trascorse alcune ore, forse al suono di una sveglia, riapriamo gli occhi e zak… tutto ricompare miracolosamente, senza che percepiamo la benché minima interruzione nel nostro processo di vita. Prima di addormentarci eravamo qui e, dopo un tempo di buio o di oblio, tutto è di nuovo qui, come se non fosse accaduto nulla. Siamo gli stessi di prima, nel letto di prima, nella casa di prima, nella città di prima, nella nazione di prima, nel mondo di prima. Ogni cosa è dove e come l’avevamo lasciata.

Eppure, dovremmo essere piuttosto colpiti da una simile esperienza. So bene che andiamo a dormire ogni notte e che ci svegliamo ogni mattina, ma nonostante si tratti di una comunissima esperienza quotidiana, a ben osservare, potremmo anche riconoscere che, in effetti, si tratta di un grandissimo mistero. Quale mistero? Bé… mi sapresti dire dove andiamo a finire noi e il mondo, quando siamo profondamente addormentati? Ti prego, non dirmi che ogni cosa era comunque lì, pur senza che ce ne accorgessimo, perché questa è una banale supposizione o una comune teoria, non certo un dato di fatto e, di sicuro, non può essere un’esperienza diretta. Il dato reale è che non si può essere in grado di dare una risposta. E lo sai perché? Perché tu non c’eri… e io nemmeno.

Quello che si può dire è che, prima di addormentarci, esitiamo sia noi, sia un mondo, gli stessi che, poi, ricompaiono con lo stato di veglia al mattino. Ma è vero anche che durante il sonno non siamo consapevoli, né coscienti di nulla… c’è un buco nero che inghiotte tutto, che non lascia sfuggire nulla dal suo vortice centripeto – esattamente come accade nella galassia – e di cui possiamo essere consapevoli solamente a posteriori. Quella tra il sonno e un buco nero mi pare effettivamente una straordinaria analogia o intuizione.

In termini non personali, si può dunque dire che la coscienza, con tutto il suo contenuto, appare e scompare in un ciclo che si ripete fino a che c’è vita, se chiamiamo vita ciò che accade nello “spazio” della coscienza. Queste parole evocano in me un ricordo: “Questo è il mondo che ti è stato messo davanti agli occhi, Neo”, dal film Matrix.

Sì, è proprio così, un mondo compare e scompare davanti ai nostri occhi, o, ancora meglio, sono i nostri sensi che ci portano quello che noi chiamiamo “mondo”. C’è però un momento, che si manifesta sia durante l’addormentamento, sia durante il risveglio, in cui ci si viene a trovare in una sorta di via di mezzo, di territorio di nessuno, in cui la coscienza “scivola” da uno stato all’altro. Peccato che duri veramente poco, altrimenti potrebbe offrire grandi spunti di osservazione. In effetti, gli spunti vengono offerti, ma in pochi li colgono, semplicemente perché non c’è l’abitudine ad osservare silenziosamente ciò che c’è.

Se si osservasse attentamente, si rivelerebbe l’evidenza del sorgere iniziale di una sensazione molto sottile: il senso di essere o di esistere. Una sensazione ancora slegata dalla comune percezione sensoriale di veglia, cioè slegata da ciò che i sensi corporei ci trasmettono quando siamo già ben svegli. In altre parole, se ci fosse osservazione, questo “senso” di essere ci apparirebbe ancor prima dell’apparizione della percezione sensoriale del corpo e del mondo. Potrebbe apparire come qualcosa di confuso, di inconsueto, poiché slegato dai concetti di spazio – quindi di limiti e confini – e di tempo in cui comunemente siamo immersi e coinvolti durante la giornata. Inoltre, si potrebbe identificare questo stato come una sorta di “porta” o soglia, varcata la quale si potrebbe avere accesso ad un “mondo” parallelo ed invisibile. La dimensione dell’Essere. E’ una dimensione molto simile a quella che si può manifestare durante la meditazione o in uno stato di intensa presenza.

Il mistero, però, non finisce certo qui. Anche il senso di essere può venire colto solo ed esclusivamente se c’è coscienza. In assenza di coscienza, quindi di esperienza, non è possibile cogliere nemmeno quello. Ognuno di noi lo può vedere da sé.

