Sailor Bob Adamson: Intervista. Parte 2.

Terra x Blog + Nero 2015

Bob Adamson ‘il marinaio’ australiano. Parte 2.

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Bob: Riprendiamo l’analogia del ferro nel fuoco. Mettiamo il ferro nel fuoco. Diventerà rosso come il fuoco, ardente come il fuoco. Se lo afferrate, vi brucerà come il fuoco. Ha preso gli attributi del fuoco. Adesso, toglietelo dal fuoco. Cosa succederà? Rimarrà rosso? Brucerà? Non ha sostanza di per sé. Non ha il potere di fare queste cose: di diventar rosso, di bruciare. Non ha alcun potere in se stesso. È la stessa cosa con l’idea che ho di me stesso. Se non fosse per la pura intelligenza, nel sottofondo, non potrei avere un unico pensiero. Non può sussistere da solo. Un’altra maniera di esprimerlo è ciò che ognuno di voi sta vedendo esattamente adesso. Voi ascoltate adesso, vero? L’orecchio dice: “Io ascolto”? O l’occhio dice: “Io vedo”? Le vostre chiappe sedute sulla sedia dicono: “Io sento”? (silenzio)
Allora?
Questionante: No.

B.: Cos’è che dice: “io vedo”, “io ascolto”, “io sento”? Non è un pensiero che arriva e traduce ciò che succede, come “io vedo” o “io ascolto”? Vediamola in altro modo: Il pensiero “io vedo”, vede? Il pensiero “io ascolto”, ascolta? O il pensiero “io sento”, sente?
Q.: No.

B.: Il pensiero viene dopo il fatto di vedere ed ascoltare. Tutto succede prima del pensiero. Dunque, potete vedere che è come per il pezzo di ferro. Il pensiero ha preso gli attributi di questa pura intelligenza, che registra ogni cosa così com’è e crede di avere il potere. Vedete dunque che, affrancandosi all’immagine di “me stesso”, il pensiero crede nella sua volizione, nel suo potere. In aggiunta, ha bisogno di un Dio o di qualcos’altro, per sentirsi intero, già che le cose non succedono nella maniera desiderata. Se avesse un tal potere, perché le cose non dovrebbero succedere come desiderato, già che è lui stesso a fare andar la danza? Il potenziale illimitato si è limitato nella forma di un miserabile essere umano. Ed è ciò che viviamo finché non realizziamo che non siamo mai stati questo.

Quando inizierete a questionarvi, comprenderete questi differenti punti. Vedrete chiaramente che, quest’idea o immagine che ho di me stesso, non è assolutamente ciò che io sono. È un’idea interamente basata negli avvenimenti del passato, che non solo non ha una realtà in sé, ma è anche un’immagine morta. È basata sullo ieri e gli avvenimenti di ieri. È sprovvista di vita. Appare e sparisce nell’istante presente. Come il pezzo di ferro che, arroventato nel fuoco, prende gli attributi del fuoco, così l’intelligenza-energia arroventa quest’idea, quest’immagine e questa crede di avere il potere. Ma non l’ha mai avuto!

Nel vedere che non esiste un centro, sono liberato da quest’apparente prigione. La gabbia che ho costruito attorno a me stesso, la gabbia delle limitazioni, è che credo di essere un’entità separata, una persona, un individuo. Non appena sorge quest’idea di separazione, sorge un sentimento di insicurezza, di vulnerabilità e ansietà, paure, risentimenti, auto-pietà. Anche tutto il resto decorre da questo sentimento di separazione che cerca di farsi intero o completo.

Voi siete l’atermporale! Il pensiero è il tempo che appare sul senza-tempo. Guardando da un altro punto di vista: esattamente qui, esattamente ora, ognuno respira; il cuore di ognuno di noi palpita; il sangue circola nel corpo; i capelli crescono; le unghie crescono; le cellule sono rimpiazzate; il cibo è digerito. Chi sta facendo uno sforzo perché ciò avvenga? Esiste un “me” o un’idea nella mente, che dica: “devo prendere il prossimo respiro”, “devo far battere il mio cuore”, “devo digerire il mio cibo”? O tutto ciò si fa da sé?

