Anthony De Mello: Smettere di vivere meccanicamente.

Come smettere di vivere meccanicamente.

Questa è la domanda fondamentale: come smettere di vivere meccanicamente? C’è un esercizio che ci può aiutare. Sembra facile, ma non lo è. Se persevererete, coglierete la differenza.

L’esercizio è il seguente: pensate a un episodio del passato recente. Qualcosa accaduto ieri, o la settimana scorsa. Non evitate di ricordare un avvenimento spiacevole. Se è spiacevole, tanto meglio.

Dovete osservare come reagite ai ricordi, che sensazioni provate, che tipo di convinzioni e di atteggiamenti avete di fronte a questo episodio. Osservate solo questo e chiedetevi a quale voce rispondete.

Abbiate il coraggio di chiedervi: “Questa non sarà la reazione di un’altra persona che reagisce in me? Qualcuno del passato che mi porto dentro?”.

Questo esercizio dura alcuni secondi, un minuto al massimo. Se volete ottenerne la massima efficacia, dovete soffermarvi più a lungo e osservare diversi episodi della giornata.

Osservate le vostre reazioni. Osservate senza giudicare, o condannare, o approvare; siate osservatori imparziali. Guardate! Non dovete neppure porvi le domande che vi ho suggerito. Se questo vi distrae, lasciate perdere le domande. Limitatevi a osservare. Ogni reazione meccanica sparirà e voi inizierete a vivere. Allora noterete il cambiamento.

Conosco un paralitico straordinario. Mi disse: “Sa, padre, ho cominciato a vivere realmente dopo essere rimasto paralizzato. Per la prima volta in vita mia ho avuto tempo di osservare me stesso, la mia vita, le mie reazioni e i miei pensieri. La mia vita è divenuta molto più profonda, ricca e molto più attraente di prima”.

Non è sorprendente che un paralitico abbia scoperto cosa significa vivere, mentre tante persone, libere di muoversi dove vogliono, non ci riescono, perché sono paralizzate dentro?

Un grande ostacolo deriva dalla mancanza di tempo. Tutti mi dicono che non hanno tempo. “Dove trovo il tempo per fare questo?”. Bene, per cosa utilizzate il vostro tempo? Per mantenere la vostra esistenza meccanica?

Supponiamo che un ladro intimi a un passante: “O la borsa o la vita”. Costui risponde: “Beh, meglio portami via la vita, perché dei soldi ho bisogno per la mia vecchiaia!”. La storiella vi può sembrare spiritosa, ma pensate alle persone che dicono: “È meglio essere derubato della vita, perché del tempo ho bisogno per continuare a vivere giorno dopo giorno”. Sarebbe comico, se non fosse tragico.

Osservate le vostre reazioni a ogni episodio della giornata, osservate le vostre convinzioni. Interrogatevi!

Siete disposti a mettere in discussione le vostre convinzioni? Se la risposta è negativa, allora siete pieni di preconcetti e reagite meccanicamente.

Mi ricordo di un brillante giovane rabbi, che subentrò al suo altrettanto brillante padre, anch’egli rabbi. Gli dicevano, allora: “Rabbi, sei completamente differente da tuo padre!”. Il giovane si mise a ridere: “Io sono esattamente uguale a mio padre! Mio padre non imitava nessuno e io non imito nessuno. Egli non era una fotocopia; e io neppure”. Questo significa essere vivi, essere unici. Sganciarsi dalle voci e dal controllo remoto. E arriverete a questo osservando voi stessi.

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La catena nel passato.

Un’altra specie di catena, che vi lega interiormente, sono le esperienze positive del passato. Si, avete letto bene. È così bello richiamarle alla memoria e trarne alimento. Ma in ciò si nasconde un pericolo: potete cadere vittima di quella malattia che chiamiamo nostalgia cronica. Sapete cosa succederà? Smetterete di vivere! Abbandonerete il presente. Anzi, con ogni probabilità distruggerete il presente.

Supponiamo che abbiate vissuto un’esperienza fantastica con un amico. Per esempio, insieme avete ammirato un tramonto. Un’altra volta siete usciti a mangiare con lui. Prendete la bella esperienza del passato (per esempio il tramonto), rinchiudetela in una gabbia dorata e portatevela appresso, finché siete con il vostro amico; aprite poi in gran segreto la vostra gabbia dorata, date un’occhiata e dite: “Non è più bello come una volta!”.

Vi rendete conto di cosa fate? Con un’esperienza passata distruggete il presente. Sarete meno liberi, meno vivi. La vostra esperienza vi incatena!

Come liberarsene? C’è un metodo che può essere molto doloroso.

Dare alla luce una nuova vita può fare male. Ma se siete disposti, pensate ad alcune delle persone che avete amato in passato e che ora non sono più con voi, perché si sono allontanate, oppure sono morte.

Parlate con ognuna di queste persone dicendo: “Hai avuto la fortuna di essere entrata nella mia vita! Te ne sono grato! Ti amerò per sempre! Adesso, devo andare. Addio! Se mi attacco a te, non imparerò ad amare il presente e non imparerò ad amare le persone con cui sto. Addio!”.

Notate come può risultare doloroso tutto ciò. Poi, rammentate alcune esperienze positive che avete vissuto in passato; pensate a esse come a persone e dite loro: “Come è stato meraviglioso averti, te ne sono molto riconoscente! Ma adesso, addio!”. Questo può essere molto doloroso, sapete?

