Riflessioni: Scoprire il Vero nel falso.

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Scoprire il vero nel falso.

Come abbiamo già visto e, come dovrebbe, ormai, essere evidente, il pensiero non può concepire la Verità, ne’, mai, potrà farlo.

La Verità o è integra o non è la verità; non esiste affatto una cosa come la verità parziale, con buona pace dell’ego, che persevera nel ritenere di conoscere, almeno, una parte di essa. La Verità è una, indivisibile, e non ha nulla a che fare con le definizioni che ne diamo, ne’ con le parole che usiamo per descriverla.

La Verità è immutabile e, pur essendo un movimento continuo, non ha nulla a che vedere con il divenire, per il semplice fatto che non cambia col tempo che passa; se cambiasse, non sarebbe affatto la verità.

La Verità è libertà totale, cioè, assenza completa di condizionamento, il che significa che non dipende da nulla e da nessuno ed è evidente in sé.

La Verità, dunque, non ha nulla in comune con il pensiero, che, al contrario, è sempre parziale, frammentato, ignorante, condizionato, legato alla memoria, che è tempo; di fronte a questo, l’ego si risente e protesta, visto che non conosce affatto l’umiltà, se non quella delle maniere affettate e dell’apparenza, con le quali si mostra umile esteriormente, per sentirsi superiore interiormente.

Come possiamo, allora, scoprire la Verità?
E’ molto semplice: non possiamo.

Se lo strumento che intendiamo utilizzare in questa “ricerca” resta il pensiero, non riusciremo mai ad avere nulla a che fare con la Verità; la Verità, infatti, non è un “qualcosa” da conoscere, da acquisire, da conquistare, da possedere, bensì è uno stato, un modo di essere, o, in altre parole, la Verità non è un oggetto di cui fare esperienza – che diventa così il noto o memoria – ma l’essenza stessa di tutto ciò che è, ovverosia l’Essere.

Non possiamo, quindi, conoscere, bensì Essere Verità.

E’, comunque, fuori discussione che un essere umano identificato con l’io, cioè con il pensiero, possa essere verità; qualcosa lo separa da essa, lo rende “altro” rispetto ad essa. Come oramai parrebbe evidente, ciò che lo separa sono, per l’appunto, la frammentazione, la limitazione e l’isolamento caratteristici dell’attività del pensiero.

Questo significa che non esiste speranza?
Nulla di tutto questo.

Ciò che, di sicuro, è in nostra facoltà intraprendere, è l’osservazione silenziosa del movimento del pensiero e dell’emozione in noi. Prestare completa attenzione ad ogni movimento – che sia desiderio, paura, rabbia, immaginazione, giudizio, accusa, giustificazione o conclusione non fa alcuna differenza – ci consente di essere presenti nel qui ed ora, l’unico tempo che esiste e sul quale sia possibile agire. Una tale attenzione renderà facilmente evidente un fatto preciso: la menzogna dell’io.

Qualsiasi cosa Il pensiero affermi, sarà sempre in prima persona, cioè in termini di “io” o “me”; tutto viene immancabilmente riportato a questo centro o, da esso, viene diretto verso il “diverso da me”. Il centro, quindi, è il punto fisso di osservazione dell’ego, l’ineludibile attività auto-centrata del sé, l’essenza primigenia dell’egoismo; il me e il mio rappresentano, pertanto, i valori imprescindibili, la priorità insindacabile di questa attività auto-centrata ed auto-referenziata.

Per intenderci con maggior facilità, si può dire che il pensiero produce sempre affermazioni del tipo: io ho paura, io sono arrabbiato, io sono solo, io devo, io voglio, io desidero, lasciatemi in pace e così di seguito. A partire dal centro, inoltre, viene costruita una periferia, in cui si verranno a trovare il tu, il loro, il noi e persino la vita. In seguito a questo processo, l’attività del pensiero si rende responsabile della frammentazione dell’intero – ciò che è – separandone i pezzi, per poi definirli, distinguerli, misurarli, confrontarli e giudicarli, secondo una scala di valori assolutamente arbitraria. Ma ciò che è intero, resta intero e ciò che è falso, resta falso, nonostante i salti mortali per affermare il contrario.

Ma è mai possibile diventare consapevoli di tutti questi inganni sottili?
In uno stato di completa attenzione sì.

Se ci fosse un ascolto totale per l’affermazione “io sono arrabbiato”, diventerebbe evidente, da sé, che è falsa. In questo modo, provare per verificare, l’emozione di rabbia si dissolve spontaneamente, senza dover compiere il minimo sforzo per agire su di essa.
Questo principio vale per ogni affermazione il pensiero possa fare.