Non esiste un’intelligenza innata, intrinseca, un’energia in questa manifestazione del corpo, che permette al sangue di circolare nelle vene, esattamente ora? Non è forse lei a permettere i movimenti del diaframma per far rientrare l’aria e poi espellerla? Non sta portando il cibo e tutto quanto necessario a tutte queste differenti cellule? Potete sentire quest’energia. Potete sentirla nelle vostre dita e nei polpastrelli, se volete osservarla da vicino, per sentirla da vicino. Là potete sentirla pulsando, palpitando. Ad ogni istante, attraverso questi battiti e queste pulsazioni, la vita si rivela sotto questa forma di energia che è il corpo-mente. Succede senza sforzo. Produce anche il pensiero.

Quest’energia deve trovare anche delle porte d’uscita. Esce dai vostri occhi, come luce, attraverso la quale possiate vedere il mondo. Che sforzo fate per vedere? Che sforzo fate affinché questa luce sia nei vostri occhi? Qual’è lo sforzo per capire? Quest’intelligenza innata e intrinseca, che vibra in tutto il vostro corpo, registra tutto, qui, ora, così com’è. In questo esatto momento ne state facendo l’esperienza diretta. Come lo specchio che riflette ogni cosa così com’è, o come una camera fotografica tira una fotografia, esattamente così com’è, voi sentite le automobili passare, vedete i movimenti nella stanza, sentite gli odori che sono presenti. Tutto è registrato così com’è, senza correzioni, modificazioni o alterazioni , pura e semplicemente, così com’è.

La mente nomina le cose. Vi sono sempre degli intervalli tra i pensieri, là dove iniziano, là dove finiscono. Se voi li vedete e li riconoscete, questi intervalli si allungano. Vedere e ascoltare succede, senza bisogno di nominare, tutto è registrato tale e quale è. Non è nella natura della mente di essere semplice. Analizzerà – l’analisi paralizza – creando ogni sorta di storie, nell’unico scopo di perpetuarsi. La mente, dunque, interverrà per cercare di modificare ciò che è. Cercherà di correggere o di cambiare: “Questo non mi piace”, “Questo è bene”, “Questo è male”. Sorge allora una resistenza a ciò che è.

La mente traduce ciò che è registrato. Non c’è bisogno di cercare a lungo per vedere che la resistenza è conflitto. L’idea “questo non mi piace” è solamente un’idea della mente. Cos’è che non mi piace? Non mi piace la sedia o il tavolo. Com’è che io so che si tratta di un tavolo o di una sedia? Le ho nominate a partire da esperienze precedenti. Così non sto più con ciò che è. Sto coi nomi. Il nome che gli ho dato è un altro pensiero della mente. La mente è dunque in conflitto con se stessa e forma, in apparenza, una specie di blocco, una resistenza a ciò che è.

Se tutto è tale e quale è, se non c’è resistenza, cosa succede? Non esiste conflitto e le cose si esprimono così come sono. Questo non vuol dire che dobbiate schivarvi dal fare qualcosa. Ogni cosa si farà, tale e quale. Al contrario, se la resistenza sorge: “questo non mi piace”, allora cosa succede? Questo pensiero crescerà e crescerà e ciò che è iniziato come un leggero risentimento, diventerà un’energia che si esprimerà in collera, violenza o altro.

Tutti i problemi sono iniziati con questo dualismo: “me”, “l’altro”. Questo sentimento di separazione, quest’insicurezza, questo “me”, mi fanno aver paura dello sconosciuto. Poiché questo “me” è separazione, ha costantemente paura. Preferisce la situazione antica e abituale, per quanto sia spiacevole. “Io preferisco restare qui, piuttosto che fare un passo verso lo sconosciuto.”

Fate un passo verso lo sconosciuto, verso nessuna cosa (no-thing) e vedete! Come dice un vecchio detto: “Fate quello di cui avete paura e la morte della paura è certa.” Lasciate il posto all’intuito, senza ascoltare il “me”, che pensa sempre di saperne di più.