Ricapitolando: nell’esperienza di ognuno di noi, a tratti, c’è coscienza, con tutti i suoi contenuti, poi tale coscienza, a tratti, scompare… poi ricompare… quindi scompare di nuovo… e via così. E’ dunque un fatto assodato e dimostrato che la coscienza sia un fenomeno temporaneo, transitorio, incontrovertibilmente ciclico. La sensazione di essere, il corpo, il pensiero, il mondo e tutto il resto compaiono con la coscienza, in quanto sono i contenuti della coscienza stessa. Non è dunque il mondo che contiene noi, ma siamo “noi” a contenere il mondo… o, più esattamente, è la coscienza che contiene tutto ciò che esiste… si fa per dire. Il mondo fenomenico, dunque, è interamente contenuto nella coscienza e, insieme ad essa, compare e scompare ciclicamente. Ti torna?

Ma può essere Verità ciò che non è permanente? Può essere Verità qualcosa che muta nel tempo e nello spazio? Lascio volentieri a te la risposta.

Un ulteriore aspetto interessante, da indagare, connesso a ciò di cui abbiamo parlato fino ad ora, potrebbe essere questo: durante il sonno profondo, come abbiamo già visto precedentemente, tu ed io, il mondo e tutto il resto non ci sono, o, almeno, di essi non c’è coscienza, dal momento che essa è assente. Tra lo stato cosciente prima del sonno e lo stato cosciente al risveglio dal sonno c’è però una continuità; come già detto, tutto è sia come, sia dove lo avevamo lasciato la sera prima. Questa “ricucitura” tra un prima e un dopo viene eseguita dalla memoria. In altre parole, la memoria organizza la continuità, o meglio, ciò che a noi appare come continuità. Se non ci fosse memoria – quindi mente – ogni mattina sarebbe la prima mattina di vita per ognuno di noi e nemmeno ci riconosceremmo allo specchio; ma così non avviene. La mente costruisce il tempo e attraverso la memoria lo organizza in un prima e in un dopo, cioè in passato e futuro, che danno un senso di continuità all’esperienza nel mondo e della nostra presunta identità.

Ma, al di là di questo processo mnemonico, c’è qualcos’altro che è in relazione?

Non mi è facile, ma cercherò di esprimermi al meglio. Abbiamo già visto che la memoria ricuce la coscienza di “ieri” con la coscienza di “oggi”; in mezzo c’è il sonno profondo… il “vuoto” o il “nulla”, detto anche la “piccola morte”. Non è così difficile, allora, riconoscere che i “due” stati di coscienza – pre e post sonno – sono in relazione e interconnessi tra loro, ma se chiedessi se c’è qualcosa che collega, che è comune, che mette in relazione la coscienza con quel vuoto… cosa si potrebbe dire? C’è o non c’è questa relazione? Come possono stare insieme il vuoto e la coscienza, che è un pieno? … ammesso che possano stare insieme. E’ qui che diventa poco facile da dire con le parole!

Nel sonno noi non ci siamo, non c’è il mondo e, di conseguenza, non c’è esperienza, se non a posteriori, in seguito al risveglio. Nel sonno, dunque, non è presente alcun fenomeno, in quanto non è presente coscienza. Eppure, al risveglio, tutto compare nuovamente. Questo sta a suggerire che la coscienza, che è transitoria, compare in un “qualcosa” che è comunque costantemente presente e che, pur se interpretato – a posteriori – come vuoto, evidentemente, vuoto non è. Questo “vuoto” è dunque il substrato che permette a coscienza di manifestarsi. Il termine vuoto, in poche parole, non pare corretto, in quanto sarebbe meglio chiamarlo “vuoto di oggetti”, non già vuoto e basta, che fa sorgere innumerevoli malintesi. Dunque, la coscienza si manifesta grazie ad un vuoto di oggetti – o ad un vuoto quantico, se preferisci – che la illumina, la contiene e ne sostiene la manifestazione. Quel vuoto di oggetti, in diverse parole, è ciò che illumina e consente a coscienza di manifestarsi. Quel vuoto è stato chiamato Dio, Consapevolezza Pura, Testimone Silenzioso e altro ancora, ma non sta a me dare definizioni, né mi interessa farlo.

Per concludere: siamo arrivati per lo meno a concepire che in assenza di consapevolezza nemmeno la coscienza potrebbe manifestarsi e, di conseguenza, nemmeno “noi” e il mondo.

Ora resta solo da domandarci: la consapevolezza presente – ammesso che sia presente – nello stato di veglia è diversa dalla consapevolezza nello stato di sonno profondo? E di questa benedetta consapevolezza, tu o io, possiamo fare esperienza? E che relazione c’è – ammesso che ci sia una relazione – tra ciò che siamo e Consapevolezza, o Dio, o come ti pare chiamarlo?

Come sempre, a queste domande puoi rispondere solamente tu. Grazie.

Con affetto, Sid… Love*


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