Aiutooooo!!! Non mi sopporto più!

Terra x Blog + Nero 2015

Non mi sopporto più!

“Aiutooooo!!! Non mi sopporto più! Come posso liberarmi di me?!”

Succede, a volte. Qualcosa dentro comincia a bastonarci di rimproveri e, più cerchiamo di sfuggire quel borbottio assillante e brontolone, più la voce nella testa si accanisce, snocciolando un rosario interminabile di disgrazie. Un Critico Interiore non perde occasione per rimproverarci, lasciandoci sconfitti e privi di fiducia nelle nostre possibilità.

Nascosto tra le sue gambe, c’è un Bimbetto Spaventato che teme il giudizio degli altri. Il Critico, per paura di esporlo al biasimo del mondo, non gli risparmia la sua arringa, certo che sia preferibile una disapprovazione intima e costante, piuttosto che la condanna della società.

Nel tentativo di proteggere la nostra vulnerabilità da delusioni ben peggiori, il Critico ci critica in continuazione, spinto dal nobile obiettivo di fortificarci e renderci capaci di misurarci con la durezza dell’esistenza, ma ignaro di quanto le sue accuse ininterrotte possano diventare esasperanti.

Per sfuggire a questa tirannia è indispensabile ridimensionare il confronto spietato con le persone che abbiamo attorno, imparando a vivere con più tolleranza noi stessi e gli altri. Possiamo stimarci e volerci bene solo quando smettiamo di proiettare il disprezzo e accettiamo la molteplicità dei punti di vista come una ricchezza, invece che come una pericolosa mancanza di uniformità.

I Maya si salutavano l’un l’altro con il detto tradizionale: In lak’ech, che significa: “io sono un altro te stesso”. In lak’ech esprime una fratellanza basata sull’accoglienza di tutte le diversità.

Ogni persona che incontriamo ci racconta qualcosa di noi, mostrandoci una differente possibilità di essere. Ognuno incarna un aspetto del nostro mondo interiore. I Maya avevano compreso che, alla base di ogni rapporto, ci deve essere unità e sapevano scorgere nell’altro una manifestazione diversa della stessa Fonte.

Oggi, il razzismo si annida in fondo all’anima e ci impedisce di accogliere la pluralità del Tutto, rinchiudendoci in schemi di pensiero prestabiliti, che chiamiamo: razze, istruzione, intelligenza… scatole di pregiudizi che imprigionano la molteplicità e impediscono di avvicinarci gli uni agli altri.

Una cultura nuova deve partire da un modo nuovo di interpretare se stessi e la vita. Non più vittime di un giudizio discriminante e foriero di guerre, ma intenzionati a scoprire la vastità dell’esistenza, osservando nell’altro i modi di essere che ancora non siamo riusciti a integrare dentro di noi. Facile a dirsi!

Le cose si complicano quando chi abbiamo di fronte impersona gli aspetti che giudichiamo sbagliati in noi stessi. La brutalità, l’ingiustizia e la prepotenza sono modi di essere che non vorremmo vivere. MAI. Caratteristiche che non ci piace avere e che cerchiamo a tutti i costi di evitare.

Tra il bene e il male, scegliamo sempre il bene. Questa nitida divisione, però, è l’origine di tanti conflitti e di tanta sofferenza. La violenza e la crudeltà, in principio, esistono dentro noi stessi e, benché non ci piacciano, fanno parte del pacchetto di possibilità che la vita ci ha messo a disposizione e che dobbiamo imparare a gestire. E ad evolvere.

Salvaguardare il bene, eliminando il male, può diventare molto pericoloso, quando ci spinge a proiettare all’esterno le cose che giudichiamo sbagliate. Dividere il mondo in buoni e cattivi, porta a combattere i cattivi, come se fossero dei nemici. Le divisioni generano le guerre.

Una società della pace deve imparare ad accogliere anche la malvagità, non per autorizzare la sopraffazione, ma per evolvere l’aggressività, convogliandone l’energia in forme più gratificanti e positive. Integrare ciò che consideriamo mostruoso, permettendoci il coraggio di scorgerne l’esistenza in noi stessi, è il passaggio fondamentale nella transizione verso un mondo migliore.

