Gregg Braden: L’effetto Isaia.

L’effetto Isaia.

Il libro di Gregg Braden ”L’effetto Isaia” ipotizza l’esistenza di una scienza perduta, di una tecnologia capace di produrre il potere di dirigere gli avvenimenti. L’autore è arrivato a questa conclusione dopo aver esaminato numerosi testi antichi, soprattutto quelli profetici.

La profezia è, per Braden, una scienza che ci permette di accedere alle conseguenze future di scelte che facciamo nel presente. Accanto alla profezia si pone pero’ un’altra scienza perduta, la tecnologia della preghiera, che ci consentirebbe di scegliere quale profezia futura vivremo.

Secondo il nostro autore, questa seconda tecnologia – in uso in tempi remoti, poi dispersa nel IV secolo a causa della sparizione e distruzione di testi rari, poi relegata in scuole misteriche – sta oggi ricomparendo in seguito al ritrovamento dei rotoli del Mar Morto. Sono, soprattutto, il manoscritto di Isaia ed i testi Esseni che ci fanno comprendere come nelle mani dell’umanità sia racchiuso un enorme potere, che attende di essere utilizzato.

Per comprendere meglio, bisogna risalire ad una concezione diversa del concetto stesso di tempo. Braden ci dice che gli antichi consideravano il tempo come un sentiero che può essere percorso in due direzioni, all’indietro e in avanti; essi inoltre consideravano le loro visioni come ‘possibilità’ che si sarebbero attuate, se le circostanze presenti non fossero state cambiate.

Le profezie non erano, quindi, condanne a breve o a lunga scadenza, ma avvertimenti, che avevano il preciso scopo – nel caso riguardassero eventi negativi – di indicare la necessità di un cambio di rotta, proprio al fine di evitarli.

Quell’antica concezione del tempo viene ora suffragata dalla scienza quantistica, che ammette la possibilità di eventi diversi, nello stesso istante di tempo. La teoria quantistica postula una realtà costituita da quanti, ossia da quantità discrete di radiazioni elettromagnetiche. In sintesi, brevissime e rapidissime esplosioni di luce, pulsazioni luminose, onde radianti, mosse da forze non fisiche.

Secondo la fisica dei quanti è possibile che due atomi occupino lo stesso spazio, nel medesimo momento: questo fenomeno viene denominato “Condensato di Bose – Einstein”.

Altri scienziati, come Statinover, hanno effettuato studi sull’atomo, giungendo alla conclusione che esistono condensati più grandi, comprendenti molti più atomi.

Scienziati come Wolf e Feynman hanno relazionato quest’aspetto della quantistica con la vita quotidiana, ipotizzando l’esistenza di molteplici risultati possibili per ogni singolo evento. Questa ipotesi implica che ogni possibilità sia già stata creata e sia già presente nel nostro mondo.

Braden sospetta che queste possibilità siano collegate al concetto di multidimensionalità: il nostro mondo è costituito da una stessa sostanza, cioè da pacchetti di luce che vibrano a velocità differenti e che, sul nostro piano tridimensionale, si muovono lentamente, dando forma, vibrando con frequenze diverse, ma comunque tendenzialmente lente, alla vita minerale, vegetale, animale, umana.

Il resto dell’universo, che vibra a velocità sempre più elevate, sfugge alla nostra percezione e dà forma a piani dimensionali diversi, in cui forse, per Braden, potrebbero esistere multiple possibilità.

Riprendendo la teoria per cui, nel piano divino, tutta la realtà è già in essere, la tecnologia interiore della preghiera – che corrisponde a grandi linee con le aspettative e la forza-preghiera di cui parla Redfield – attira e mette a fuoco nel presente dei risultati finali che sono già previsti.

Per quanto detto, il futuro non sarebbe deterministicamente stabilito, ma potrebbe essere cambiato; ciò potrebbe verificarsi nel caso si attivasse una forza sufficiente a far spostare la scelta su eventi paralleli, nei momenti in cui ci sono collegamenti nella rete degli avvenimenti stessi.

Hugh Everett III, fisico dell’università di Princeton, studiò l’ipotesi di universi paralleli e chiamò “punto di scelta” il momento in cui si poteva sovrapporre un effetto all’altro, nel corso di un evento. Il punto di scelta è la possibilità d’apertura di un varco, di un ponte, che permette di cambiare sentiero per passare al risultato di un altro sentiero parallelo: in sintesi, è un qualcosa che ci permette di effettuare un salto quantico, da una sequenza di effetti già sperimentata ad una nuova sequenza dall’esito differente.

E’ come se la stessa storia fosse stata scritta prevedendo finali diversi: ad un certo punto, ci troviamo nella biforcazione multipla che ci permette di imboccare un risultato, piuttosto che un altro. Ad esempio, se sono entrata in un corridoio, posso andare nelle stanze che si trovano alla sua destra o alla sua sinistra, ma solo alla fine del corridoio posso uscire e cambiare percorso, trovare un bivio.

