Alan Watts: Niente da capire. 4 di 6.

Terra x Blog + Nero 2015

Non C’è Niente Da Capire. Parte 4.

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Quando chiesero al vecchio maestro Hiakajo che cosa fosse lo Zen rispose: “Quando ho fame mangio, quando sono stanco dormo”. Obiettarono: “Ma non è questo quel che fan tutti?”. “Oh, no” rispose “niente affatto. Quando hanno fame non mangiano e basta, bensí pensano a un mucchio di cose. Quando sono stanchi non dormono e basta, ma sognano un mucchio di cose”.

So che agli junghiani questo non piacerà, ma viene un tempo in cui si smette di sognare e non si sogna più del tutto. Si dorme profondamente respirando sonoramente. Per questo lo Za-zen, ossia lo Zen seduto, è una gran bella cosa per il mondo occidentale. Siamo andati troppo in giro. Non c’è niente di male: siamo stati attivi e con la nostra attività abbiamo fatto un sacco di cose buone. Ma, come disse Aristotele molto tempo fa — e questa è una delle cose belle dette da Aristotele –: “l’obiettivo dell’azione è la contemplazione”. In altre parole: fare, fare, fare, fare, fare, ma a che scopo?

Specialmente quando si è indaffarati perché si pensa di arrivare in qualche posto, di prendere qualcosa, di ottenere qualcosa. È un bel salto di qualità nell’azione sapere che non si sta andando da nessuna parte. Se agirete cosí come danzate, o come cantate o come suonate, allora non andrete davvero da nessuna parte, e il vostro agire sarà puro. Ma se agirete col pensiero che, come risultato dell’azione arriverete infine in quel tal posto dove tutto va bene, allora siete chiusi in una gabbietta per criceti, condannati senza speranza a quel che i buddisti chiamano samsara, la ruota, la rincorsa di topi che sono nascita e morte, perché crederete di arrivare da qualche parte.

Voi siete già arrivati. Solo una persona che abbia scoperto d’esser già arrivato è in grado d’agire, perché non agisce freneticamente pensando di dover arrivare in qualche posto. Agirà come se facesse una meditazione camminata, nella quale, sapete, non si cammina perché si ha una gran fretta di arrivare in qualche posto, ma perché camminare è in sé una cosa meravigliosa. La meditazione è il cammino stesso. Quando osservate i monaci zen camminare, è una cosa affascinante. Camminano in modo diverso da chiunque altro in Giappone. La maggior parte dei giapponesi ha un’andatura strascicata, oppure, se indossano abiti occidentali, vanno in fretta e furia come facciamo noi. I monaci zen, invece, hanno una peculiare andatura e trasmettono la sensazione di camminare come i gatti. C’è qualcosa di particolare, che non è esitazione: procedono determinati, senza vagare, ma camminano solo per camminare. E questa è la meditazione camminata.

Il punto è che si può agire creativamente solo sulla base della stasi, avendo una mente capace, di tanto in tanto, di smettere di pensare. Questa pratica dello star seduti può sembrare all’inizio molto difficile perché, sedendosi alla maniera buddista, le gambe fanno male. La maggior parte degli occidentali sperimenta irrequietezza e trova assai noioso star seduta a lungo, ma la ragione per cui lo si trova noioso è che si continua a pensare. Se non si pensasse, non si noterebbe il passare del tempo ed è un dato di fatto che il mondo, se osservato in assenza di chiacchiericcio mentale, diviene incredibilmente interessante, anche gli oggetti e i suoni più ordinari e quotidiani, anche il gioco delle ombre sul pavimento davanti a voi… Tutte queste cose, se non vengono più etichettate dal pensiero che dice: “Questa è un’ombra, questo è rosso, questo è marrone, questo è il piede di qualcuno…”, quando non si dà più ad esse alcun nome, allora s’incomincia a “vederle”. Perché, quando una persona dice: “Vedo una foglia”, immediatamente pensa a una forma lanceolata dal contorno nero e riempita di un verde uniforme. Beh, nessuna foglia ha un aspetto del genere. Nessuna foglia. Le foglie non sono verdi.

Questa è la ragione per cui Lao-zi disse:

“I cinque colori acciecano l’occhio,
i cinque toni assordano l’orecchio,
i cinque sapori ottundono il palato”.

Perché, se riuscite a vedere solo cinque colori siete ciechi, se riuscite ad ascoltare solo cinque note siete sordi. Se costringete il suono in un modello pentatonale, o un colore in un modello pentacromatico, allora siete sordi e ciechi. Il mondo del colore è infinito, come il mondo del suono. Solo smettendo di appuntare concetti al mondo del colore e al mondo del suono comincerete davvero a “sentire” e a “vedere”. Fine parte 4.

Alan Watts

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Fonte del Post: http://www.crescitainteriore.com/?p=596