Alexandra David-Neel: Insegnamenti dei Buddhisti Tibetani.

Gli insegnamenti segreti dei Buddhisti Tibetani.

“È importante verificare ogni insegnamento con la comprensione personale, prima di accordarvi credito.”

Le informazioni sui fenomeni le riceviamo dai nostri sensi. “Abbiamo dato nomi ai vari oggetti, li abbiamo classificati e composto con essi un universo familiare, come la casa che abbiamo ammobiliata. Si tratta di rimettere in questione l’intorpidimento, creato dall’abitudine di muoverci senza curiosità nel nostro universo, persuasi che conosciamo perfettamente la natura del suo mobilio.”

Se potessimo vedere una macchiolina verde, della misura di un’unghia, dallo spazio, sarebbe un ragionamento o memoria e non un fatto quello di vedere un albero. Forse sarà un albero, ma non è una certezza, potrebbe essere una casa verde o altro. La verità è che abbiamo provato una sensazione, un contatto fugace di un organo sensoriale e uno stimolo… il resto è interpretazione.

Vi sono dunque due mondi: quello del contatto puro, senza la tinta delle memorie e quello delle formazioni mentali (samskaras), ossia le interpretazioni.

Il primo di questi mondi rappresenta la Realtà che sfugge a qualunque descrizione o interpretazione, che le farebbe perdere il suo carattere di realtà.

Il secondo è quello delle formazioni mentali causate dal contatto-stimolo. È il mondo in cui viviamo.

Tutti gli oggetti, in realtà, sono solo movimento, una successione rapidissima di lampi di energia molto simili, impercettibili, fatto di cause multiple, che danno l’impressione di unità e che creano l’evento. Evento significa qui “qualcosa che si produce”, non qualcosa d’importante. Come un seme, in apparenza inerte, da molto tempo in solaio e che un giorno inizia a germogliare.

Anche se crediamo di guardare per qualche tempo la stessa cosa, che ci appare solida e omogenea, in realtà, sono solo contatti ripetuti e rapidi e non identici, che oltrepassano la nostra capacità di percezione, poiché nulla di ciò che esiste, è immobile.

L’oggetto percepito è un universo e la somma di particelle in movimento. Anche l’occhio, dopo un primo contatto, non è più lo stesso e continua a modificarsi. L’interpretazione che introduce la sensazione nella coscienza, dunque, deforma la percezione iniziale: il termine “reale” corrisponde solo a un’idea adottata. Un’esperienza dunque, non ci farà mai toccare la realtà assoluta, poiché i sensi forniscono solo spiegazioni a cui si aggiungono le memorie.

Non potremo mai entrare in contatto con un vero albero o un vero cavallo, poiché la prova sarebbe soggetta ancora sulla testimonianza dei sensi.

In sostanza, noi osserviamo il passato e quello che “sappiamo”.

“Coscienza significa sempre “conoscenza”: si tratta di sapere. Ogni azione, sia fisica che mentale, ogni movimento nel mondo fisico o mentale dà luogo a un’emanazione di energia, ossia un “seme”. Questo seme, come qualunque altra cosa – se il momento è favorevole – tende a produrre un’entità della stessa specie che l’ha emessa.

Un granello di quercia tende a produrre una quercia e così i semi-energie proiettati nell’universo, come il desiderio o l’avversione, l’amore o l’odio, mantengono e accrescono la sfera dell’attività creata e riproducono il simile ai loro genitori materiali o psichici. Le aspirazioni non realizzate che tratteniamo, i pensieri di qualunque natura, proiettano incessantemente dei semi. Inoltre, l’attività oscura, sempre all’opera nel nostro essere, è il più forte produttore di semi.

“Lo studente, durante la meditazione, sorveglia la mente e contempla l’apparizione e la sparizione di idee, desideri, ricordi, che passano come una processione di bolle effimere che scorrono lungo un fiume. La mente è solo una collezione di questi fenomeni. I pensieri non sono nostri, sono collettivi, come il fiume composto di incalcolabili istanti di coscienza-conoscenza, che proviene dall’impenetrabile eternità.”

“Gate, gate, paramgate, parasamgate, Bodhi, svaha! “O saggezza che è andata oltre, oltre all’aldilà dell’aldilà, a te rendo omaggio!”

“Arrivare all’altra riva, significa andare oltre qualunque concetto, anche quello della saggezza trascendente, perché anch’essa è un’idea della mente, solo una zattera per attraversare, solo uno strumento, non un traguardo”. Del resto “Il paese che non è da nessuna parte è la vera patria”. Esiste poi un viaggiatore che compia un passaggio? Esiste un “qualcuno” che arrivi all’altra sponda?

