Satya Sai Baba: Chi sono io?

Chi sono io?

Nei brani che seguono, tratti da discorsi o testi scritti da Sai Baba stesso, vengono date risposte ad alcune domande che ciascun ricercatore si pone durante il proprio percorso di autoconoscenza di sè, cominciando dalla più famosa” Chi sono io?”.

“Chi sono io?”

“Perchè ho la sensazione di essere io l’autore delle mie azioni?”

“Di che natura è la coscienza di sentirsi in sè capaci di gioia’?”

“Perchè si nasce e perchè alla fine si muore?”

“Potrò mai essere libero da questo samsara, da questa serie di entrate ed uscite di scena?”

Il tentativo di trovare delle risposte a queste domande è ciò che gli antichi rishi [saggi vedici] definirono “tapas”: il fuoco dell’ascesi. Una persona, quando fissa il proprio intelletto sullo sviluppo di una simile ricerca, s’incammina sulla via dell’ascesi.

Quando il ricercatore è giunto a questo punto, accostando il tesoro dei sacri testi (shastra), la Rivelazione dei Veda e si lascia orientare all’ascolto, alla riflessione e mette in pratica i suggerimenti ricevuti da un vero “guru”, allora è sulla via buona della ricerca del sè. Il guru però, secondo i veda deve essere “shrotriya e brahmanishtha” e non un erudito che ha appreso dai libri la verità ed è competente in questioni dottrinali.

Il guru del tipo shrotriya è persona che è indiscutibilmente fedele alla tradizione sacra e alle scritture vediche e che aderisce con zelo scrupolosissimo alle norme e alle proibizioni ivi prescritte. Il guru del tipo brahmanishtha viene ora spiegato da Sai Baba:

Il guru del tipo brahmanishtha si riferisce ad una persona che è costantemente assorta nella contemplazione o Coscienza del Divino. Nessun dubbio lo tormenta, nessun divertimento lo distrae, giacchè ha conquistato una fede incrollabile nel Sè. Nei confronti del mondo materiale è indifferente e vede tutti i livelli della creazione come Dio, come la manifestazione del Principio divino.

Le sue attività, le sue decisioni sono in armonia con questa consapevolezza. La sua visione abbraccia tutto il tempo, poichè egli conosce passato, presente e futuro; si pone aldilà delle tre dimensioni, da cui al contempo non è condizionato: il suo essere è immerso nell’Unico e Solo Spirito. Le distinzioni, le differenze, i dualismi e le disparità non lo toccano affatto, perchè egli è in perenne stato di beatitudine.

Trovate le domande, accostato il tipo di maestro che i veda suggeriscono al ricercatore, e considerato pure che alla fine della fiera solo il Sé può essere guida, compagno e consigliere in questo viaggio, in quanto nemmeno i “guru” così designati possono venire in nostro aiuto e soccorso, resta ancora uno scoglio da superare: la paura della morte.

E’ necessario affrontarla e non girarci intorno, tanto non esiste un modo per scansarla. Quindi, coloro che provano l’intenso desiderio di acquisire la somma sapienza, che è foriera di liberazione, dovrebbero analizzare a fondo il fenomeno della morte e rifletterci sopra, anche perché, alla domanda posta dallo Yaksha a Yudhisthira nel Mahabharata di quale fosse la più grande meraviglia del mondo, quello rispose: “Pur vedendo ogni giorno morire della gente, non si pensa mai che tocchi a sé. Che c’è di più stupefacente di questo?”

Anche Patanjali considera la condizione del “non visualizzare la propria morte” come un klesha, un problema da risolvere, una maculazione (abhinivesha: non voler morire, non accettare la propria morte).

Lo stesso dice Sai Baba:

“Tutti sanno di dover morire, un giorno o l’altro, eppure ognuno vuole aggrapparsi alla vita e nessuno vuole morire, questo è dovuto ad abhinivesha Klesha che affligge l’uomo”.

“La morte non deve incutere alcun timore e non deve essere considerata un evento infausto. Non sfuggite il problema illudendovi che la morte tocchi solo agli altri e che non capiti a voi, giudicandola ora inopportuna e sconveniente. La ricerca sulla morte, in realtà, è una ricerca che scava dentro la propria Realtà interiore.”

“La discriminazione, dono speciale riservato all’uomo, va impiegata per chiarire la misteriosa realtà dell’Universo visibile, la sua natura a la sua fondatezza. L’evento della morte è il primo motivo che mette in discussione il problema.

“Chi sono io?” è dunque una domanda che non permette di ignorare quel fatto o di escluderlo come non meritevole di considerazione. Non si deve sottrarsi per paura, poichè con questo comportamento andreste a ridurvi ad infimi livelli, che vi condurrebbero in uno stato di ignoranza, di stupidità e pianterebbero nella vostra mente il germoglio dell’insensatezza. Non fareste che tenere in piedi i pilastri di maya, le fondamenta dell’illusione”.

Vediamo dunque che Sai Baba collega l’indagine sul sè, che nel vedanta è esplicitata dalla domanda “Chi sono io”, all’indagine sulla morte. Invita ad analizzare a fondo il fenomeno della morte e a rifletterci sopra, in modo da individuare e percorrere il sentiero che porta alla Beatitudine eterna e immutabile: nityananda.

Sai Baba conclude le sue istruzioni pratiche per il ricercatore che affronta l’indagine tramite la domanda “Chi sono io”, ricordando che in verità esiste solo l’Uno, il Parabrahma, il Sé. E poi richiama la tradizione dell’advaita vedanta citando Shankara:

“Brahman Satyam

Jagat Mithya

Jivo Brahmaiva Na Parah”.

Traduzione: “La sola verità è Brahman. La creazione, il mondo, è un miraggio. Il sé dell’individuo non è altri che Dio stesso”.

Poi rincara la dose, se del caso non ci fosse chiaro il percorso da intraprendere:

“Tutto ciò che accade nell’universo umano è irreale quanto l’esperienza di un sogno: appare e scompare, per poi apparire di nuovo. I piaceri e le gioie che si sperimentano nella vita sono dei miraggi che si presentano sulle sabbie desertiche dell’odio, dell’invidia, dell’avidità, dell’ego.

Or dunque, come può diventare maestro chi ripone la sua fiducia in questi miraggi, come fossero delle realtà da rincorrere? Sarà giusto considerare saggi coloro che sono ad occupare il trono di un’autorità fallace, predicano ciò che non praticano ed espongono agli altri degli ideali che essi stessi ignorano? Non sono autentici, giacchè non hanno in se stessi nemmeno un atomo dell’essenza che fa il Maestro.

Solamente Sarveshvara, il Signore di tutto, è il Maestro vero e genuino. E’ lui la via per tutti i ricercatori: si tengano saldamente uniti a questa fede”.

Tratto da: “Paramartha Bharatiya Vahini: il fiume dei valori spirituali dell’India” – Collana Vahini “La verità di Sai”, Mother Sai publications. Sathya Sai Baba.

Vivekacudamani, 20, Ed. Asram Vidya

Fonte del Post: http://www.vedanta.it/index.php?option=com_content&view=article&id=298&Itemid=822

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