Jean Klein: Dietro ogni apparenza.

La tela di fondo di ogni apparenza.

 

“Lei conosce i suoi desideri, le sue paure e le sue ansietà, ma chi è il conoscitore?

Lei non può mai oggettivare il conoscitore, perché è il conoscitore. Perciò sia il conoscitore. Non cerchi di trovare se stesso da qualche parte, in un’immagine dell’Io, perché lei non è in nessun luogo. Non si cerchi! […]

Noi non siamo il corpo, i sensi o il mentale. Ma, per comprenderlo realmente, dobbiamo prima accettare le nostre funzioni fisiche e mentali. La vera conoscenza di qualcosa richiede un’apertura totale.

[…] Impari a conoscere il corpo ascoltandolo […]. Un corpo è una storia, perciò dobbiamo dargli modo di raccontarcela e di rivelarsi. E, nel fare ciò, occorre che lei stia in silenzio. […]

Ogni volta che l’ascolto è intenzionale, sorge una tensione perché viene anticipato un risultato […]. L’ascolto incondizionato non si esaurisce nel mentale, si fa in un’apertura in cui i sensi sono recettivi. […] Questa consapevolezza, che è ascolto, è la tela di fondo di ogni apparenza, così che anche quando siete impegnati nell’attività siete consapevoli dell’attività e insieme dell’essere.

La consapevolezza dell’essere non è una percezione, giacché l’essere non può venire oggettivato.

Non possiamo essere consapevoli di due oggetti alla volta; non possiamo avere due pensieri simultaneamente. Ma possiamo, contemporaneamente, essere consapevoli della nostra esistenza fenomenica e della nostra presenza, essere. Questo stato appare spontaneamente e, all’istante, cessano il proiettare e il produrre.

Ogni tentativo di produrre questo non-stato ci immerge invece più profondamente nella relazione soggetto-oggetto. […]

Una volta che avete realizzato ciò che siete realmente, questo non può mai essere perduto. Ma nell’«istante» della scoperta, del riconoscimento, la vostra posizione può essere fragile. Sebbene la coscienza globale sia sempre-presente, voi la lasciate per identificarvi con i sensi e con la mente, con le vostre reazioni e paure. Ma essa vi richiama, vi riporta indietro. Siete sollecitati da lei. […]

[Qui Jean Klein parla del rapportarsi alla sofferenza] Di solito noi resistiamo alla pura sensazione [di sofferenza] e costruiamo qualche idea della sofferenza. E questo rifiuto è una reazione che contribuisce a rafforzare la sofferenza. Ma quando permettiamo alla sofferenza di essere pura sensazione, vuota di ogni reazione psicologica, tutta l’energia, prima localizzatasi come sofferenza, si libera e ritorna indietro a dissolversi nell’ultimo [cioè l’ultimo soggetto: la consapevolezza].

Ciò che cercate è trovato nel preciso istante in cui cessa il cercare. […]

La motivazione che sta dietro ogni sforzo è di essere senza sforzo. Il solo desiderio è di essere senza desiderio. Lei se ne rende conto guardando ciò che accade quando è stato ottenuto un oggetto desiderato. In quel momento vi è mancanza di desiderio […]. Lei vive la sua reale natura non-duale. Più tardi, tuttavia, lei la lascia e arriva l’«Io» che dice: «Io ero contento perché ho acquistato una nuova casa, ho incontrato un nuovo amico», eccetera. Ma viene il momento in cui questo oggetto non è più bastevole. E il circolo vizioso continua, finché lei vede, finalmente, che la mancanza di desiderio non ha proprio nulla a che fare con un oggetto. Essa è in lei”.

Tratto da: “La naturalezza dell’essere”, di Jean Klein.

Fonte: http://www.lameditazionecomevia.it/klein4.htm

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