I pensieri negativi.

Liberarsi dai pensieri negativi a tutti i costi.

Si è diffusa la credenza che, quando sorgono pensieri negativi e proviamo emozioni “basse”, attiriamo cose negative nella nostra vita, sventure, ostacoli, blocchi, persone sbagliate, situazioni contrarie al nostro volere, etc. In conseguenza di ciò, identificati col “ricercatore spirituale”, con “l’aspirante zen master”, o semplicemente con “la persona che vuole stare bene”, tentiamo invano di liberarcene, di distrarci dai brutti pensieri, di evitare momenti di down, giudicando pesantemente noi stessi quando non ci riusciamo e temendo per il nostro futuro ogni volta che siamo attratti dalla spirale di pensieri negativi.

Non sono poche le persone che ho incontrato ultimamente alle quali ho suggerito di “stare con le proprie emozioni” e di “osservare i propri pensieri”, di tuffarsi nei propri incubi, nella scena finale, nella più orribile delle sensazioni: ho incontrato tanta resistenza; primo, perché entrando in contatto con questa parte di noi sembra che faccia ancora più male; secondo, perché si teme di attrarre eventi nefasti.

Al contrario, ciò che nascondiamo, evitiamo, neghiamo, reprimiamo, critichiamo, giudichiamo di noi, si manifesta poi nelle esperienze che facciamo: tanto vale affrontare direttamente il “nostro pozzo buio”.

La corsa al benessere ci ha portato a rifiutare una parte di noi ancestrale, che chiede con prepotenza di essere ascoltata. E se prima non volevamo darle retta, per non soffrire, adesso si è aggiunta anche la fobia che, se ci tuffiamo un attimo nel mare vorticoso interiore, rischiamo anche di vedere materializzati i nostri peggiori incubi.

Spero che queste righe, possano essere di aiuto a fare discernimento.

Il Pensiero Positivo, il potere delle Affermazioni, la Legge dell’Attrazione e della Risonanza: per chiunque desideri uscire dall’ipnosi collettiva, la fase in cui si scoprono le Leggi con cui si formano le proprie esperienze è fondamentale (vedi articolo le Fasi del Risveglio https://www.michelaruffino.com/blog/le-fasi-del-risveglio).

Che siamo fatti di energia e che attraverso pensieri ed emozioni ci sintonizziamo su realtà simili alle nostre frequenze è, oramai, dimostrato scientificamente dalla fisica quantistica. Che i nostri pensieri e le nostre emozioni influenzano il nostro corpo fisico e la salute è altresì dimostrato scientificamente; vedasi a tal proposito i lavori di Bruce Lipton e Gregg Braden. E che diverse religioni e correnti filosofiche abbiano, millenni prima della scienza, cercato di dirci che siamo Uno, seppur filtrate e impacchettate dalla cultura di origine, è un dato di fatto.

Queste informazioni, tuttavia, sono state deformate, ossia interpretate come strumenti per controllare la realtà (ed è solo un’esigenza del nostro Ego impaurito), piuttosto che per conoscere semplicemente come essa si muove.

Possiamo permetterci di “stare con” i pensieri “negativi” e le emozioni “basse” senza che nulla di brutto venga inesorabilmente attratto a noi, ma dobbiamo farlo in modo nuovo.

Quando, ad occhi aperti, immaginiamo situazioni di conflitto o che temiamo accadano e siamo completamente ipnotizzati da questo film, ci sono buone probabilità che questo segnale incontri una corrispondenza energetica negli eventi: ciò in cui crediamo influenza la nostra realtà, sia perché la interpretiamo sempre con lo stesso filtro e quindi la interpretiamo ed etichettiamo a modo nostro, sia perché siamo attratti da eventi e persone che ci diano la conferma di ciò in cui crediamo, anche se è dannoso per noi.

Occorre favorire uno shift, un cambiamento di “posizione”: prima, da “attore coinvolto nella parte” a “spettatore/osservatore” e, poi, da “osservatore” a “Sé”: quest’ultimo non è un passaggio da fare, ma accade come riconoscimento di ciò che è.

Identificandoci nella voce narrante in testa, crediamo che farsi il film sia utile, utile per non correre rischi, per essere preparati e crediamo ciecamente alla storia che ci raccontiamo. I film ad occhi aperti, i botta e risposta interiori mentre laviamo i piatti, le strategie di difesa che elaboriamo in macchina mentre andiamo a lavoro: crediamo siano indispensabili e che sia “normale” e, oltre ad avere la nostra piena attenzione, hanno tutta la nostra cieca fede.

Siamo abituati a prendere sul serio questa voce narrante, talvolta così sul serio da volercene liberare. Spesso tutto comincia con “c’è qualcosa che non va”, oppure “non dovrei sentirmi così”, “non dovrei essere qui, non dovrei vivere questo momento” e da lì parte il film su come possiamo cambiare o scappare da quell’emozione che è emersa dal profondo.