C’è un altro esercizio che alcuni possono considerare ancor più doloroso: pensate a qualche vostra qualità del passato, qualità di cui andavate orgogliosi, come la vostra giovinezza, la vostra forza, la vostra bellezza.

Rivolgetevi a essa come a una persona. Può suonare un po’ infantile, ma non abbiate paura di essere come bambini. Potrete trovare il regno!

Dialogate con loro e dite: “Come è stato meraviglioso avervi! Come sono riconoscente per avervi avute nella mia vita! Ma adesso devo andare. Addio!”.

Molti anziani non hanno mai vissuto e non hanno mai provato tutta la dolcezza, la profondità e la ricchezza che l’età avanzata arreca, perché non si sono lasciati alle spalle la gioventù, la forza, la vitalità. “Il meglio deve ancora venire. La fine della vita è stata la prima a essere fatta”. Il meglio deve ancora venire. Molti perdono il miglior periodo della propria vita, gli ultimi anni, perché sono troppo concentrati sul passato, incatenati alle belle esperienze del passato.

Ecco due catene che ci impediscono di essere felici.

Un uccello ferito non può volare, ma neppure un passero che si attacca a un ramo può volare. Smettetela di attaccarvi al passato! Ripetete l’adagio indù: “L’acqua diventa pulita scorrendo, l’uomo andando avanti”.

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Altre invisibili catene.

Adesso viene la terza catena. L’angoscia e la paura del futuro.

Ricordate il generale giapponese? Gesù parla del medesimo atteggiamento interiore con un linguaggio più poetico: “Guardate gli uccelli del cielo, guardate i gigli del campo. Non si preoccupano. Per questo non hanno angosce!”.

Come è difficile realizzare ciò! Perfino Gesù, di fronte alla morte, rimase sconcertato. Si sentì depresso, sperimentò un forte senso di angoscia. Se vogliamo spezzare la catena dell’angoscia dobbiamo fare ciò che fece Gesù: affrontare il timore e dialogare con esso, come se fosse una persona. Amorevolmente, senza violenza, perché la paura sta dentro di noi, travestita da prevenzione.

Dite alla paura: “Capisco perché sei qui. Ma ho fiducia in Dio”. E, se in cuor vostro vi rendete conto di poterlo fare, ringraziate in anticipo per le sue conseguenze. Questo vi sarà di grande aiuto. Ringraziate Dio per tutto ciò che potrà succedere.

Anche la prossima catena interiore che ci rende schiavi ha a che vedere con il futuro: l’ambizione.

Essere ambiziosi può essere una cosa meravigliosa. Ma cadere in schiavitù dell’ambizione è orribile! Le persone governate dall’ambizione non vivono affatto! Non c’è bisogno di spiegarlo. Tutti noi conosciamo persone così.

Cosa fare se siete vittima dell’ambizione? Mettetevi alla presenza di Dio, fate un atto di fede, che il futuro sta nelle sue mani. Ditegli: “Signore, ho fiducia che dirigi il mio futuro, farò tutto ciò che mi è possibile per realizzare i miei sogni, ma lascio il risultato nelle tue mani”. Poi, ringraziate per il risultato di questo vostro atteggiamento interiore. Avrete pace e libertà.

La catena seguente è l’attaccamento alle cose presenti.

Il cuore umano è una grande calamita e non c’è bisogno di dirvelo, perché tutti ne avete fatto l’esperienza. Vogliamo possedere cose, persone e da esse non separarci mai. Diventiamo dipendenti e perdiamo la libertà. Spesso non lasciamo liberi neppure gli altri.

Suggerisco un esercizio per liberare il vostro cuore da questo tipo di attaccamento.

Pensate a una persona a cui siete profondamente attaccati, tanto attaccati da non volerla lasciare. Con il pensiero parlate con quella persona, immaginatela seduta di fronte a voi; parlate con lei. Parlatele amorevolmente. Dite a questa persona ciò che ella significa per voi e poi aggiungete la seguente formula, che inizialmente potete trovare dolorosa.

Come vi ho detto fin dal principio, però, non sforzatevi. Se fosse troppo doloroso, interrompete per riprendere un’altra volta, quando ne sarete capaci.

Dite alla persona: “Come tu significhi molto per me, così io ti voglio bene, ti amo, ma tu non sei la mia vita! Io ho una vita da vivere, un destino da compiere, diverso dal tuo”. Sono parole dure, ma la vita non è sempre facile.

Pensate, poi, a luoghi, attività, a cose che considerate preziose, dalle quali vi è difficile allontanarvi e rivolgete a esse più o meno le stesse parole: “Quanto sei prezioso per me! Ma non sei la mia vita, ho una vita da vivere, un destino da compiere, diverso dal tuo”.

Poi dite lo stesso alle cose più intimamente legate a voi. Cose che sono quasi una parte del vostro essere, come la reputazione, la salute.

Dite alla vita stessa che un giorno sarà ingoiata dalla morte: “Quanto sei preziosa e quanto ti amo, ma non sei la mia vita. Ho una vita da vivere e un destino da compiere, diversi da te”.

C’è da sperare che, ripetendo coraggiosamente questa frase, raggiungerete la libertà spirituale.

Anthony De Mello

Fonte: http://www.amadeux.it/forum/topic.asp?TOPIC_ID=20659

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