Il fatto che la nostra concentrazione possa focalizzare un avvenimento piuttosto che un altro, è in sintonia con le scoperte della nuova fisica, che ammette che l’esperimento, o anche la sola osservazione dello scienziato, modifichi la realtà; la teoria della presunta oggettività dell’osservatore, in campo scientifico, è oggi del tutto superata dai risultati della più recente ricerca.

Ritornando all’esempio dei corridoi o delle strade parallele, Braden pensa che ci siano una molteplicità di queste strade e che esse differiscano le une dalle altre per alcuni particolari, che potrebbero sembrare del tutto insignificanti, ma che, per l’”effetto farfalla”, a lungo termine porterebbero a risultati completamente diversi.

Tuttavia, la cosa importante è che la differenza esista e ciò ci porta a credere che se oggi, nel nostro presente, siamo capaci di introdurre anche una piccola modifica, possiamo sfuggire all’effetto delle profezie negative.

Sembra che, usando il pensiero, il sentimento e l’emozione uniti nella nostra preghiera, possiamo attrarre i punti di scelta e cambiare i risultati previsti. Tutto ciò, in fondo, porta alla conclusione che esiste un nesso profondo tra i nostri pensieri collettivi, i nostri sentimenti, le nostre aspettative e la realtà esterna.

Questo modo di pensare era connaturato alla visione della vita degli Esseni, come si rileva dai Vangeli esseni di 2.500 anni fa, i quali riflettono l’idea che gli eventi esteriori sono il riflesso delle nostre più profonde credenze interiori. Gli Esseni avevano una visione olistica della vita e, appunto per questo motivo, consideravano gli squilibri della terra come specchio degli squilibri del corpo fisico dell’uomo.

In quest’accezione, per esempio, anche le catastrofi naturali e i cambiamenti meteorologici sono specchi di grandi cambiamenti che stanno avvenendo nella coscienza umana. Braden esamina le molteplici profezie sparse in testi di tutti i generi e di tutte le epoche e trova che esse sono concordi nel considerare il nostro tempo come punto culminante di un’epoca, dopo la quale ci sarà un assetto del tutto nuovo.

Moltissime profezie concordano nel considerare come anno iniziale del cambiamento – che prevede l’attuarsi graduale di eventi catastrofici prima dell’avvento del nuovo mondo – il 1998. Esistono in questo senso svariate predizioni: da Nostradamus a Cayce, agli Hopi, ad Enoc, a Giovanni, a Isaia, eccetera, che considerano i nostri tempi come relativi alla fine di un ciclo.

Questi veggenti (o profeti) insistono su predizioni di eventi molto forti e sconvolgenti, ma, poi, presentano altre visioni, di pace e beatitudine, che finora sono state lette secondo un’accezione lineare del tempo, ma che, forse, andrebbero lette in maniera differente.

Tra i rotoli del Mar Morto è stato ritrovato “Il libro esseno della Rivelazione” che sembra essere una versione dell’Apocalisse di Giovanni, forse la sua versione originale, da cui discenderebe quella attualmente a noi nota. Nel testo, l’Apostolo Giovanni chiede all’angelo che lo guida il perché del verificarsi di quegli avvenimenti catastrofici e la voce angelica risponde: “L’uomo ha creato questi poteri distruttivi. Egli li ha forgiati con la sua stessa mente. Ha girato le spalle alle (forze) angeliche del Padre Celeste e della Madre Terra, e ha messo a punto la sua stessa distruzione”.

Mi sembra che da queste parole si possano trarre due deduzioni:

1) il potere mentale umano collettivo sarebbe capace di reificare, cioè di creare l’esperienza;
2) il male si verifica in seguito alla disattenzione nei confronti delle Leggi Universali.

Ne consegue, allora, che bisogna imparare ad utilizzare consapevolmente questo potere, alla luce della conoscenza della Volontà Divina, cioè delle Sue Leggi.

Ritornando a Giovanni, egli chiede all’Angelo: “C’e’ speranza?”, e Questi risponde: “C’è sempre speranza”, dopodiché gli mostra una visione di beatitudine e di pace nel mondo. E ancora, a Giovanni, che chiede cosa bisogna fare perché si realizzi la seconda possibilità, la voce risponde che saranno i viventi di quell’epoca a decidere gli avvenimenti: “Io daro’ generosamente all’assetato dalla fontana dell’acqua della vita”.

Forse, ciò può significare che chi si allineerà con la vita, con le sue leggi e non con il desiderio di distruzione, realizzerà concretamente e con pienezza quella stessa vita.

La possibilità di mutare gli avvenimenti, che sembra si possa dedurre dalla lettura dell’Apocalisse, emerge anche dalla Bibbia.