Se così fosse, il viaggiatore porterebbe con lui “questo” lato in quello “oltre”, un po’ come si porta la polvere attaccata alle suole delle scarpe. Trasformerebbe l’altra riva in questa riva qui, poiché qui e là sono in lui, sono lui stesso e all’infuori della mente che pensa, di qui e là non ce ne sono altri.

Passare aldilà delle virtù, dei vizi, delle opinioni e credenze significa passare aldilà delle costruzioni mentali che lo spirito edifica senza sosta e riconoscere, con la visione penetrante, che sono vuote, prive di realtà.”

“Il nirvana non è l’annullamento di qualcosa che NON è mai esistito, ma quello delle vedute false, l’ignoranza, o meglio la credenza di un “io” indipendente.”

“Se si parla della pratica del “non-agire”, non si tratta di predicare l’inerzia, (che sarebbe ancora uno sforzo) o di astenersi dal fare qualcosa, poiché è impossibile ad un essere vivente non fare nulla. Gli atti abituali (mangiare, dormire, camminare, leggere…) fanno parte della vita. Il non-agire significa astenersi dall’attività disordinata della mente, che costruisce il mondo immaginario in cui s’imprigiona, come la crisalide nel bozzolo.

L’attività deve scorrere col fiume dell’esistenza senza impedirla e contemplandola come uno spettatore interessato, forse divertito anche, ma sempre distaccato, pur sentendosi in unità con lo spettacolo, immerso nel flusso e fluente con esso.”

Vi sono due vie: una diretta, come quella dell’alpinista che prende la scorciatoia ripida e pericolosa, l’altra, larga e facile, per i passeggiatori che non aspirano forse nemmeno alla vetta. Quest’ultima è per i pellegrini che indugiano a lucidare la catena d’oro delle virtù: la catena di ferro è quella dei vizi, anche se entrambe mantengono la schiavitù.

“Il più grande dei santi, pur avendo sacrificato tutto per un nobile e compassionevole ideale, rimane prigioniero del samsara, se non ha capito che tutto questo è un gioco di bambini, senza realtà, fantasmagorie che la sua mente proietta sullo schermo infinito della Vacuità.”

“Potrebbe però essere imprudente predicare a un individuo dallo spirito ottuso che non c’è Bene o Male, che i suoi atti NON hanno importanza e che non ne è l’autore. Egli non può capire la coesistenza dei due mondi, quello dell’Assoluto, della Vacuità e quello della relatività, in cui il pellegrino compie il viaggio della sua vita.”

“Nemmeno si tratta di risvegliare il disgusto per la vita nello studente, poiché l’avversione è una forma di attaccamento che lega a ciò cui si dà importanza. Se recita la parte di un re, non ne trae orgoglio, se quella di un povero mendicante non prova vergogna. Deve verificare da sé che nulla gli appartiene, non proviene da lui: lui, mentalmente e fisicamente, è la folla degli altri. Questi comprendono l’atavismo, l’eredità prima della nascita, il passato e tutto ciò che ha assimilato fisicamente e mentalmente. Esse non sono memorie di vite precedenti, ma coesistenti nel presente, creando un fascio di energie che chiamiamo individui. “

Sutra 42 : “…Agli occhi del Buddha gli splendori dei re sono come sputi e polvere… oro e tesori come sassi…”

L’atteggiamento, invece, di chi ha profondamente penetrato la natura rappresentata dai sensi è questo: egli non distoglie lo sguardo e non prova disprezzo né disgusto per nessuna cosa, ma le vede VUOTE. Questo non significa il nulla, che è ancora un concetto. Il Nulla Assoluto è inconcepibile. Chi dice “nulla” deve pur esserci, per averne un’idea e rimane un’immaginazione.

Vuoto, quindi, significa privo di natura propria. Come una casa è un INSIEME o gruppo di elementi interdipendenti, come lo è l’ego, si può dire che ogni cosa è vuota perché non si trova nulla al di fuori delle parti che lo costituiscono. Si può anche dire “relativo” o in relazione con qualcos’altro. È vuoto di natura o essenza propria. Si arriva quindi al vuoto come origine di ogni cosa.

“Dagli insegnamenti segreti, l’origine delle cose non si pone in nessun luogo né tempo (n.d.t. la non-località dei fisici moderni era già nota secoli fa (=adesso) in Tibet), si produce ora, ad ogni istante, nella mente e poi sparisce. Ad ogni istante l’immagine soggettiva del mondo sorge, per dissolversi l’istante dopo, come onde nell’oceano. Questa potenzialità indefinibile, origine del mondo illusorio, è un contatto fuggitivo con un istante inconoscibile della Realtà che le memorie (vasanas) velano subito, sovrimponendovi le immagini che vediamo.

