Io.. un castello di carte.

Terra x blog

Il castello di carte è crollato: ho ritirato la carta dell’io.

Le ansie, le preoccupazioni, le angosce, i desideri e le soddisfazioni, se indaghiamo seriamente, si rivelano essere pacchi di pensieri effimeri e ripetitivi che formano il castello di carte chiamato “io”. Se conducendo più lontano l’investigazione, il pensatore, l’io, si rivela inesistente, i pensieri, anche se sembrano forti e persistenti, si sciolgono nella presenza eternamente chiara e trasparente in cui avvengono. Come pesci, nuotano nell’acquario della presenza, vanno e vengono senza ragione alcuna. Se sembrano persistere, ossessionare talvolta, occorre verificarne ancora la transitorietà e l’impostura. La verifica attenta annulla l’identificazione ad essi ed al personaggio che continuamente creano, come un arlecchino vestito di scampoli multicolori ed il suo teatro tragicomico.

Non è un individuo a creare i pensieri, ma il contrario.

Dal primo pensiero “io sono”, “io sono cosciente“, avviene la separazione io-mondo: da quello nascono tutti gli altri pensieri, che poco alla volta formano il gomitolo dell’ego, il quale si gonfia sempre più dalla prima infanzia in poi. L’individuo così “nasce” solo nei primi anni di età e si cristallizza, ma in realtà è dal seme di un solo pensiero che prolifera lo sciame dei pensieri successivi, mantenuti dal meccanismo della memoria che dà origine all’ apparente continuità. Qui nasce il tempo-spazio che genera l’idea di una persona distinta che evolve nella durata. Io sono questo o quello, ho bisogno di questo e di quello: di qui l’insicurezza, la paura e la sofferenza. La radice è la stessa per tutti.

L’ideazione è solo una funzione del sistema nervoso, come gli altri sensi e, per i cinesi, il linguaggio è legato all’elemento terra, corrispondente alla madre, che genera un “altro – da – sé”, cioè l’inizio della differenziazione. Tuttavia, se diamo importanza ad un pensiero e vi cerchiamo piacere, o per evitare un dolore, creiamo un’immedesimazione e quindi avvaloriamo un’identità separata.

La sofferenza dunque è creata solo dall’identificazione a pensieri che emergono nel campo di coscienza, creato dal sistema neuronale e a cui si attribuisce erroneamente una forma separata – essa stessa un pensiero, un concetto definito. Noi ci identifichiamo e quindi ci attacchiamo a questa entità concettuale, più o meno fortemente e desideriamo la sua sopravvivenza ad ogni costo. E’ il nostro interesse verso i pensieri, che mantiene l’attenzione ed il falso credo in un personaggio fantasma. La sofferenza ne è il risultato.

Sri Nisargadatta Maharaj diceva: ” Considera i pensieri come le persone che camminano per strada, non ti fermi a guardarle una ad una! “. Anche i desideri possono essere visti come passanti da ignorare. Esserne coinvolti è un’altra forma di schiavitù, che accentua la separazione fittizia.

Il nido di serpentelli-pensieri che poi nominiamo “apparato psicosomatico” crea un’altra funzione: la memoria. Poniamo che il neonato in cui inizia a verificarsi il senso di separazione dalla madre, si senta abbandonato e privo di difese anche un solo istante, esso tenderà a costruire una serie di pensieri a cui si identificherà, formando tutta una rete di corollari al pensiero-base (“sono separato dal tutto”). Questo processo creerà una collana infinita di situazioni apparentemente diverse – con reazioni dissimili per ognuno di noi, ma in realtà affini – sempre specchio del medesimo problema. Il pensiero di avere un corpo, di considerarsi un individuo scaraventato nel mondo, mentre è il mondo che ci si incolla addosso, è un unico concetto che si riproduce in mille forme, come una pietruzza in un immenso caleidoscopio. Il pensiero così solidificato mantiene la continuità dell’io illusorio, creando un filo invisibile, che dà l’impressione di durata (prima-dopo), indissolubile dallo spazio in cui avviene.

In realtà tutto è qui-ora o meglio, se vediamo l’irrealtà dello spazio-tempo, senza il quale la visione degli oggetti sarebbe impossibile, non è mai… successo niente! Anche il tanto decantato spazio tra due pensieri ed il vuoto stesso è… ancora una rappresentazione mentale!