Nella Torah, il matematico israeliano dott. Eliyahu Rips ha scoperto una chiave matematica, controllata e convalidata da numerosi esperti di cifrari, attraverso cui nomi di paesi, eventi, date, ore e persone si intersecano verticalmente, orizzontalmente e diagonalmente, fornendo una fotografia di eventi passati e di possibilità future.

Si ritrovano cosi’, in un testo di migliaia di anni fa, la notizia della seconda guerra mondiale, il nome di Hitler, il termine olocausto, la devastazione della bomba atomica insieme all’anno del suo lancio (1945) e tutti i più importanti avvenimenti storici passati, più o meno recenti.

Questa è una notizia certamente sconcertante, ancor di più se si pensa che c’è chi ritiene che la storia della terra sia tutta scritta, in codice, nella Bibbia. Relativamente ad avvenimenti futuri, sempre nella Bibbia, dal 2006 al 2012 sarebbero stati previsti periodi di oscurità, sconforto e annientamento, a causa dell’impatto tra la terra ed una cometa.

Tuttavia, per il 2012, anno dell’annientamento della terra, appare una seconda frase: “(La cometa) sara’ ridotta in frantumi, cacciata via, la faro’ a pezzi”. Quindi, appaiono due futuri nello stesso momento. Questo modello appare più volte nella Bibbia e, in relazione ad avvenimenti significativi, appare anche la domanda: “Lo cambierete?”.

Cosi’, anche la Bibbia sembra dirci che possediamo un potere sconosciuto; forse, non a caso, questa chiave di lettura è stata scoperta nel 1995, in un momento in cui potrebbe esserci stata una consapevolezza sufficiente nelle masse, che avrebbe consentito di usare questo potere. Esso consiste nella forza della “tecnologia” della preghiera di massa.

La sfida di questa epoca sarebbe, allora, quella di formare la massa, diffondendo l’idea, nonché la pratica di questa forza, attraverso l’esperienza di gruppi che vadano sempre più collegandosi, pur rimanendo nei propri luoghi di residenza.

A questo proposito, Braden riporta il risultato di una preghiera svoltasi il 13 novembre 1998 in circa 35 paesi dei sei continenti, la cui notizia era stata diffusa tramite internet. La preghiera era sulla pace e sulla sacralità della vita.

Quella stessa sera era stato dato l’ordine di attacco aereo sull’Iraq e, successivamente, subito dopo, questo era stato interrotto. Gli oranti non chiedevano un intervento divino, ma affermavano la vita, in nome della pace.

Ancora una volta, gli avvenimenti e le profezie sembrano dimostrarci che: “noi impersoniamo il potere collettivo di scegliere quale futuro vogliamo sperimentare”.

Vediamo adesso in che cosa consiste questa tecnologia della preghiera e su quali basi deve poggiare per essere efficace ed efficiente.

Braden ha fatto ricerche sulla preghiera, non solo ricorrendo a testi profetici, specialmente di derivazione essena, ma anche recandosi nei santuari del Tibet; c’è chi sostiene che gli Esseni si fossero rifugiati in quella terra e quindi qualcosa delle loro tradizioni sarebbe dovuto rimanere nei costumi degli antichi monasteri.

Durante la visita in Tibet, gli fu rivelato che l’essenza della preghiera consisteva nel sentimento. In una preghiera efficace ed efficiente potevano anche non esserci parole, ma se vi erano, quelle parole dovevano suscitare un sincero sentimento, un’emozione.

Riprendendo i testi esseni, Braden sostiene che emozione, pensiero e sentimento sono le chiavi della tecnologia della preghiera e che, all’interno di noi stessi, dobbiamo sperimentare, sentire ciò che vogliamo realizzare all’esterno; questo dobbiamo sentirlo nel corpo, nei pensieri e nei sentimenti.

Possiamo dare ciò che abbiamo, possiamo espandere fuori di noi ciò che siamo. Ciò che vogliamo deve realizzarsi contemporaneamente nel pensiero, nel sentimento e nel corpo. Il pensiero e l’emozione, prima, devono essere considerati separatamente e, poi, riuniti, perché il pensiero deve essere il sistema di guida che indirizza le nostre emozioni.

Il pensiero, anche sotto forma di immaginazione, determina la direzione dell’attenzione e dell’emozione. L’emozione è l’energia che ci fa percorrere la direzione voluta, è “la fonte di potere.” Per Braden, all’estremo, esistono solo due emozioni: l’amore e la sua assenza, spesso identificata con la paura.

Il sentimento è l’unione di pensiero ed emozione; infatti, per provare un sentimento dobbiamo avere un’idea e un’emozione. Ora, il sentimento, dice Braden, “è la chiave della preghiera, perché la creazione risponde al mondo del sentire umano”.