Comprendo dunque che non esiste un “me”, lo abbiamo appena visto chiaramente, capisco anche che non ci può essere un “tu”. Se non c’è né “me” né “tu” , chi è superiore e chi è inferiore? Cosa potrei volere da te? In Oriente, causa e effetto sono chiamati karma e nella religione cristiana è detto: “Ciò che tu semini, tu raccoglierai”. Sopprimete la causa: cosa succede all’effetto? Sparisce anche lui. Non può esserci effetto senza causa. È tutto quello che deve succedere.

Senza la mente, senza il pensiero, esattamente ora, fermate il pensiero solo un istante. O allora mantenete la mente ripetendo: “nessuna mente, nessun pensiero”, “nessuna mente, nessun pensiero”. Ad ogni altro pensiero voi dite “nessun pensiero”. Facendo ciò, avete smesso di ascoltare, di respirare, di sentire o di vedere? Realizzate, dunque, che ogni cosa veniva registrata anche quando la mente era occupata dal pensiero: “nessun pensiero”. È un’altra prova che voi non siete la mente. La causa di tutti i miei problemi è il “me”, questo centro, quest’immagine da cui dipende ogni cosa. Quest’immagine morta non è la vita, riposa sullo ieri. Se quest’immagine non è qui, la vita, allora, è presente in tutta la sua pienitudine.

Non sapete che quest’intelligenza vi ha portati attraverso tutti questi drammi, traumi e avvenimenti diversi? Vi ha portati attraverso tutto ciò, fino a questo giorno, qui e adesso. Non sapete che continuerà? Continuerà a prendersi cura del corpo-mente, questa forma di energia, fintanto che questo corpo-mente perdurerà. In questo e senza sforzo, non esiste un grande sentimento di libertà? La libertà di essere, ciò che io sono in tutti i casi. […]

Q.: Bob, cosa potranno trovare i lettori in questo libro?
B.: Se seguono il libro e posano uno sguardo su se stessi, vedranno dapprima che non sono ciò che credono essere. Questo li porterà alla comprensione o alla conoscenza che non sono quest’entità separata, che è la causa di tutti i loro problemi. Se la causa è vista come falsa, cosa ne sarà dell’effetto? La cosiddetta sofferenza psicologica che gli umani provano, sparirà. Non è necessaria.

Q.: In questa comprensione, quando esiste apertura, cosa succede ai ricordi e alle attese verso il futuro?
B.: I ricordi sono sempre lì e possono essere evocati nel momento. La memoria è una cosa buona, quando viene utilizzata. Tutte le credenze di un’identità separata cadono e voi realizzate che le cose sono successe come sono successe e non per via di una persona. Per quanto concerne alle attese per il futuro, non ce ne sono. Perché inquietarsi per qualcosa che non è ancora qui, quando possiamo essere con l’attualità?

L’essenza della vita sta nel presente, tutta la vitalità è qui. Perché perdere il proprio tempo con qualcosa che ancora non è successo, quando potete essere totalmente con ciò che è? Quando il condizionamento fa presa su di noi, sembra che perdiamo di vista la nostra vera natura. Ma quando questa ci viene mostrata, noi la vediamo e non possiamo più ignorarla. Voi sapete che non l’avete davvero mai lasciata. La vera natura non è nulla ma è il potenziale illimitato nel quale ogni cosa appare o scompare.

Q.: Bob, avete trovato certi scritti di differenti tradizioni che ragionino con questa comprensione, potete parlarcene?
B.: Ebbene, il primo che mi ha in qualche modo aperto è l’Avadhut Gitã, quando stavo all’Ashram (di Muktananda). Sentivo che c’era qualcosa lì che non riuscivo affatto a cogliere. Mi piaceva ritornarci e rileggerlo. Dopo Nisargadatta, era molto chiaro. Da allora, le cose che leggevo, lo confermavano. Potevano dire la stessa cosa con delle parole differenti e in una maniera differente. Tutto quello che facevano era confermare ciò che sapevo già.