Vedere tutto questo prosciuga il pantano concettuale: poco a poco i pensieri vanno e vengono, seguendo il loro ritmo e funzione naturale, ma non sono più creduti e non c’è più identificazione.

Soffrire significa non vedere, quindi credere a ciò che non abbiamo verificato. La sopravvivenza di queste astrazioni è dovuta alla mancanza di vera indagine.

– Non continuare ad insistere ad essere qualcuno è essere liberi di essere nessuno, diceva Nagarjuna.

Proviamo ad esaminare che cos’è la memoria. Una raccolta di pensieri, immagini visive sempre definite mentalmente, guizzi neuronali legati al funzionamento del corpo. Se siamo incoscienti o dormiamo, scompaiono i secoli passati, le ere, il Big Bang, i ricordi d’infanzia. In realtà tutto accade solo adesso, ma nello stato di veglia crediamo in un effettivo passato, che in realtà si svolge sempre ora, nell’unico istante presente. Se mi parlano o mi ricordo del passato, esso è solo un’immagine mentale, una rappresentazione, non è tangibile come questo tavolo o questo fiore, ma anche se lo fosse o mi pare di riviverlo in una visione, è sempre successo adesso. Ora. L’uomo di Neanderthal, Attila, Socrate o Hitler sono tutti personaggi attuali, creati dal mio sistema nervoso che mi fa credere ad un ipotetico passato. Non si sono forse scoperti graffiti dell’uomo primitivo sotto effetto di droghe, assolutamente uguali a quelli odierni? Il Big Bang ed il mio respiro in questo momento avvengono ora, non sono mai stati disgiunti, tranne che nel pensiero lineare e falso. Quello stesso che crea e mantiene un senso di continuità, che cementa la superstizione di un passato effettivo, di un presente e di un futuro altrettanto immaginari.

Si parla tanto di ricorsi storici, si canta “non c’è mai nulla di nuovo sotto il sole!”, si elucubra di condizionamenti e ripetizioni ad infinitum di situazioni nella vita di un individuo: sono solo alcune pietruzze di un gigantesco caleidoscopio che si muovono qua e là, creando l’illusione della diversità e della ripetizione nel tempo. I cinque elementi giocano a rimpiattino. Ora. Da un’unica scintilla, milioni di forme che si rispecchiano le une nelle altre. Nell’istante unico.

Questo stato di cose è stato accertato anche dalle scienze neocognitive – in cui si verifica che il cervello e il sistema nervoso creano le situazioni che precedono la nostra volizione – e dalla fisica moderna in cui l’osservatore partecipa al mondo che osserva. E’ anche stato verificato che un’immagine creata mentalmente ha lo stesso effetto sull’apparato psicosomatico, quanto un avvenimento effettivo.

E’ solo il gioco di un unico pensiero che si frantuma in un arcobaleno, ma nessuna entità li provoca.

Questo si constata in ogni campo, psicologico, fisico, scientifico, se si indaga seriamente, non in maniera causale o temporale vecchia maniera, ma servendosi della fisica quantica e dell’ologramma come riferimento, o come si esprimevano già le menti evolute dei geni del Rinascimento. Il detto “così sopra, così sotto” sintetizzava quanto detto qui. Ogni cosa è il riflesso di tutto, ma nell’apparente spazio-tempo si crede ad una sequenza e ad una continuità. I saggi cinesi, per descrivere la manifestazione apparentemente multipla, parlavano di un’unica fiammella, posta al centro di una galleria di specchi, dal cui soffitto pendeva una boccia di cristallo in leggero movimento: ciò creava l’illusione di un’infinità di fiammelle, ma l’origine era una sola modesta candelina!

Se basta una droga, che sia LSD o l’ayuasca a creare mondi paralleli, o un disturbo al cervello, a produrre una visione totalmente diversa, a cancellare dei ricordi, che valore ha il nostro abituale spettacolo ad occhi aperti?

C’è una nuova tendenza, che si avverte in molti circoli che prendono spunto dal libro ‘Il segreto: è la scoperta che ognuno di noi si crea il suo mondo, il mondo è il riflesso della mia mente. Giusto, tuttavia si fermano lì, invece di andar oltre, al nucleo della vicenda. Perché vedrebbero l’inconsistenza di una simile affermazione, in definitiva. Se esiste solo un unico attimo in cui tutto avviene, in realtà significa che nulla esiste effettivamente, allora come possono affermare che si può controllare tutto e magari vincere milioni di dollari o che altro? Il fatto è che credono ancora ad un’entità separata che crea e che può controllare: chi controlla e che cosa? Un’entità fittizia tira i fili di un sogno evanescente, che appare estendersi come una nuvola al tramonto?