Quindi, per prima cosa, diventa importante capire ed essere coscienti dei pensieri e delle emozioni rappresentati dai nostri sentimenti, perché, talvolta, si esprimono pensieri che sottendono emozioni diverse da quello che affermiamo di provare, finendo così per realizzare effetti indesiderati, o avviene che la nostra preghiera non funzioni.

I pensieri, in se stessi, possono veicolare delle aspettative, ma rimangono desideri potenziali, quindi inerti, se non sono accompagnati dal potere dell’emozione. Spesso, però, l’emozione che accompagna un desiderio procede in direzione inversa rispetto al nostro desiderio, ma noi non ne siamo coscienti.

Se, per esempio, desidero una salute migliore e, a monte del desiderio del miglioramento, sottosta la paura della malattia, della scarsa salute di cui godo, quest’emozione darà potere proprio a ciò che più temo: la malattia. Anche a livello di pensiero, affermando “migliore”, implicitamente, mi focalizzo sul “non abbastanza”; e, se pensiamo di non avere abbastanza, inconsciamente ci sentiamo comunque miseri e angosciati.

Ricordiamo la frase del Vangelo “Chiunque cerchi di proteggere la propria vita la perderà”. Ciò potrebbe significare che chiunque cerchi di difendersi da tutto ciò che può influire negativamente sulla propria vita, finisce col focalizzare l’attenzione proprio su ciò che vuol evitare, attirandolo.

Lo “iettatore”, in questo caso, sarebbe semplicemente un individuo con il pensiero e l’emozione sempre focalizzati su pericoli e guai, mentre chi crea situazioni di benessere, al contrario, sarebbe centrato sulla gioia. Braden dice che “noi immergiamo nelle possibilità della creazione un sentimento in forma di immagine, con quel tanto di energia che basta affinché si sviluppi una nuova possibilità”.

La chiave di questo sistema, però, è che la creazione ci restituisce esattamente ciò che la nostra immagine aveva mostrato. “L’immagine indica alla zuppa della creazione dove abbiamo posto la nostra attenzione. L’emozione che colleghiamo all’immagine attrae la possibilità di quest’immagine”.

Quando “non vogliamo qualcosa – che è un’emozione basata sulla paura – la nostra paura, in realtà, alimenta ciò che diciamo di non volere. In sostanza, la legge creativa, che regola questo nostro potere, implica che noi ci focalizziamo solo sul positivo, su ciò che vogliamo e mai su quello che non vogliamo che accada; quindi, per esempio, dire e sentire: ‘fai scomparire la guerra’, finisce col dare forza all’idea di guerra, mentre pregare per la pace significa focalizzare l’attenzione su di essa”.

Non basta, tuttavia, limitarsi a quest’aspetto della preghiera, ma ogni possibilità effettiva di cambiamento, sia a livello individuale (ad es., la guarigione personale a tutti i livelli, da quello fisico alla realizzazione spirituale), sia a livello sociale (mutamento degli schemi che reggono la società, realizzazione di un nuovo mondo), si concretizzerà solo se riusciremo a sintonizzarci sullo stato d’animo del risultato e non sul tempo che ci potrebbe volere per produrlo.

In sintesi, dobbiamo sentire che ciò che vogliamo si è già realizzato e che la nostra preghiera è stata esaudita nel momento stesso in cui l’abbiamo pronunciata.

A parer mio, le parole di Gesù: “Donna, la tua fede ti ha salvata”, rivolte alla donna che furtivamente gli toccava la tunica, sicura di poter essere per ciò stesso guarita, hanno questo significato: “Se avessi fede e dicessi alla montagna – spostati -, la montagna si sposterebbe”.  Credo che, anche in questo caso, Gesù si riferisse proprio all’antica tecnologia della preghiera, già conosciuta dagli Esseni, presso i quali sia Maria che Gesù erano stati educati.

Braden sostiene che presso i popoli antichi il concetto di fede era la chiave per comunicare con le forze invisibili del mondo. La fede diventa l’accettazione del nostro potere, in quanto forza capace di imprimere una direzione alla creazione. La modalità di richiesta della nuova forma di preghiera, necessariamente, deve terminare con un’esplicitazione di gratitudine, perché, se siamo convinti che ciò che chiediamo sia già stato ottenuto, dobbiamo ringraziare. Gli sciamani e i popoli antichi pregavano cosi’. (Vedi a tal proposito pagg. 156-157 del testo di Braden).

Il modo di pregare che ci viene proposto, quindi, parte da uno stato d’animo molto diverso da quello usuale; infatti, non chiediamo più di essere esauditi, come abbiamo fatto finora, ma ci muoviamo con la consapevolezza del nostro potere creativo e riconosciamo il ruolo attivo che abbiamo nel processo di creazione.