Da bravi scolari della New Age, però, sapendo che attraiamo ciò che pensiamo (non è così) ci sentiamo in colpa per i nostri pensieri e o cerchiamo di reprimerli. E da questo atteggiamento di paura, che può essere alimentato con l’attaccamento a questi pensieri o con il loro rifiuto, materializziamo la realtà che viviamo.

Dal momento in cui ci poniamo come osservatori di tutto questo, accade una disidentificazione che impedisce la concretizzazione di situazioni affini al contenuto che stiamo osservando. Non siamo più nell’Immaginazione Creativa, siamo nella Presenza. Si esce dall’ipnosi e si dissolve il potere creativo, poiché non crediamo più ciecamente a ciò che vediamo. Sottraiamo potere creativo all’attore, o all’eggregora, o al Corpo di Dolore, per ricentrarci nella quiete del qui ed ora.

Desidero condividere alcune specifiche importanti.

L’osservatore non ha nulla a che fare con il giudice interiore, che analizza e critica: l’osservatore, in realtà, sente, non guarda e basta, ma sente e non commenta. Questo accogliere è quello che Eckhart Tolle chiama la disidentificazione dal <corpo di dolore>, altri dal <bambino interiore>, altri dalla <ferita>, altri ancora dal <demone>.

Qualsivoglia appellativo si desideri usare, noi siamo lo Spazio dentro il quale qualcosa accade. E, a proposito di disidentificazione, non si tratta semplicemente di fare spalluce e dire “non è niente, non è reale”, “è un prodotto della mia mente, io sono altro”, perché questo non è accogliere, non è amore, non è dare spazio.

Un semplice ascolto consapevole, a partire dalle sensazioni del corpo e nel corpo, su come queste contrazioni si muovono. Una semplice attenzione disinteressata, ossia senza alcun obiettivo, né psicologico né spirituale. C’è spazio per tutto.

Sì, in certi momenti sembra di scoppiare, qualcosa dice “è insostenibile”, più ci stiamo dentro e più fa male, ma aspettiamo, un altro istante, accogliamo persino quel qualcosa che trema e dice che non ce la fa, c’è spazio anche per quello, ed ecco che qualcosa si scioglie, si muove e si dissolve. Tornerà e noi saremo ancora lì, presenti.

Lo shift, il passaggio che va operato, è nel punto di vista: finché c’è un punto di vista, siamo parte della storia che crea costantemente se stessa attraverso il potere della nostra attenzione, il nostro credere. Ma possiamo osservare il nostro punto di vista?

Sì, possiamo osservare il nostro punto di vista. Ciò che osserva il nostro punto di vista ha una forma, un nome, un odore? Chi lo desidera ha la possibilità di fare questa scoperta da sé.

“Ma io voglio stare bene” in genere si lagna la persona, ed è proprio questo desiderio l’origine del nostro problema: il rifiuto dell’umanità. Quello che si guadagna da tutta questa manfrina sulla presenza è molto più nutriente, appagante e imperituro di ciò che stiamo cercando di difendere con tanti bei paroloni new age sulla zenitudine e la vita perfetta.

La parte importante di tutto questo “stare” è il Processo, non il Contenuto. Non è commentare, analizzare, aggiustare ciò che si trova. Può essere utile, in un primo momento, quando vorrebbe partire il film disastroso, domandarsi di cosa abbiamo paura, o cosa vorremmo che accada veramente fino in fondo e poi interrogarsi su quale parte di noi sente questo.

E’ naturale che, arrivati a questo punto, se siete ancora qui a leggere queste righe, probabilmente avete già preso coscienza dei vostri schemi comportamentali e vi state semplicemente chiedendo perché non ve ne siete ancora liberati.

La mente porterà sempre materiale su cui lavorare, sempre altro contenuto, in un viaggio all’infinito su cui avere tutta l’attenzione… e non possiamo nemmeno mettere la testa sotto la sabbia, poiché conoscere i meccanismi nei quali ci siamo ingabbiati è parte della via di uscita.

E’ il Processo di riconoscimento dello “Spazio che siamo” la chiave di volta, a tal punto che possiamo anche ringraziare quei meccanismi che portano in ‘superficie’ energie e movimenti che necessitano del nostro amore: allenano la nostra attenzione a restare nella pura Presenza. Possiamo guardare il lupo negli occhi e trovare lì tutto il nostro potere.

Quando accogliamo emozioni e pensieri, nulla di negativo può accaderci (meritevole di approfondimento è questo appellativo “negativo”, che troppo in fretta attribuiamo a pensieri, emozioni, persone e situazioni).

E’ sicuro per noi sostare con il nostro essere, osservare i pensieri compulsivi, provare emozioni sconcertanti, arrivare alla scena madre del nostro peggior incubo, fino a toccare la nostra ferita ancestrale: dal momento che non siamo identificati e accecati da ciò che osserviamo, non stiamo più credendo e alimentando i nostri conflitti, siamo lo Spazio entro cui tutto accade.

Michela Ruffino

Fonte: https://www.michelaruffino.com/blog/liberarsi-dai-pensieri-negativi-a-tutti-i-costi

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