Q.: Quali erano gli altri scritti che avete trovato?
B.: Numerosi scritti dello Dzogchen ed altre scritture antiche, ivi compresa Sengtsang (Sosan) della tradizione Zen. Alcuni di questi scritti sono così belli. Ci riportano permanentemente a Quello. Sgorgano dalla fonte, potete sentirlo. In un’altra scrittura è scritto: “Siate liberi dai pensieri”. Molti equivocano su quest’espressione. Pensano che debbano rigettare questo pensiero e il prossimo, non pensare. Lasciate il pensiero libero, lasciategli fare ciò che vuole. Proprio come le nuvole, che non sono attaccate al cielo, i pensieri passano.

Q.: Quando vedo che la mente non è mai soddisfatta e cerca incessantemente di catturare la conoscenza del presente per stoccarla e continuare a cercare qualcos’altro, immaginando che adesso ce l’ha… vedo che è assolutamente inutile. Tutto ciò che che devo essere, è questa immediatezza.
B.: Non potete essere nient’altro! Ma noi non lo realizziamo. Vedete, è l’onnipresenza. Non può essere nient’altro che Quello. Pigliate questi ricordi d’infanzia. Come conoscete questi momenti? Avevate lo stesso corpo di adesso? Avevate la stessa immagine di voi stessi che avete ora? No. Voi li conoscete attraverso questa intelligenza innata, che non è mai cambiata. È la definizione della realtà: ciò che non cambia mai.

Il corpo cambia, l’immagine di voi stessi è cambiata e il punto di riferimento, o il centro-io, è cambiato, ma Quello non è mai cambiato. Tutta la manifestazione cambia costantemente. Tutto è Quello, apparendo come differente. È difficile coglierlo per la mente. La mente è tempo e spazio, ma Quello non ha tempo. È senza inizio, senza fine. Quello non ha spazio, né dimensione. La mente non può comprenderlo. IL cosiddetto “un attimo fa” non ha lasciato questa onnipresenza, malgrado così sembri aver fatto.

Diamo a quest’apparenza una durata. Posso dire “un attimo fa” o “un anno fa”, ma cosa fate in realtà? Avete solamente evocato il concetto: “un attimo fa” o quest’altro: “un anno fa”. Tentate di evocare il concetto: “un milione di anni fa”? Qual’è la differenza? Voi siete movimento. Senza punti di riferimento, come potete dire dove questo inizia? Tutto ciò che vedete è oggettività. Tutto ciò che vedete è oggetto. Siete coscienti di pensare, è un oggetto. Ma noi non includiamo questo corpo-mente come oggetto. Pensiamo di essere questo che vede gli oggetti. Pensiamo di essere il soggetto. Ma quando io vi vedo, vedo un oggetto. Dunque anche voi siete un oggetto. Quando voi stessi realizzate questo: “sono solamente un oggetto”, allora non rimane che il vedere. Poiché non si può separare il “vedere”, quando guardate – non importa dove – non vedete nulla. Malgrado ciò, è visto.

Come potete chiamare ciò che vien visto, se non mettete delle etichette? Non potete chiamarlo, per cui è nulla. Ciò che vedete attualmente è dunque niente. Guardiamola in questo modo: provate a mostrarmi lo spazio. Non potete, ma voi lo vedete! Non lo registriamo come una cosa, eppure non si passa un solo momento, senza che lo vediate. Sappiate che non siete mai distratti. Non siete mai lontani da Quello. Non potete dimenticarlo, già che l’apparente dimenticanza, è anche lei Quello.

Q.: Bob, cos’è la base, l’essenziale?
B.: L’essenziale è: qui, ora, siete presenti e siete coscienti di essere presenti. Realizzate che siete l’uno-senza-secondo, la pura coscienza-presenza e siate ciò che voi siete.

Tratto da: “Living reality”, cap.2° “Sailor Bob e Barb arrivano”, traduzione di Isabella di Soragna.

Fonte del Post: https://ilterzoorecchio.wordpress.com/2007/03/19/bob-adamson-%E2%80%98il-marinaio%E2%80%99-australiano/

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