Anche se non vediamo, al momento, risultati concreti, dobbiamo essere sicuri che, in qualche dimensione, la nostra preghiera è già stata esaudita. Non dobbiamo stupirci di essere creativi; infatti, noi siamo stati creati ad immagine e somiglianza di Dio, siamo fatti della stessa sostanza, ma spesso “ci sentiamo polli e non aquile che possono fissare il sole”.

Mi sembra interessante riportare uno specchietto presente nel libro di Braden, perché visualizza in maniera chiara le differenze tra la forma di preghiera comunemente usata e quella prospettataci dagli Esseni:

Preghiera di richiesta. 

1. Ci concentriamo sulle condizioni in cui crediamo che la pace non esista. 2) Chiediamo l’intervento di un potere più alto affinché cambi le condizioni. 3) Nel chiedere, forse, riconosciamo che pace e cambiamento armonioso non sono ancora presenti in questi luoghi. 4) Continuiamo a chiedere questo intervento, fino a che non vediamo che il cambiamento si realizza realmente nel mondo.

Preghiera attraverso la quinta modalità. 

1. Grazie alla nostra tecnologia, basata su pensiero, sentimento ed emozione, creiamo interiormente le condizioni che scegliamo di vivere nel mondo esterno. Per esempio, “Che avvenga un cambiamento armonioso sulla terra, che tutta la vita guarisca e che ci sia pace in tutti i mondi”. Il nostro sentimento, che tutto ciò sia già accaduto, dà potere alla nostra preghiera e mette a fuoco il suo esito. Nel fare ciò, abbiamo creato una nuova memoria di una più alta possibilità. 2. Noi osserviamo tutti gli eventi che accadono in assenza di pace, senza dare giudizi del tipo buono o cattivo, giusto o sbagliato. 3. Noi riconosciamo il potere della nostra ”tecnologia interiore” e presumiamo che la nostra preghiera sia stata esaudita: pace e cambiamento armonioso sono già presenti sulla terra. 4. La nostra preghiera ora consiste nel: a.) dare un riconoscimento a ciò che abbiamo scelto; b.) sentire che questo si è già realizzato; c.) ringraziare di aver avuto l’opportunità di scegliere e, nel far ciò, infondere il soffio della vita nella nostra scelta.

L’essenza della nuova concezione di preghiera si basa su una visione olistica, una visione cioè in cui non c’è separazione, in cui ogni cosa è collegata ed ha effetto sulle altre, perché unica è la forza sacra e divina che regge la Creazione e niente esiste all’infuori di questa forza. Qualunque cosa esista è espressione di Dio ed ogni cosa lavora in modo armonico, seguendo le leggi divine.

E’ la nostra visione separata, centrata su un dentro e un fuori di noi e sul giudizio, che, influendo anche sulla chimica del nostro corpo, rischia di trasformarlo in un campo di battaglia tra germi “buoni” e “cattivi”.

Perché i germi presenti nel nostro corpo possono convivere con noi senza farci ammalare e solo in certe condizioni diventano aggressivi? Sarebbe interessante scoprire queste condizioni a livello psichico.

Braden crede di avere trovato la chiave in uno scritto esseno; secondo lui, l’unità di pensiero, emozione e sentimento sta nella PACE.

In effetti, riflettendo su quanto dice, mi sembra che potrebbe avere ragione: infatti, che cos’è la pace se non l’equilibrio di ogni cosa? In quest’equilibrio non si celebrerebbe forse la saggezza delle leggi divine? Non è lecito pensare a Dio come pace assoluta, armonica coesistenza di creato e non creato? Non si fonda forse la pace sulla coesione di ogni elemento, sull’unione degli opposti, sull’unità? E quest’unità non si può considerare come Amore, l’Amore che tiene unita tutta la creazione, sostenuta dal respiro divino?

“Amor che move il mondo e l’altre stelle” diceva Dante. Nel Vangelo esseno della pace sta scritto: “Il Figlio dell’Uomo cercherà prima di tutto la pace nel corpo; perché il corpo è come uno stagno di montagna: quando è calmo e limpido rispecchia il sole, ma quando è pieno di fango e sassi non rispecchia nulla”.

“Poi, affinché l’Angelo della saggezza possa guidarlo, il Figlio dell’Uomo cercherà la pace nel pensiero. Non esiste, ne’ in cielo ne’ in terra, un potere più grande dei pensieri del Figlio dell’Uomo. Anche se è invisibile agli occhi del corpo, ogni pensiero è fornito di una grande potenza e la sua forza può persino scuotere i cieli. Poi, il Figlio dell’Uomo cercherà la pace dei sentimenti.

Dobbiamo dunque sollecitare l’Angelo dell’Amore, affinché entri nei nostri sentimenti e li purifichi; e allora tutto ciò che era impazienza e discordia si trasformerà in armonia e pace.  La Pace è la chiave di tutta la conoscenza, di tutti i misteri e di tutta la vita”.

