Eric Baret: Sentire profondamente.

Terra x Blog + Nero 2015

Quando sentite profondamente.

“Prima, rendersi conto che si vive nell’intenzione, nella memoria. Prendere coscienza di questa tendenza, senza la minima intenzione di cambiarla. […] Non c’è niente da sapere, niente da provare: bisogna giusto prender nota, realizzare quanto ci ascoltiamo e sentiamo poco. Camminare per strada. Nessuno guarda, sente, ascolta. Osservare i visi. Quanti sono quelli che si stanno ripetendo il loro ultimo momento di felicità o di malessere, senza essere presenti a quello che li circonda? La maggior parte degli umani passa la vita così, tra memoria e attesa.

Il primo passo […] consiste nel realizzare la nostra totale incapacità a lasciar vivere in sé la percezione presente. Dal momento in cui appare una percezione, è immediatamente pensata: l’amiamo o la rifiutiamo… Realizzare come è difficile lasciare che un suono, un odore, un contatto risuoni nella nostra sensorialità. […] Essere capaci di gustare qualcosa senza sapere, senza pensare, è un’arte. […]

Dunque il primo passo […] è questa esperienza profonda: «Io non ascolto». Quando sentite profondamente, di momento in momento: «Io non sento», il sentire comincia a risvegliarsi. […] Questo presentimento, questa apertura di fronte alla vita vi rende disponibili. […]

Quest’arte non esiste per cercare di arrivare a qualcosa: sarebbe una fantasticheria sul futuro. Rendetevi conto nell’istante che non c’è niente da aspettarsi. […]

Cercare di diventare felici è una mancanza di maturità, di rispetto verso la gioia. Chiedere è un insulto. Potete giusto essere aperti a quel che vi viene dato.

Non si può chiedere la grazia. Quando non chiedete più, c’è umiltà. Questa umiltà è l’inizio della grazia. […] Lo scopo di arrivare a qualcosa vi lascerà insoddisfatti. Niente vi impedisce di vivere in modo più intelligente, disteso o tranquillo; non cercatevi un mezzo per trovare l’essenziale. […]

La sensazione deve spegnersi nella sensibilità, altrimenti resta come memoria, come ingombro. In una vera accoglienza, pensiero e sensazione non lasciano traccia, apertura senza passato né futuro, eterno presente. Ogni pensiero, ogni percezione, deve aprirsi, espandersi per morire. Ogni esperienza vive il proprio dissolvimento. L’apertura a questa presenza inabissante è meditazione. […]

Per molto tempo ci si sente più comodi se il corpo è comodo, silenziosi quando anche i vicini sono silenziosi ecc. Se si lavora in un’ottica chiara, prima o poi ci sarà trasposizione: il dolore del corpo, l’agitazione, la malattia o i rumori del vicino sono altrettanto comodi. Si dispiegano anch’essi nella disponibilità. Finché si sente diversamente, accettarlo. […]

Bisogna saper lasciar morire l’avvenimento nel silenzio. Questa estrema povertà in cui non si trattiene niente, in cui non si è niente, è ricchezza suprema”.

Tratto da: “Yoga tantrico”, di Eric Baret.

Fonte del Post: http://www.lameditazionecomevia.it/baret13.htm

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