Giustizia e Compassione.

Terra x Blog + Nero 2015

Il cuore della giustizia e della compassione.

compassione

“Il cuore segue un ordine superiore, da cui si sprigiona la più alta forma di giustizia: quella del creato che, attraverso la compassione, ci spinge verso una ricerca interiore e ad affrontare le nostre zone d’ombra. Percepire questa giustizia, che nasce con la creazione e non ha nulla a che fare con le leggi dell’uomo, ci porta a sviluppare la compassione e a vivere nella consapevolezza dell’interdipendenza”.

La Giustizia è al centro di tutta la spiritualità del creato. Il cuore della conoscenza sapienziale batte verso un ordine superiore, al quale gli esseri umani sono chiamati a rispondere. Quando pensiamo all’ingiustizia, quando vediamo ciò che non è giusto lo filtriamo attraverso la coscienza ordinaria: quello che per noi è giusto e quello che invece non lo è. Questo meccanismo si basa principalmente sul giudizio, mentre invece la giustizia, quella che si sprigiona dal nucleo stesso del creato, non nasce dalle impurità mentali ma dalla compassione. Questo termine, non a caso, in ebraico deriva da un’altra parola che significa “utero” , “grembo”; il Cosmo nella sua forma concava e circolare non può che farci venire in mente l’utero materno, che segue leggi universali e per mezzo di esse partorisce la sostanza di cui siamo fatti. Noi esseri umani viviamo attraverso un’interdipendenza, un legame di scambio continuo che riguarda sia l’aspetto biologico che quello spirituale ed energetico; essere consapevoli di questa interdipendenza ci rende compassionevoli e in linea con la legge universale, quindi profondamente e saldamente radicati nel giusto.

Nello stato di coscienza superiore non vi è negatività.

Scrive Ildegarda di Bingen (a sin.):

“Tutta la creazione è stata data da Dio all’umanità per il proprio uso, ma se questo privilegio viene abusato, la giustizia di Dio permette al creato di punire l’umanità”.

È bene rendersi conto che nelle tradizioni sapienziali si parla di uno stato di coscienza superiore nel quale non vi è negatività. Colui che ha raggiunto tale stato non reagisce di fronte all’ingiustizia, ma agisce in linea con la Legge divina; risponde quindi ad un ordine superiore che lo vede attivarsi per amore stesso del creato. Si capisce chiaramente che chi agisce in nome della giustizia divina, non lo fa mosso dal giudizio, ma superpartes, al di sopra della mente ordinaria. L’unico modo per agire è essere in linea con il creato – agire quindi attraverso una fluidità – in questo c’è ordine e giustizia perché è fluido e quindi non trova attrito. “Dio è giustizia”, dice Giuliana di Norwich e questo è vero, vero come lo è il creato, vero come lo è il respiro, senza alcuna possibilità di interferenza, se non attraverso un’ingiustizia, un agire contro la vita, contro la propria possibilità di rinascere in sfere di esistenza più elevate.

Non siamo affatto unici, ma uniti e interdipendenti.

 Diritti-umani1Ci ricorda Meister Eckhart: “Compassione significa giustizia. Chi capisce quello che dico sulla giustizia capisce tutto quello che ho da dire”. Fermarsi a sentire è la vera sfida del secolo, percepire questa giustizia, essere nel giusto e quindi compassionevoli è l’unico modo per celebrare la vita con gioiosità, partecipando consapevolmente attraverso l’interdipendenza.

Adrienne Rich scrive una delle verità più grandi: “Sono felici quelli che sanno di non essere unici”; la consapevolezza dell’interdipendenza che unisce tutti gli esseri è la base sulla quale si poggia la giustizia e la compassione di un essere umano. Soltanto attraverso questo allineamento possiamo ritrovare la nostra età migliore, quella felice spensieratezza che unisce la sacralità dell’esistenza con il gioco. Ildegarda di Bingen sottolinea spesso questa rinascita verdeggiante attraverso l’energia del creato, ricordandoci che Dio è giovane, nell’età dove tutto germoglia e fiorisce, Viriditas energia verdeggiante.

Dal punto di vista biologico, l’interdipendenza tra tutti gli esseri è la radice dalla quale ogni scienziato ha partorito il proprio sapere. Due persone che siedono nella stessa stanza nel giro di trenta minuti si scambiano vapore acqueo. La giustizia e la compassione sono interdipendenti: questo diventa molto chiaro nel momento in cui percepiamo la causa del condizionamento che ci ha spinto a sentirci separati dagli altri e dall’intero Universo. Se non ritroviamo la consapevolezza dell’interdipendenza, se non ci uniamo nuovamente ad una cosmogenesi, saremo destinati a vivere su questo pianeta come dei fuorilegge, perseguitati dalle nostre stesse paure.

Il cammino nobile del Buddha.