Dovremmo meditare in modo approfondito su queste parole e capire che cosa significhi tradurle in atti concreti. Indubbiamente, io penso che realizzare questa pace implichi l’aver raggiunto il controllo dei sensi, del corpo in generale, dell’emozione e del pensiero; ma ciò, a sua volta, implica un processo di purificazione in questi tre livelli. E per attuare ciò è necessario “conoscere se stessi”.

Riflettendo: se non mi conosco nel profondo e non individuo in ogni mia azione qual è il vero intento che mi muove, non posso sapere che cosa purificare, ne’ come controllarmi.

Per fare un esempio, possiamo dire che in una situazione di pericolo, come per esempio un terreno scivoloso percorso a forte velocità, riusciamo a controllare un’automobile solo se conosciamo perfettamente il suo funzionamento e ne abbiamo fatto esperienza pratica nelle diverse situazioni.

Per evolvere, quindi, non è sufficiente solo volgere la mente e le aspettative verso dimensioni superiori o fare pratiche più o meno esoteriche senza essere scesi, prima, nel proprio profondo e avere risolto tutte le agitazioni, l’istintività, i pregiudizi ecc., senza prima aver trovato la pace, l’accettazione piena di ogni situazione, la capacità di avvolgerci nella pace in qualunque stato.

Se ci lasciamo prendere dal risentimento, se non sappiamo perdonare chi ci sta vicino e ancora ci agitiamo perché non riusciamo a dirigere qualcosa o qualcuno come vorremmo; se ci sentiamo delusi, perché le nostre aspettative non si sono realizzate; se ci sentiamo messi da parte o non considerati; se abbiamo bisogno dell’approvazione degli altri per sentire di valere qualcosa; se ancora vogliamo imporre una nostra idea, quando gli altri non la condividono; quando pensiamo che solo una forma di realtà sia giusta e non ci apriamo alle mille possibilità, al fluire della vita, allora non siamo quello che crediamo di essere e, forse, agitiamo in noi stessi solo fantasie spirituali, fantasie che, precludendoci di vedere la realtà, finiscono per allontanarci proprio da quella meta verso cui crediamo di camminare.

Gli Esseni, quindi, ci hanno lasciato da apprendere una grande lezione:

1) Ci hanno fatto comprendere l’importanza della pace in tutta la creazione; 2) ci hanno mostrato che l’applicare la pace al nostro mondo interiore può creare cambiamenti nel mondo esterno.

Se anche noi crediamo in una visione olistica, ne consegue che dobbiamo considerarci corresponsabili di tutto ciò che accade nel nostro mondo e, in quanto consapevoli della nostra possibilità di dirigere gli avvenimenti – anche attraverso piccoli cambiamenti, che peraltro possono portare a grandi conseguenze – non possiamo più starcene con le mani in mano, aspettando che siano quelli che contano a prendere le decisioni, proprio perché quelli che contano siamo anche noi.

Braden sostiene che “in ogni momento della nostra esistenza effettuiamo scelte che affermano o negano la vita nel nostro organismo”.

Siamo quindi responsabili della nostra salute e abbiamo in noi stessi il potere della guarigione, ma siamo responsabili anche degli altri, perché, all’interno di una visione unitaria, le scelte e le azioni di ogni singolo influenzano tutti gli altri, anche se alcune azioni hanno un effetto minore o maggiore.

Chiunque agisca in modo diverso, in situazioni analoghe, apre agli altri delle possibilità, che poi diventano scelte disponibili per tutti. L’azione diversa non va considerata ne’ negativamente ne’ positivamente, essa è soltanto l’introduzione di un’ulteriore possibilità che si è concretizzata e che, in ultima analisi, contribuisce ad arricchire la realtà, anche quando personalmente non sentiamo di sceglierla. Questa costituisce un’importante lezione di base per la tolleranza.

Tuttavia si ritiene, anche se si ripete quanto già detto prima, che bisogna riflettere sul fatto che noi, comunque, scegliamo continuamente, anche quando non ne siamo coscienti; solo che, in quel caso, poiché scegliamo di non scegliere, a scegliere per noi, in pratica, diventano gli schemi istintivi di natura animale, o quelli culturali, stratificati dall’abitudine.

Ora, se siamo convinti che le nostre scelte, consapevoli o meno, abbiano determinato il nostro mondo così come esso è, ne deriva che, se vogliamo guarire il mondo, dobbiamo sapere discernere tra le nostre scelte e scegliere quelle condizioni che vogliamo sperimentare nella realtà.

Quando modifichiamo le nostre convinzioni e troviamo nuovi modi di esprimerci, il mondo circostante rispecchia le nostre scelte. In presenza della nostra pace, i sistemi turbolenti diventano pacifici. Le scelte che affermano la vita nel nostro organismo creano delle condizioni, che poi rispecchieranno tali scelte anche all’esterno.