E’ il sistema nervoso che produce, tra l’altro, vibrazioni come il suono e quindi la parola, ma TU, io, non siamo né dentro, né fuori a queste ideazioni. Lasciamo parlare, agire lo strumento, dal momento che realizziamo che è solo un’apparizione olografica in 3D ed in movimento. Il grande fisico Bohm lo battezzò olomovimento. Ma ripeto, è necessario indagare seriamente.

Se ci rendiamo conto che la nascita è un concetto arbitrario, dato che è legata ad uno spazio-tempo illusorio, la morte lo sarà altrettanto. Chi e quando si nasce veramente? L’uovo o la gallina? Improvvisamente appare il senso dell’io sono, relativo e fluttuante, un composto chimico creato da un’insieme di funzioni, operanti nella porzione di cervello situata dietro i nervi ottici, che agisce come una placca olografica, come afferma Keith Floyd, neurofisiologo. Egli sostiene anche che vi sono diverse ghiandole che partecipano al fenomeno della coscienza: se queste non funzionano, non vi è senso di essere presente. La coscienza è un’inferenza, non una realtà incondizionata.

L’appercezione dell’Assoluto, indicibile e inafferrabile, il “non so che non so” è immediato, ma nello spazio-tempo è necessaria un’apparente progressione, come se la carcassa inutile, le maschere che si sono sovrapposte, si dovessero staccare secondo un loro ritmo. Tutto questo paesaggio colorato si dilegua poi come fumo che si unisce alle nuvole, grazie al vento dell’Inesprimibile che siamo. Le azioni allora saranno smantellate dai desideri ossessivi e ripetitivi, dalle ansie ed aspettative, perché perderanno forza ed intensità, come un fuoco che consuma la legna finché diventa cenere. La scintilla ed il fuoco sono importanti, il resto avviene da sé, anche se crediamo di intervenire con metodi, terapie o sadhane: se l’io non esiste per nessuno, allora tutto avviene da sé, qualunque cosa io creda di voler fare.

È però giusto dire che non sono le sadhane, le pratiche a portarci alla realizzazione dell’Assoluto, poiché lo siamo già, sempre: basta solo esaminare quello che non siamo e il nostro “volto originale” prima della nascita e che ‘’nessun concetto” potrà esprimere, sarà evidente. Ma l’esplosione della realtà in noi non basta, tranne per pochi individui come il danese Sorensen, soprannominato Sunyata (la vacuità) da Ramana Maharshi. I veli dell’ignoranza sono pronti a richiudersi, poiché la colla delle memorie, ancora forte, richiede ancora vigilanza. In quel senso, alcuni mezzi che bypassano la mente resa ancor più subdola, sono ancora necessari. Non serve “migliorare l’ego”, come cercano di ottenere le terapie di sviluppo personale, per arrivare all’illuminazione, ma solo trovare un modo di disidentificarsi dal falso, dopo aver avuto l’appercezione della realtà sempre presente.

I cosiddetti neo-advaitin predicano giornalmente: “Non c’è niente da fare, sei già la Consapevolezza in cui tutto avviene!”

Perfetto, ma siamo ancora al giardino d’infanzia, direbbe Nisargadatta Maharaj, che essi citano con entusiasmo. La Consapevolezza è ancora una camuffatura (come direbbe anche U.G.) dell’ego: se “sai” di essere è ancora un concetto, quindi siamo rimasti al palo.

Accettare totalmente questa totale impossibilità di sperimentarlo e da questo totale abbandono nasce una “non-esperienza” che, per il corpo-mente, diventa ” l’esperienza dell’assenza di esperienze”… qui le parole mancano sul serio!