Nel cammino nobile tracciato dal Buddha viene trasmesso il metodo per raggiungere l’illuminazione. Questo sentiero passa attraverso una retta condotta morale. Il Buddha, nella sua genialità, aveva compreso che esistono delle leggi alle quali non possiamo disobbedire: seguendole con estrema attenzione, il nobile sentiero ci conduce verso la liberazione dalle catene del Samsara, il regno dove tutto è destinato ad un eterno ciclo di morte e rinascita. Queste leggi esistono e pulsano attraverso la giustizia, quel tipo di giustizia che governa l’intero Universo.

Gli uomini hanno invertito un ordine naturale e questo ha generato una mente contaminata. Il mondo della materia è la conseguenza di una profonda ingiustizia che perpetriamo ogni giorno a causa dell’ignoranza. Il risveglio di cui oggi tanto si parla dovrebbe essere prova d’impeccabilità che non sia dogmatica ma sviluppata attraverso la consapevolezza. L’occhio si accende e riluce perché vede attraverso l’anima la legge universale, seguendo un flusso gioioso verso la rinascita nella luce. Una volta intercettato il flusso della Giustizia diventiamo compassionevoli e umili perché sentiamo nel profondo un forte richiamo che ci spinge ad abbandonarci tra le braccia del Cosmo.

L’estrema compassione del divino.

 CQdlVqyW8AAjIT_Scrive Lee Carrol Pierer: “Molti sono i chiamati, ma la maggior parte è surgelata nel freddo aziendale o collettivo; questi sono i bloccati che hanno scelto di non essere scelti tranne che per essere comprati e venduti”.

La giustizia divina non vede il peccato, ma la luce che risiede in chi vuole migliorarsi. In questo si percepisce un’estrema compassione venire direttamente dalla fonte; se c’è l’intento a purificarsi, anche dopo essersi macchiati attraverso azioni impure o aver camminato per lungo tempo nell’ignoranza recando dolore e sofferenza ad altri esseri, se dentro di noi comprendiamo profondamente l’errore, l’Universo si apre e ci dà la possibilità di redimerci. In questo, il peccato come lo hanno disegnato le religioni, in particolar modo l’istituzionalizzazione religiosa, non ha alcun senso. Il peccatore è colui che non si apre ad un movimento cosmico, ma che resta “surgelato” nel recinto dell’ignoranza. Questa ignoranza è coltivata dalle stesse formule religiose di massa, come ad esempio l’idea mortifera del peccato originale che ci inchioda nella materia e ci rende succubi dei burattinai.

Amare i propri nemici?

 maria-teresa-calcutta_bim555La giustizia è prima di tutto compassionevole, l’ingiustizia invece rappresenta il peccato che però può essere dissolto attraverso una visione nuova che funge da passaggio verso la vita. L’esempio più bello ce lo regala il Buddha: nella sua storia egli incontrò molte persone malvagie e molte di queste avevano come desiderio principale quello di ucciderlo.

L’infinita compassione di chi segue la più alta forma di giustizia ci insegna come prima cosa ad amare i nostri nemici, dandogli la possibilità di redimersi attraverso la legge universale, seguendo un nobile sentiero. Il Buddha riuscì a far diventare santi uomini e donne malvagi, trasformandoli fino alla completa liberazione. Questa verità scardina completamente le radici dogmatiche basate sul peccato e ci porta verso qualcosa di nuovo, in linea con una legge suprema, attraverso una giustizia di natura compassionevole. Imparare a guardare i nostri nemici attraverso gli occhi della compassione è qualcosa che, a prescindere da qualsiasi religione o insegnamento, ci allinea con una legge naturale e quindi totalmente nel giusto; diventiamo così flussi di coscienza cosmica. In questo modo possiamo distribuire benefici a tutti gli esseri perché ci muoviamo con il vento della saggezza e guardiamo con gli occhi del mondo stesso.

La giustizia del creato.

 gandhiIl Mahatma Gandhi ci aiuta a comprendere questo delicato passaggio che genera una netta distinzione tra due formule di giustizia opposte; una di queste è rappresentata dall’operatività o forzatura degli opposti che vede la vittoria di qualcuno e la sconfitta di qualcun altro.

La giustizia del creato, che risiede nel linguaggio di Gandhi, invece, è incentrata sull’amore per le persone e per la loro trasformazione. Questo amore ci spinge verso una completa disponibilità nei confronti dell’altro, al punto da riuscire ad assorbirne l’odio, consapevoli di una giustizia finalizzata alla trasformazione.

“Difendete il debole e l’orfano, al misero e al povero fate giustizia. Salvate il debole e l’indigente, liberatelo dalla mano degli empi”. Non capiscono, non vogliono intendere, avanzano nelle tenebre; vacillano tutte le fondamenta della terra. (Salmi 81,3-5)

C’è un benefico movimento che è stato offerto a tutti gli esseri, lo possiamo vedere al sorgere del sole ogni mattino; il calore e la luce viene distribuita a tutti gli esseri, agli infermi, ai tiranni, ai santi, ai ricchi e ai poveri, a ciò che si muove o resta immobile, inerme, inanimato. La luce è ciò che più rappresenta la giustizia e la compassione, perché nella sua infinita pietà illumina ogni essere, aiutando coloro che offendono a ritrovare la strada e illuminando completamente la via della liberazione a coloro che progrediscono sul nobile sentiero. La giustizia che si trova nel nucleo del creato illumina ogni singolo gesto, ogni singola parola, ogni singolo movimento che gli esseri umani compiono nel loro percorso. Questo essere illuminati dalla giustizia scinde da alcuna possibilità a nascondersi e sfuggire la legge. Chi non lo riconosce sprofonda nell’ignoranza, la condizione che lo porta ad autocondannarsi attraverso quella che il Buddha vide essere la legge di causa ed effetto.