Forse questo spiega l’antico insegnamento secondo cui, per guarire il mondo, dobbiamo diventare noi stessi le condizioni che portano guarigione. Ciò è stato comprovato anche a livello scientifico: infatti, si è scoperto che le nostre emozioni e sentimenti influenzano il DNA, che a sua volta influenza gli atomi e le molecole di quanto ci è vicino.

Questa verità, per esempio, è implicitamente riconosciuta in alcune parti dell’Oriente (Cina, Filippine) dove la preghiera, secondo l’accezione esposta, è usata come metodo di cura. In una clinica di Pechino è stato monitorato un caso di guarigione da cancro alla vescica, da parte di tre guaritori. Il tumore era ripreso su un grande schermo, attraverso la tecnica degli ultrasuoni, ed era evidenziato in tutta la sua gravità.

I tre guaritori, posti dietro il malato, stavano concentrati usando tecniche di movimento, respiro, pensiero e sentimento. Essi muovevano le mani sul volto e sul petto del paziente senza toccarlo, poi ripetevano continuamente, con sempre maggiore intensità, frasi del tipo: “già andato via, già avvenuto”.

Sullo schermo, ad un certo punto, il tumore cominciò a tremolare e poi a rimpicciolirsi. Dopo due minuti e quaranta secondi era scomparso! I guaritori ed il pubblico, che seguiva l’intervento guardando il monitor, erano concentrati sullo stato d’animo del risultato dell’evento e non su quello del tempo che ci sarebbe voluto per guarire. Questa differenza sembra essere molto importante.

E’ questo il caso della preghiera comune: esperienza di pochi, capace di cambiare le emozioni e i pensieri di moltissimi, come dimostrano gli studi scientifici sull’effetto della preghiera. Braden è convinto che, se solo l’uno per cento della popolazione mondiale si focalizzasse su un sentimento di pace, usando la giusta tecnologia, il mondo intero potrebbe cambiare, potrebbe essere mutata la coscienza del mondo.

Tuttavia, bisogna riflettere sul fatto che la cosa non è cosi’ semplice come sembra, perché noi stessi, che ci sentiamo pronti a pregare per la pace nel mondo, non siamo esenti da esperienze di conflitto nel nostro intimo.

Questo è un esempio di guarigione individuale, ma l’influenza di uno (o di pochi) non vale solo per modificare qualcosa in un singolo individuo, ma è in grado di apportare modifiche più generali. Esiste infatti un collegamento fra le cose e fra tutti gli uomini. Cosi’, per risonanza, tutti noi siamo connessi in un sistema che potrebbe essere definito come “mente universale”. In virtù di questo sistema, le scoperte e le esperienze di pochi divengono un beneficio per molti.

Quando freghiamo il posteggio ad un altro, quando insultiamo l’automobilista che ci sorpassa, quando sorpassiamo con prepotenza, quando facciamo i furbi e usiamo tutte quelle piccole strategie per prevalere, quando nel lavoro ci mettiamo in competizione, quando ci facciamo raccomandare, quando desideriamo che all’altro sia impedito qualcosa, quando cerchiamo il potere personale, eccetera – mille potrebbero essere gli esempi – noi stiamo seguendo schemi di conflitto e di separazione.

Ora, se questi schemi sono presenti dentro di noi, se costituiscono il nostro modo di sentire e di rapportarci, come possiamo avere la pace nel mondo?

Il nostro mondo è l’effetto di ciò che noi siamo. Dobbiamo dunque provare ad essere pace, a provare pace al nostro intimo, perché ci sia l’allineamento di pensiero, emozione e sentimento nella nostra preghiera.

Nonostante tutte queste difficoltà e tutti i nostri problemi irrisolti, dallo scritto di Braden possiamo trarre un’indicazione preziosa, che coincide con quanto scritto da Redfield: possiamo lavorare su noi stessi e sul mondo, estendendo la nostra capacità di coscienza. Il fatto che ci siano delle difficoltà non ci esime dal provare a modificarci, gradualmente, ma con costanza, ricordando che un bambino impara a camminare camminando, cadendo e rialzandosi.

Il gruppo, anzi i gruppi, hanno oggi una grande funzione, un grande potenziale di responsabilità e di cambiamento del corso degli eventi, purché riescano a funzionare secondo modalità etiche, come si evince dall’ottava Illuminazione di Celestino. Occorre ancora, però, saper emettere pensieri chiari e immagini precise di ciò che si vuol realizzare.

Se il pensiero deve guidare l’emozione, non dobbiamo consentire che essi si pongano come il gatto e la volpe. Dobbiamo aver chiaro in mente il mondo che vogliamo, studiandone tutte le possibili conseguenze. Pertanto, bisogna dar vita ad un’immaginazione collettiva del nuovo mondo e ammantarla di passione, pensare con assoluta fede che esso già sia, che si realizzi senza scosse e sconvolgimenti, nella gioia e nell’armonia, come espressione di una pace che dobbiamo gustare, sentire, amare ed esprimere anche in ogni nostro atto.