La Realtà, l’Assoluto è vuoto di tutti i nostri concetti.

“Lo studente che ha compreso che la vita è un sogno, da lui stesso alimentato con immagini gradevoli o terrificanti, può sforzarsi di impedire che il suo sogno diventi un incubo. Può sforzarsi di ammobiliare questo mondo relativo, da lui creato, con oggetti atti ad assicurare il proprio benessere.

Oggetti e scenari illusori ma efficaci, reali per il sognatore, che è fatto della loro stessa sostanza, partecipanti allo stesso modo a un’esistenza illusoria. Oppure il sognatore avvisato può smettere di compiacersi a sognare, come quei sognatori che si dilettano con le fantasmagorie e insistono a non volere veramente svegliarsi.

Perché temono il risveglio, perché immaginano mondi infernali o paradisiaci dopo la loro morte? Perché temono di veder svanire con le immagini sognate l’IO illusorio che ne è parte integrante. Non hanno visto ancora che il vero viso di questo IO chimerico è quello della morte.

Finché esiste l’idea di questo IO impermanente, aggregato provvisorio di elementi, sussiste anche la morte. È la sparizione di questo fantasma dal campo della nostra attività a cui il Dhammapada buddista fa allusione, quando ci parla di colui per il quale la morte non esiste. Il risveglio è la salvezza. I Buddha non hanno realizzato altro e questo risveglio ha fatto di loro dei Buddha.

Alcuni si domanderanno che posto darà il “risvegliato” agli “altri” nella sua nuova condizione? Esistono realmente degli ”altri”? Sono forse come gli altri oggetti che ammobiliano il nostro ambiente, una proiezione del nostro pensiero? Se i nostri sensi ci ingannano su tutto, dobbiamo credere a loro, quando ci pongono davanti l’immagine di un altro, totalmente distinto da noi?”

Non essendo “svegli” non possiamo farcene un’idea, come il dormiente assorto nel sogno NON può rendersi conto di ciò che esiste al di fuori della sua visione onirica.”

Nirvana e samsara non sono opposti, ma un’unica visione, vista da due aspetti diversi, da spettatori con un’acuità mentale differente. L’ignorante, il cui occhio mentale è coperto da spessa polvere, osserva con sgomento la ronda delle vite e dei dolori; il saggio, il cui occhio non ha più un grano di polvere, contempla sempre il nirvana, anche nel samsara”. Relatività e Realtà sono modi creati dalla mente e attribuiti all’Inconoscibile.

Lo studente che ha capito, crederà dunque di aver raggiunto la verità? Il maestro lo dissuaderà, perché “credere di sapere” è il peggior scoglio da evitare e genera un ristagno mentale. Sapere che tutto è illusione può essere ancora un’illusione.

“La forma è vuoto e il vuoto è forma…”

Da: « Mystiques et magiciens du Tibet » di A. David-Neel. (riassumo alcune frasi)

“Uno dei tanti esercizi meditativi dei monaci-studenti consiste nel visualizzare un panorama immaginario, con alberi, fiori, case ecc. poi nell’eliminare, poco alla volta, le immagini una ad una, finché rimane il suolo, lo spazio infinito ed infine si rimuove anche l’idea di un mondo.

Si arriva infine “alla vacuità ove non esiste né coscienza, né assenza di coscienza”. Lo scopo è di cambiare il modo di percepire, di uscire “dai limiti fittizi che noi assegniamo all’”io” e comprendere che non è mai esistito un “io”.

Altre pratiche raggiungono lo scopo di realizzare che lo spirito non è nella testa né altrove e quindi di non imprigionarlo nel corpo. “Con l’aiuto di paradossi, (il maestro) sradica la fede che egli prestava alle idee, alle percezioni, alle sensazioni che riteneva vere, senza permettere di rimpiazzarle con una nuova fede paradossale. Le une, come le altre, sono pure illusioni. Dio, demoni, l’universo intero è un miraggio: esiste solo nella mente, sorge in essa e si dissolve in essa”

“Gate, gate, paramgate, parasamgate, Bodhi, svaha! “ O saggezza che è andata oltre, oltre all’aldilà dell’aldilà, a te rendo omaggio!”

Tratto da: « Les enseignements secrets des bouddhistes tibétains – la vue pénétrante » di Alexandra David-Neel.
Traduzione di Isabella Di Soragna

Fonte: http://isabelladisoragna.com/articoli/ipnosi-collettiva-e-personale/

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