Ashtavakra Gita – 13: Dialogo.

Ashtavakra Gita – 13

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Dialogo tra allievo e maestro su Ashtavakra Gita 1.6:

“Dharmadharmau sukam dhukkam manasani na the vibho akarthosi , abhoktosi , muktevasi sarvada”.

“Bene e male, piacere e dolore sono attributi della mente, non tuoi, o sovrano. Non sei il soggetto che agisce e non sei il soggetto che fruisce; in verità sei sempre libero”.

A.: Allievo –  M.: Maestro

A.: Signore, voglio realizzare la liberazione.
M.: Tu sei sempre libero.

A.: Com’è possibile?
M.: Perché pensi di non esserlo? Cos’è che ti impedisce di essere libero?

A.: Questa mattina mi sono arrabbiato.
M.: La rabbia appartiene alla mente. Tu non sei la mente.

A.: Questo significa che non dovrei affrontare la rabbia?
M.: Quando capisci che non sei la mente, sorge ancora la rabbia?

A.: Cosa vuol dire?
M.: Dimmi, cos’è successo che ti sei arrabbiato?

A.: Il mio dipendente non lavorava bene.
M.: Allora? Il dipendente non si è arrabbiato. Supponi che tu non abbia saputo niente del suo lavoro, nessun pensiero a quel riguardo, ti saresti arrabbiato?

A.: No.
M.: Quindi, ci hai pensato e quel pensiero ti ha alterato. Chi ha avuto quel pensiero e ne ha ricavato rabbia?

A.: Io.
M.: Sì. Chi è questo io?

A.: Sono io. Io sono stato alterato dal pensiero.
M.: Allora, cosa è accaduto precisamente? Ci hai pensato… e poi?

A.: Ho sentito che la cosa avrebbe creato problemi al mio progetto.
M.: Sì. Quindi, chi è questo “io”?

A.: Il capo del progetto.
M.: Quello è un ruolo nella mente. Capisci?

A.: Non tanto.
M.: Va bene. Tu sei il capo?

A.: Sì.
M.: Immagina di perdere il posto domani. Smetti di esistere?

A.: No!
M.: Quindi questo significa che non sei il capo.

A.: Allora cosa sono?
M.: Ci arriveremo. Comunque, tu non sei il capo… Tu hai il ruolo del capo! Giusto?

A.: Sì.
M.: Similmente, tu hai il ruolo del padre, del figlio, eccetera.

A.: Sì.
M.: I ruoli che hai si chiamano upadhi… aggiunte. Tu non sei definito da quei ruoli.

A.: Va bene.
M.: Dunque, questi ruoli sono tutti mentali, perciò possono essere colpiti da quei pensieri.

A.: Sì.
M.: Immagina che tutte queste aggiunte siano eliminate. Cosa sei tu?

A.: Io sono Udai.
M.: Quello è il tuo nome. Tu hai un nome e non sei il nome.

A.: Io sono un uomo.
M.: Quello è il tuo corpo. Tu hai un corpo maschile, un’aggiunta. Cerca di capire: il corpo è soltanto materia inerte: tu sei vivo, perciò, chiaramente, non puoi essere il corpo.

A.: Non sono il corpo?
M.: Esatto. Tu hai un corpo e non sei il corpo.

A.: Però, quando c’è dolore nel corpo sono io a soffrire.
M.: Immagina di non pensarci. Potresti essere sotto l’effetto di un anestetico. Soffriresti ancora?

A.: No.
M.: Quindi è la mente [a soffrire], giusto?

A.: Sì.
M.: Allora, tu sei colpito a livello mentale!

A.: Sì.
M.: Quello è il ruolo.

A.: Quale ruolo?
M.: Osserva. Chi è che cerca di eliminare il dolore?

A.: Non capisco?
M.: Il dolore è una sensazione. Chi cerca di evitare il dolore?

A.: Sono io.
M.: È qualcosa che fai, un ruolo che hai. Tu potresti essere anche senza cercare di evitare [il dolore].

A.: Come potrei?
M.: C’è la sensazione dolorosa e tu non fai nulla. Trascurala. Non cercare di fare nulla.

A.: Trascurarla? È realistico?
M.: Sì. Ramana Maharshi fu anche operato al braccio.

A.: Ehm…
M.: Quindi, anche quello è un ruolo.

A.: D’accordo.
M.: Ritorniamo alla questione precedente. Cosa sei senza tutte le aggiunte?

A.: Non so.
M.: Non puoi dare un nome a quello che sei o descriverlo.

A.: No.
M.: Tutto ciò che fai è avere un ruolo.

A.: Come?
M.: Perché tu sei anche se non fai nulla.

A.: Sì.
M.: Quindi, “chi fa” è un ruolo che hai assunto intenzionalmente.

A.: Sì.
M.: Questo significa che non sei il “soggetto che agisce”.

A.: Ehm…
M.: Anche tutto quello che sperimenti è un ruolo.

A.: In che senso?
M.: Ricorda l’esempio del dolore fisico. C’è la sensazione del dolore. Chi ha la sensazione?
A.: Io.
M.: Chi cerca di evitare la sensazione, oppure di “averne di più” è un ruolo. Tu dovresti non fare né una cosa né l’altra.

A.: Sì.
M.: Ecco, l’assenza di “chi fa”, quello sei tu!

A.: Sì.
M.: Quindi, tu non sei chi agisce o fruisce.

A.: Ehm… Vuol dire che non dovrei agire, lavorare?
M.: No. Dovresti renderti conto che hai il ruolo del capo e non sei definito da quel ruolo… Cioè, tu non sei il capo, ma hai quel ruolo… Devi forse smettere di essere il capo?

A.: No.
M.: Però devi capire che è un ruolo.

A.: Sì.
M.: Quindi, dharma [bene] e adharma [male] riguardano il ruolo, che è il soggetto agente.

A.: Sì.
M.: Similmente, anche sukha [piacere] e duhkha [dolore] appartengono al ruolo.

A.: Sì.
M.: Poiché riguardano il ruolo… se tu smetti di identificarti col ruolo… non hai altro da fare.

A.: Ah…

Questa è l’essenza della strofa. Lascia l’identificazione con chi agisce, karta e con chi fruisce, bhokta e rimani come coscienza.

Il modo di farlo è… rilassati, rimani come coscienza. Poi, ogni volta che riconosci l’identificazione con “chi agisce”, osserva chi è che agisce… e rilassati di nuovo nella coscienza!

Fonte: https://giuseppe-baroetto.blogspot.it/2016/11/dialogo-1.html

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