Se tanti gruppi si stringeranno insieme e si sforzeranno di realizzare questo patto creativo, allora, forse, veramente transiteremo tutti, insieme al pianeta, in una dimensione superiore, senza scosse ed eventi traumatici.

In sintesi, dobbiamo prendere in mano il nostro destino e costruirlo passo per passo. Il lavoro dei gruppi dovrebbe, per questo motivo, consistere in un processo articolato:

1) Lavoro per la conoscenza e il controllo individuale; 2) Potenziamento e mantenimento di un alto potenziale energetico; 3) Visualizzazione di un nuovo tipo di società e sua diffusione attraverso tutti i mezzi tecnologici moderni, ma anche tramite “forme-pensiero” e la tecnologia della preghiera efficace, nonché messa a punto, se si trovano gli esperti, di nuove tecnologie pulite di approvvigionamento energetico e di nuove scoperte relative al mondo ideato; 4) Collegamento con altri gruppi, ad ogni livello, per realizzare una coscienza di massa aperta al cambiamento e per l’aiuto e la cooperazione reciproca.

Naturalmente, all’interno dei gruppi ognuno dovrà farsi parte attiva, perché è scontato che un programma così vasto non può essere solo onere di pochi, ma ognuno, secondo le proprie possibilità e competenze, in spirito di servizio, dovrà attivamente fare la sua parte.

Inoltre, se c’è purezza di intenti e vero spirito di servizio, non di protagonismo, sicuramente gli aiuti verranno dall’alto copiosi, mentre un gruppo che presenti disfunzioni, mancanza di chiarezza, o in cui i membri cerchino realizzazioni personali o, ancora peggio, tramite cui qualcuno amplifichi il proprio ego, sarà sicuramente abbandonato dal conforto della presenza dei maestri e delle essenze angeliche.

Un altro testo recentemente vagliato s’intitola: “Manuale per il Nuovo Paradigma – Come liberarci dalle schiavitù imposte e salvare il pianeta dalla distruzione”. E’ un testo in cui non figura un autore, che si presenta come una serie di comunicazioni date tramite channelling. Il contenuto del libro, edito dalla Macro Edizioni, concorda, nei punti salienti, con quanto esposto fino ad ora.

Vengono esortati i gruppi, affinché imparino ad ampliare la consapevolezza e ad invocare la più alta fonte di conoscenza, affinché li aiuti a concepire un nuovo modo di vivere l’esistenza tangibile. L’esortazione, in un certo senso, è rivolta agli uomini di buona volontà, perché viene riconosciuto che i tempi sono brevi e non si può più indugiare, cercando di convincere tutti ad assumersi la responsabilità di cercare una via d’uscita alla corsa verso la distruzione totale del pianeta.

La realtà attuale viene riconosciuta come espressione di quest’umanità, ed ora, sostiene il testo, occorre un vero e proprio salto concettuale, che non neghi questa esperienza, ma vada alla ricerca della sua struttura fondamentale.

Tutti siamo responsabili di questo stato di cose, anche coloro che attivamente non hanno commesso atti riprovevoli; essi, comunque, sono responsabili di non aver messo argini al disordine, di non essere stati attenti e accorti e, per ciò stesso, di aver consentito di divenire vittime e non attori della propria vita.

Occorre saper usare il pensiero “focalizzato e lasciato libero”, poiché esso è uno strumento formidabile, se usato correttamente, in osservanza di alcuni requisiti: per prima cosa, il pensiero espresso deve essere consono o in sintonia con il flusso naturale dell’universo, cioè non deve essere contrario alle leggi divine; deve essere guidato da una motivazione specifica, da una intenzione precisa, espressa con chiarezza e determinazione e deve essere lasciato andare, con la piena fiducia che esso sarà portato a compimento nei piani eterici e che poi si manifesterà nella realtà.

Sin qui abbiamo ritrovato gli stessi concetti già espressi. La novità che appare in questo testo, è il riferimento, non del tutto chiaro, ad una piccola parte dell’umanità, o comunque a forze oscure che, lavorando dietro le quinte, starebbero riuscendo ad avere il controllo totale del resto degli uomini e del pianeta, per portarlo verso una fase discendente, contraria al processo evolutivo e ai fini del Creatore.

Il nostro pensiero – secondo l’entità canalizzata – è stato magistralmente condizionato e portato a centrarsi sull’importanza delle opinioni altrui, è eterodiretto dai media, focalizzato sui concetti di autodifesa dai pericoli, sulla ricerca del piacere sessuale, reso dipendente da mediatori religiosi, che ci allontanano dal contatto diretto con la Fonte.

Shantij

Fonte: http://www.shantimandir.eu/leffetto-isaia-gregg-braden/

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