In lak’ech ci rivela il segreto di una cultura basata sull’amore. Non escludere niente da se stessi. Per raggiungere questo traguardo è necessario osservare con sincerità i propri vissuti profondi, esplorando il dolore nascosto dietro gli atteggiamenti che ci appaiono negativi.

In natura niente è sbagliato e tutto esiste in continuo mutamento e miglioramento. Ma nelle profondità dell’inconscio: l’ansia di essere giudicati, crea il giudizio. L’angoscia di essere emarginati, genera il disprezzo. La paura di essere abbandonati nasconde l’autenticità dietro l’urgenza di compiacere gli altri. Il desiderio negato di affermare i propri talenti crea la violenza.

Nessun bambino nasce cattivo. La cattiveria è la conseguenza di un surgelamento emotivo, che segnala una difficoltà ad esprimere le proprie capacità.

Quando, nel mondo interno, la sofferenza diventa insopportabile, la proiezione consente di allontanare il dolore combattendolo all’esterno, come se non ci appartenesse più. In lak’ech è la chiave che aiuta a ritrovare la Totalità da cui tutti proveniamo e che restituisce profondità alla vita. Ma per comprenderne il significato, senza distorsioni, è necessario affrontare l’angoscia celata dietro ogni discriminazione. Senza sfuggirla.

Etichettare gli altri come mostri, conduce a combatterne la violenza con violenza. I mostri, infatti, incarnano i comportamenti che abbiamo escluso dalla nostra consapevolezza, le colpe che preferiamo occultare anche a noi stessi. Nel mondo intimo di ciascuno, le cose che disapproviamo diventano orrori da eliminare, nemici da distruggere, senza se e senza ma. La crudeltà, l’emarginazione e la guerra sono espressioni della paura distorta di essere pienamente se stessi e segnalano una mancanza di verità interiore.

Fuori dal gioco difensivo della proiezione e della rimozione, infatti, possiamo osservare la vita in tutte le sue manifestazioni, senza accanirci a combatterle, ma concentrando le energie e le risorse per creare armonia.

Così, mentre siamo pronti a puntare il dito contro i nostri simili, la musica cambia quando la violenza è considerata naturale e non riflette vissuti giudicati illeciti. I fenomeni della natura sono meno evocativi per i nostri scenari interiori e questo ci consente di accoglierli senza combatterli, cercando di evolverne l’energia in forme più produttive e appaganti. Tutto ciò che è naturale, non è né buono né cattivo, fa parte della vita e possiamo impegnarci a evitarne i danni senza bisogno di giudicarlo.

Sappiamo tutti che il vento forte può distruggere le abitazioni, ma non lo osteggiamo come fosse un avversario malevolo, abbiamo imparato a sfruttarne la potenza in modi utili e a costruire edifici più stabili. Osserviamo un gattino che si diverte a cacciare i passeri in giardino, ma non lo consideriamo un pericoloso criminale. Facciamo in modo che non possa tormentare i nostri amici pennuti, mentre tentiamo di abituarlo a una convivenza pacifica.

Le cose che non coinvolgono direttamente il mondo interno, possono essere accolte e gestite con intelligenza, cercando di trasformarne le peculiarità in risorse. I mostri prendono forma quando evocano qualcosa che, un tempo, era vivo dentro di noi e che è stato rinnegato. La violenza con cui ci sforziamo di eliminare dalla psiche gli aspetti che non ci piacciono, genera la violenza nel mondo.

Una cultura nuova, priva di discriminazione e di giudizio, ha bisogno di integrare anche le nostre parti crudeli. Questo non vuol dire permettersi di agire impunemente la crudeltà. Al contrario! Significa accettare l’aggressività, annidata dentro noi stessi, per evolverla e trasformarla, fino a liberarne le potenzialità costruttive.

La strada per la pace è l’accoglienza della Totalità del mondo interiore. Integrare i Sé Rinnegati, senza giudicarli e senza discriminarli, è il primo passo verso una società capace di vivere in armonia. Con tutti.

Carla Sale Musio

Fonte del Post: http://carlasalemusio.blog.tiscali.it/2017/01/17/non-mi-sopporto-piu/?doing_wp_cron

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