Dal momento che in realtà non esiste spazio-tempo, quindi né durata, né continuità, né luogo, e ne siamo convinti – anche se per capirlo intellettualmente dobbiamo ancora dire che l’Assoluto (il fondamento inconcepibile che siamo) osserva il senso di essere e ne è distinto, non coinvolto, e che la coscienza si frammenta in coscienza individuale e mondo esterno – in realtà non vi è nessuna separazione tranne che nella mente: questo è dovuto al funzionamento del pensiero, (gli scatti neuronali) che può solo essere lineare e causale. La realtà assoluta non può essere percepita dalla mente, che può funzionare solo in modo dualistico, soggetto verso oggetto. Ne possiamo solo avere una vaga immagine, che si sprigiona dal senso di essere puro, senza oggetto definibile, nel sentimento di Amore universale, nella compassione ed oblio di sé, che è ancora un’esperienza e quindi un’oggettivazione. Il fatto di osservarla mostra che siamo oltre questo stato. Non sappiamo però ciò che siamo veramente, né lo “sapremo” mai.

Allora dove vanno a finire le proiezioni, oggettivazioni che formano la lunga e complicata storia personale? Si vanificano, si riassorbono in “Quello che è e non so che cos’è”. La nostra vera unica inconcepibile natura.

Tutto quello che “sappiamo” è polvere che ci fa chiudere gli occhi.

“Invece di voler cambiare ciò che è proiettato, spolveriamo meglio il nostro proiettore!” dice Byron Katie. ( Byron Katie e Stephen Mitchell: “Occhiali nuovi per l’anima”- Sperling & Kupfer e http://www.respiroconsapevole.it/articoli/byron1.html)

Ma alla fine anche il proiettore dovrà scomparire nel fuoco della ricerca.

Se la coscienza, un composto chimico mutevole, inventa lo spazio ed il tempo ed immagina altrettanti spazi, come nel sogno, nell’allucinazione e in diversi altri stati alterati, allora quale di questi è reale? In fondo siamo la bella addormentata nel bosco, abbiamo mangiato la mela avvelenata della strega, che ci fa credere ad un mondo esterno da combattere o da sfruttare e attendiamo tutti il principe azzurro, che ci sveglierà dal sonno dell’ignoranza della nostra vera natura.

L’Assoluto è a-causale, ma anche il mondo apparente lo è, sono la stessa cosa, unica ed indivisibile, tuttavia sono le denominazioni e gli opposti a creare la torre di Babele. In realtà vi è solo l’Assoluto qui ed ora, che noi percepiamo e siamo in ogni particella, prima di nominarla, il resto è il manto di maya (l’illusione della misura e della dimensione) che lo ricopre.

Infatti, nell’assoluto non vi possono essere opposti: bene-male, bello-brutto, amore-odio. Esso è Quello che è, così com’è, senza attributi, qualunque cosa si presenti. Il giudizio, la bramosia e la colpa fanno parte del sogno. Anche le tradizioni esoteriche, alchemiche della coniunctio oppositorum o della pietra filosofale, del processo di individuazione o matrimonio mistico, si rivelano ancora ombre concettuali, che una semplice verifica mette a nudo. Le terapie moderne, le scienze o mistiche che si basano sul principio essenziale di verifica e di smantellamento dei costrutti mentali, sono in sintonia a questa presa di coscienza. Non basta sempre la sola appercezione della nostro stato naturale: essa rischia di essere ricoperta dall’orgoglio di un ego mascherato. Osservando le situazioni e le cose (proiezioni di percezioni e di pensieri) in questo modo, automaticamente strappiamo loro il velo dell’illusione o diamo l’antidoto al veleno della mela di Eva e della Bella addormentata.

Entrambe le storie parlano del “mordere” la vita (mela) e, quindi, di crederci e ci fa addormentare e cacciare dal paradiso.

Le azioni di colui che vive pienamente l’Assoluto, in totale libertà interiore, manifesteranno esse stesse la mancanza di un’entità separata, per la completa spontaneità del suo agire.

Quanti satsang* pullulano negli U.S.A e in altri paesi, ma quanti di coloro che li animano sono davvero pienamente realizzati?

Quanto detto sopra lo riassumono le celebri frasi buddiste: “la forma è il vuoto, il vuoto è la forma” ed anche: “samsara (mondo fenomenale o mentale) è nirvana (l’estinzione nell’Assoluto)”. Ciò che si estingue è soltanto l’illusione. Il castello di carte-pensieri è crollato, la carta dell’io era solo un miraggio.

*satsang= sat = verità – sang = comunità; quindi associazione con la verità

Isabella di Soragna

Fonte del Post: http://www.isabelladisoragna.eu/site/articolo.php?news=49&lang=italiano&menu=14

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