Essere nel giusto.

benaresGiusto percorso, giusto movimento, giusta azione, giusta parola, significa proliferare nel bene, non nella dualità degli opposti, come ad esempio il giusto e lo sbagliato, ma in ciò che è in linea con una legge naturale, che comprende anche l’errore e anche il suo che opposto.

Essere in linea con la giustizia del creato e quindi sentirla, intuirla, ci permette di fare un lavoro nobile, un esercizio di sgrossatura, lo stesso esercizio che fa uno scultore, togliendo ad ogni colpo parte di ciò che è superfluo e appesantisce l’anima fino ad arrivare a ciò che è immortale, divino. Per quanto la mente condizionata voglia sempre cercare strategie di ribellione su quelli che sono i dettami universali, la realtà ci inchioda ad una verità impossibile da fuggire: esistono leggi che non sono state scritte da mano umana, ma che sono state riscoperte per mezzo dell’intuizione, attraverso stati non ordinari di coscienza. Anche la scienza nelle sue straordinarie scoperte ammette di potervi accedere per mezzo di un tassello mancante raggiungibile attraverso l’intuito, cioè attraverso la “non mente”.

La legge di causa-effetto alla base della giustizia.

 images (21)La realtà che risiede nel cuore del creato ci indica ciò che è giusto e ciò che non lo è, attraverso una non dualità che non è possibile comprendere con la logica. Il linguaggio dell’universo lo possiamo sperimentare per mezzo delle nostre azioni, attraverso l’esperienza diretta, che il Buddha chiamò bhavana-maya panna, cioè l’esperienza che non viene assorbita tramite l’intelletto o tramite il sentito dire, ma attraverso l’intero nostro essere nell’esperienza. L’azione determina sempre un effetto e l’effetto dell’azione ci permette di conoscere ciò che è il linea con l’Universo, in altre parole, ciò che è giusto. Contrariamente a ciò che è giusto, la causa determinerà un effetto che manifesterà la prova del nostro errore, il modo in cui Dio ci parla. Questa è la forma più alta di giustizia e tutti, così come la luce del sole ci dimostra, ne siamo illuminati.

In conclusione è bene sottolineare un aspetto ancora acerbo della natura umana, quella parte che si ostina a vedere le cose partendo da un punto di vista incentrato sull’io. Questo voler fare ogni cosa partendo da una visione egocentrica è la causa del peggior effetto, quello che vediamo attraverso la realtà di tutti i giorni. La cultura patriarcale, politica e religiosa, il panteismo dominante dell’attuale monopolio religioso ha influenzato numerose generazioni, portandole a credere che la giustizia del creato passi attraverso l’indottrinamento, attraverso quelle che sono le formule di omologazione. La vera scuola, al contrario, quella che educa nel senso più nobile – cioè quella che permette di far emergere ciò che già è presente – passa attraverso la deità naturale del creato e si muove per mezzo delle stesse leggi che lo manifestano e che imprimono sugli esseri umani la conoscenza sapienziale come l’effetto di una piccola fiamma eterna posta sulla sommità del capo dalla quale si irradia conoscenza.

È curioso vedere che oggi questo pseudo risveglio insonnolito sta portando ad un ostinato, quasi maniacale, desiderio di sapere, con altrettanto egocentrismo e ignoranza, lo stesso che ha determinato la nascita delle religioni. Il desiderio che si nasconde all’interno di questo delicato passaggio non è diverso da quello che abbiamo conosciuto in passato; la stessa radice collega tutte le epoche, fino ad arrivare a questo presente appesantito da strati e strati d’impurità e condizionamenti.

Si dice che i genitori devono essere prima di tutti d’esempio ai loro figli e i figli sono molto attenti a riprodurre l’esempio dei loro genitori e ricreare consciamente o inconsciamente le gesta di chi vi è stato prima. Noi tutti, come genere umano, non siamo altro che una figliolanza e abbiamo scolpito nel nostro DNA l’origine stessa del creato, un lungo viaggio di 20 miliardi di anni; dobbiamo tornare ai tempi preverbali della creazione originaria, il tempo prima del tempo, una sfida che tutti sono chiamati ad affrontare e che l’infinita compassione del creato ci mostra ogni giorno attraverso la più alta forma di giustizia, quella che si manifesta per mezzo di ciò che è e non di ciò che crediamo essere.

Maurizio Falcioni

Fonte del Post: http://www.karmanews.it/11017/il-cuore-della-giustizia-e-della-compassione/

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