Essere nel “Sempre”.

Essere nel “Sempre”.

Se la Realtà è composta di “fatti” e, ovviamente, questi “fatti” rappresentano un insieme di “situazioni”, avremo un mondo generalizzato che le contiene tutte. Per essere generalizzate, tuttavia, queste situazioni devono essere spersonalizzate, private cioè della propria autenticità.

Una mela + un’altra mela fanno 2 mele, ma una mela + una pera fanno sempre una mela + pera; per fare due, cioè per sommarli assieme, occorre togliere loro l’autenticità che rappresentano singolarmente e considerarli 2 frutti. Per sommare una mela + una pera + un martello, bisogna relegarli tutti e tre a livello di semplici oggetti indistinti e indistinguibili… così è per l’umanità.

Anche all’interno dell’umanità ci sono “ragioni” che prevalgono su altre. Ragioni che vanno bene e mettono d’accordo molti. Non tutti! La “ragione” (a differenza del sentimento, dell’intuizione, dell’immaginazione) non può agire se non con l’ausilio di una lingua e formalizza: sentimento, intuizione, immaginazione, ecc… elaborandoli, in una porzione del mondo generalizzato, che una determinata lingua fa esistere (al pari dei vari periodi storici), creando altri mondi generalizzati al suo interno, strutturati attraverso il lessico e la sintassi. Una qualsiasi parola, quindi, può mettere d’accordo molti, ma avere significati completamente diversi per altri.

La “ragione” è potentissima nel limitare le prospettive della nostra psiche, tanto quanto la nostra lingua e, dando forma ad altri diversi mondi generalizzati, offusca e limita le nostre percezioni della Realtà, che sono del tutto individuali. Quello che per noi è “il nostro mondo”… che è anch’esso generalizzato, perché diviso e divisibile tra le “situazioni” create, o rappresentate, o interpretate, dai nostri innumerevoli “io”.

Di fronte a una determinata “situazione” (che rappresenta uno dei nostri possibili mondi) possiamo sentirci felici, appagati, ma anche indifferenti, oppure contrariati, arrabbiati, furiosi. Sono sempre “io”? No! Sono i tanti “io” che possiamo manifestare. Le tante sfaccettature della nostra complessa personalità, che sono radicate nella memoria del nostro passato. Come non esiste una sola “ragione”, non sussiste un solo “io” e sono entrambi forme d’obbedienza (al conformismo per esempio), d’assoggettamento (ai trend, ecc…) e di schiavitù (come i riflessi condizionati).

Il Determinismo (legato ai concetti elaborati e assimilati dalla materia grigia che contempla un Universo isotropo, il tempo lineare, la materia, il vuoto, e lo spazio) assegna una grande valenza al passato, secondo l’idea (accettata da chi vuole obbedire agli altri e ragionare come gli altri) che sia il passato a causare il presente e il futuro. Secondo questa corrente filosofica e filo-scientifica, risulterebbe che ci siano forze (elettromagnetismo), o fasci di forze (risultanze vettoriali), alle quali nessuno potrebbe opporsi, perché qualunque cambiamento di direzione si volesse attuare, sarebbe anch’esso determinato dal passato (si veda per esempio: il “karma” che è una forma di pura rassegnazione a un supposto inevitabile destino).

Non è così! E, senza tirare in ballo la materia bianca e la coesistente antimateria, capace d’invertire la freccia del tempo (back clock), che dall’ipotetico futuro viaggia verso un altrettanto supposto passato (poi si capirà perché “ipotetico o supposto”), è possibile contraddirli, perché in ogni “istante” della nostra vita noi scegliamo un nostro possibile futuro.

Con “istante” s’intende un infinitesima parte di secondo per cui, quando si apre la bocca per dire la “a” di “adesso” è già passato. Ciò nonostante, in ciascuno di quegli infinitesimi attimi, noi e solo noi decidiamo in che direzione muovere le nostre sensazioni, il nostro pensiero, i nostri sentimenti, la nostra intuizione, la nostra immaginazione e via dicendo. In una parola: queste decisioni dipendono sempre e solo da noi!

Naturalmente, la direzione che prendiamo in un determinato istante non è il risultato di un’unica scelta, ma la risultante di varie scelte simultanee, consce, semiconsce e inconsce, che interagiscono le une con le altre, attivate dai nostri tanti “io”.

Nel caso delle scelte inconsce, potrebbero non sembrare nostre e farci sentire meno liberi, se con il termine “libertà” intendiamo la piena responsabilità delle nostre decisioni e conseguenti azioni. Le decisioni degli altri nostri “io” (inconscio e altri aspetti della nostra personalità che non conosciamo a fondo) sarebbero in ogni caso sempre le nostre.

Alle nostre spalle, nel nostro “prima“, una serie di fatti esercitano sicuramente una spinta su di noi, ma non sono tutto il nostro passato, che è costituito da tutte le nostre esperienze dirette e indirette (attraverso i neuroni specchio), che hanno agito e agiscono su di noi, imprimendoci ciascuna una spinta particolare verso una determinata direzione, per cui le risultanti vettoriali saranno innumerevoli. Queste risultanti, non esercitano su di noi alcuna incidenza, che non siamo noi stessi a stabilire in ogni nostro istante, mentre stiamo formalizzando la direzione in cui muoverci verso il futuro. È lecito, quindi, affermare che il fine che ci si propone giustifica i mezzi che abbiamo a disposizione.

Allora, se l’adesso è una frazione di tempo talmente infinitesimale che non appena la si intuisce è già passata, ogni “adesso” è solo il ricordo di un “adesso” che non è più adesso.

Nessuno di noi, quindi, esiste soltanto dell’adesso, perché non siamo così infinitesimali. Siamo anche quello che ricordiamo di noi e, contemporaneamente, siamo anche quello che stiamo per fare, o per volere. Così, saremmo sia nel passato, sia nel futuro. Noi però, di fatto, non siamo nel passato, perché siamo diversi da un passato irrimediabile, potendo cambiare quando vogliamo. E non siamo nemmeno nel futuro, perché ancora non c’è e, invece, noi ci siamo. Esistiamo ora.

In ogni caso, non siamo nemmeno nell’adesso, dato che, come già detto, l’adesso dura troppo poco (un’infinitesima parte di un secondo) per ognuno di noi. Dove siamo, allora?

Nel passato, nel presente e nel futuro, insieme, contemporaneamente! Perché noi siamo: nel SEMPRE. Questa parola (“sempre”) ha origine dalla radice sanscrita: “SAM” che significava, appunto: “insieme” e, questa dimensione temporale del “sempre“, si estende fuori dal mondo tradizionalmente conosciuto, perché è diversa dal passato, dal presente e dal futuro del mondo. È una dimensione di sempre, in cui si svolgono tutte le attività della nostra psiche, ciascuna delle quali è una sua bolla di presente, o di passato, o di futuro, nel sempre.

Se noi siamo una dimensione della nostra psiche e tutto quel “essere-nel-sempre” può agire sulla nostra esistenza, possiamo modellarci come vogliamo…

Se quel che siamo nel sempre, è oltre il mondo, si può solo desiderarlo (de-siderare, cioè essere artefici del nostro destino, spiegato meglio in “Chronos deve morire“). E se nel sempre c’è la nostra pienezza, lì siamo più autentici di quello che siamo nel mondo ed è da lì che possiamo desiderare, cioè immaginare e chiedere cose che nel nostro mondo non ci sono ancora.

De-siderare per noi è scoprire!

Roberto Morini

Fonte: http://www.altrogiornale.org/essere-nel-sempre/

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