Un esempio: in questo momento storico si è delineata una grave crisi economica e occupazionale; le emozioni più diffuse tra gli uomini sono la paura, la preoccupazione per il futuro, la rabbia, il rifiuto dell’ingiustizia, la percezione che le risorse siano limitate, quindi non disponibili per tutti in egual misura. Ma, veramente, le risorse sono limitate? Neanche per idea! Le risorse sono una forma di energia e l’energia è sia universale, sia illimitata e indistruttibile.

Cosa comporta questo?

Se vedessimo la falsità della limitazione dell’energia non ci faremmo prendere da tutta questa preoccupazione e prenderemmo semplicemente consapevolezza che c’è qualcuno che vuole farci credere ciò, al solo fine di controllarci e di mantenerci in uno stato di competizione per la sopravvivenza e paura per il futuro di miseria che incombe.

Se riconoscessimo la falsità, dunque, ci inseriremmo in un flusso di energia inesauribile, disponibile per chiunque. Se vedessimo con chiarezza la falsità, il nostro dialogo interiore ne risulterebbe alquanto diverso, e la manifestazione fisica, che procede dall’interno verso l’esterno, non tradirebbe ciò che è vero.

Le stesse considerazioni valgono per il posto di lavoro, per il denaro nelle tasche, per il cibo, l’acqua, il tetto sopra la testa. La scarsità, quindi, è un dogma fasullo al 100%; per contro, sempre se riconoscessimo la falsità di una conclusione, potremmo realizzare, interiormente, che è proprio l’egoismo, tipicamente umano, che ostacola o impedisce la condivisione delle risorse e della ricchezza, in nome della competizione, del profitto e della convenienza. E, per quanto il sé voglia considerarsi diverso e migliore degli altri, se ci fosse l’attenzione, potremmo facilmente accorgerci che siamo esseri umani, identici ad ogni altro essere umano, per lo meno nei riguardi dei processi fondamentali che ci muovono.

Se hai notato bene, nell’esempio appena trascorso, per un istante, ho lasciato che comparisse, di proposito, una divisione: da una parte ho citato il “noi” e dall’altra “c’è qualcuno che”, cioè “loro”.

Per quale motivo fare ciò? Semplicemente per portare l’attenzione ad un altro aspetto della falsità dell’identificazione.

Non esiste nessun noi e, tanto meno, nessun loro. Esistono solamente esseri umani, o, per dirlo meglio, ognuno di noi non è “un” essere umano, bensì è L’essere umano. Non ci sono buoni, né cattivi, ma solamente esseri umani; gli esseri umani, sul piano della manifestazione fisica, sono attualmente circa 7 miliardi, ma interiormente o “spiritualmente” sono uno solo. Tutti noi conosciamo la paura, la rabbia, il conflitto, l’invidia, l’egoismo, la solitudine; tutti noi abbiamo una voce che ci parla nella testa, siamo stati feriti, abbiamo un passato, ricordi, memoria, viviamo nel tempo, abbiamo desideri, amiamo ciò che è piacevole e rifiutiamo ciò che ci disturba, vogliamo sicurezze e temiamo l’instabilità.

Siamo dunque così diversi gli uni dagli altri? Direi proprio di no.

Ogni essere umano identificato con l’io è diviso in sé, frammentato, teme per la propria sopravvivenza, compete per le risorse, cerca di accumulare sicurezze e si sente costantemente minacciato da qualsiasi cosa turbi l’equilibrio faticosamente raggiunto o che ne impedisca il perseguimento. Continuando imperterriti ad accusarci l’un l’altro per ogni cosa che non ci aggrada o per ogni obiettivo che non riusciamo a raggiungere, non facciamo altro che generare conflitto; conflitti di coppia, conflitti tra genitori e figli, conflitti lavorativi, conflitti sociali, conflitti religiosi, conflitti morali, conflitti ideologici, conflitti politici, conflitti nazionali che chiamiamo guerre. La spinta al conflitto è sempre la stessa, nel singolo come nella nazione, ed è immancabilmente prodotta dalla percezione della separazione, prima di tutto interiore e, solo successivamente, esteriore.

La falsa percezione della divisione rende il mondo esattamente così com’è, ma la falsità non è fuori di noi, purtroppo è dentro.

E’ dunque possibile riconoscere e prendere consapevolezza di questa falsità interiore?

A questa domanda puoi rispondere solamente tu.
Grazie.

Con affetto, Sid… Love*

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