Nisargadatta Maharaj: C’è solo la vita…

Blog Nube Magellano

L’idea di essere l’autore dell’azione è schiavitù.

V = Visitatore
M = Maharaj

V.: Siamo stati per qualche tempo nell’ashram di Satya Sai Baba e per due mesi in quello di Ramana Maharshi a Tiruvannamalai. Adesso stiamo per rientrare negli Stati Uniti.

M.: L’India ha cambiato qualcosa in voi?
V.: Ci sentiamo alleggeriti del nostro fardello. Satya Sai Baba ci disse di lasciare tutto a lui e vivere semplicemente, un giorno dopo l’altro, il meglio possibile. “Siate buoni e lasciate a me il resto” soleva dirci.

M.: Che cosa facevate nell’ashram di Ramana?
V.: Il nostro Guru ci aveva dato un mantra e lo usavamo per meditare. Non c’era granché da pensare o studiare; cercavamo semplicemente di stare quieti. Tendiamo per lo più alla devozione, e sappiamo poco di filosofia. Ci basta confidare e lasciarci vivere.

M.: I devoti confidano nel maestro solo finché tutto va bene. Quando arrivano i guai, si sentono abbandonati e cambiano maestro.
V.: Sì, sappiamo che c’è questo pericolo, e cerchiamo di accettare la buona, come la cattiva sorte. […]

M.: C’è solo la vita, nessuno che la vive.
V.: Questo lo capiamo, tuttavia ci sforziamo costantemente di vivere le nostre vite, invece di vivere e basta. Progettare per l’avvenire si direbbe un’abitudine inveterata.
M.: Che ci si metta a fare piani o no, la vita va avanti ugualmente. Ma a un certo punto, nella mente si forma un piccolo vortice, che indulge in fantasie e immagina di poter dominare e controllare la vita.
E anche se la vita in sé non ha desideri, il falso io vuole continuare ad esistere, ed in modo piacevole, facendo di tutto per assicurarsi una continuità. La vita non conosce paure ed è libera. Finché si crede di poter influenzare gli eventi, non si è pronti per la liberazione: l’idea stessa di essere l’autore e la causa dell’azione, è una schiavitù.

V.: Come si supera la dualità tra l’azione e chi la compie? […]
M.: Quando comprenderai che tutto viene da dentro, che il mondo in cui vivi non è stato proiettato su di te, ma da te, le tue paure avranno fine. Senza questa realizzazione, continuerai a identificarti con elementi esterni: il corpo, la mente, la società, la nazione, l’umanità, perfino Dio e l’Assoluto; ma queste sono tutte vie di fuga dalla paura. Solo quando avrai accettato di essere il responsabile del piccolo mondo in cui vivi, e avrai osservato il processo della sua creazione, conservazione e distruzione, sarai libero dalla tua schiavitù immaginaria. […]

[…] Sei schiavo per inavvertenza, ma l’attenzione ti libera. Dai troppe cose per scontate. Comincia a metterle in dubbio. Le cose più ovvie sono le più dubbie. Poniti delle domande come: “Sono realmente nato?”, “Sono davvero così e così?”, “Come faccio a sapere che esisto?”, “Chi sono i miei genitori?”, “Loro hanno creato me o io loro?”, “Devo proprio credere a tutto ciò che si dice di me?”, “Ma, in fondo, chi sono io?”. Hai speso tante energie per costruire la tua prigione, impiegane altrettante per demolirla. Di fatto, la demolizione è facile, perché il falso, una volta scoperto, si dissolve. Tutto dipende dall’idea: “io sono”. Esaminala a fondo, perché è la responsabile di tutti i problemi. È una specie di pelle che ti separa dalla realtà. Il reale è sia dentro che fuori della pelle, ma la pelle in sé è irreale. L'”io sono” non è un’idea innata. Avresti potuto benissimo vivere anche senza. È sopraggiunta dopo, a causa della tua identificazione con il corpo. Ha creato un’illusione di separazione dove non ce n’era alcuna. Ti ha fatto sentire un estraneo nel tuo mondo, e ha reso il mondo alieno e nemico. Senza l'”io sono” la vita prosegue lo stesso. […]

V.: Come ci si può liberare dal senso dell’io?
M.: Se vuoi liberartene, devi occupartene. Osservalo quando è in azione e a riposo, guarda come inizia e quando finisce, cosa vuole e come lo ottiene, fino a che ne avrai una chiara visione e una profonda comprensione. […]

[…] Tu soffri perché ti sei separato dalla realtà e adesso cerchi una via di fuga da questa alienazione. Ma non puoi sfuggire alle tue stesse ossessioni, puoi solamente smettere di alimentarle. L’ “io sono” vuole una sua continuità perché è falso; la Realtà, invece, non ne ha bisogno perché, sapendo di essere indistruttibile, è indifferente alla distruzione delle forme e delle espressioni. […]

[…] Per progredire devi abbandonare qualsiasi idea di progresso personale.

Tratto dal libro: Io sono quello, di Sri Nisargadatta Maharaj, dialogo 63.

Sperando di averti fatto cosa gradita, un caldo saluto a Te.
Con affetto, Sid… Love*

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