Jon Kabat Zinn: Sulla meditazione Mindfulness.

La montagna e la meditazione Mindfulness.

Rispetto alla meditazione, le montagne hanno molto da insegnare, quale archetipi significativi in tutte le culture. Le montagne sono luoghi sacri e l’umanità vi ha sempre cercato guida spirituale e rinnovamento. La montagna è il simbolo dell’asse originario della Terra (Monte Meru), la sede degli dèi (Monte Olimpo), il luogo in cui il capo spirituale incontra Dio e ne riceve i Comandamenti (Monte Sinai). Le montagne comunicano un senso di sacralità e personificano timore e armonia, asprezza e maestà.

Elevate sopra il resto del mondo, la loro stessa presenza attira e incombe. La loro natura è primigenia. Dura come la roccia, solida come la roccia. Le montagne sono luoghi di visioni, dove è possibile commisurare la scala panoramica del mondo naturale e la sua commistione con le fragili ma tenaci radici della vita. Nella storia e preistoria dell’umanità hanno svolto funzioni chiave. Fra i popoli tradizionali erano e sono ancora madre, padre, guardiano, protettore, alleato.

Nella pratica meditativa, talvolta può risultare utile << prendere a prestito >> queste meravigliose qualità esemplari delle montagne e utilizzarle per spronare i nostri propositi e la decisione di compenetrarsi nel momento, con semplicità e purezza primordiali. L’immagine della montagna fissata nell’occhio della mente e nel corpo può ricordare, innanzitutto perché si è in seduta meditativa e cosa significa, ogni volta che prendiamo posto, immergersi nel regno del non-agire. Le montagne sono l’emblematica quintessenza di presenza e imperturbabilità costanti.

La meditazione della montagna può essere effettuata nel modo che segue e modificata in conformità alla vostra immagine personale della montagna e del suo significato. La posizione non è importante, ma la trovo più che mai efficace quando sono seduto a gambe incrociate, in modo che il mio corpo assomiglia e si sente maggiormente simile a una montagna, interiormente ed esternamente. Trovarsi sopra o in vista di una montagna aiuta, ma non è necessario. La fonte dell’energia è l’immagine interiore.

Immaginate la più bella montagna che conoscete o vi è nota, la cui forma vi ispiri personalmente. Mentre vi concentrate per vederla o sentirla con l’occhio della mente, considerate la sua forma, la vetta elevata, la base radicata nella crosta terrestre, i versanti ripidi o dolcemente digradanti. Notate anche quanto è massiccia, immobile, bella, sia vista da lontano che in prossimità — di una bellezza contraddistinta dal profilo della sua forma e contemporaneamente impersonante qualità universali << montane >> che trascendono la particolarità di costituzione e forma.

Forse la vostra montagna ha la cima innevata e boschi alle quote più basse; forse presenta una cima svettante o una serie di crinali, oppure un ampio altopiano. Quale che sia la sua apparenza, sedete e respirate con l’immagine della montagna, osservandola, notando le sue caratteristiche. Quando vi sentite pronti, provate ad assimilarla dentro di voi, in modo che il vostro corpo e il monte, fisso nell’occhio della mente, siano una cosa sola. Il vostro capo diventa la vetta, le braccia e le spalle i versanti, le natiche e le gambe che poggiano sul cuscino collocato sul pavimento o sulla sedia sono la base della montagna. Percepite nel corpo il senso di elevazione della montagna e, nel profondo della colonna vertebrale, l’asse su cui si erge. Trasformatevi in una montagna che respira, incontrollabili nella vostra immobilità, nella pienezza dell’essere, al di là di parole e pensieri, una presenza incentrata, radicata, impassibile.

Ora, come sapete perfettamente, per tutta la giornata, mentre il sole compie il suo percorso nel cielo, il monte semplicemente resta fermo, ma luce, ombra e colori mutano virtualmente ogni momento nella sua adamantina immobilità. Persino l’occhio non esercitato può notare i cambiamenti avvenuti di ora in ora.

Questo ricorda i capolavori di Claude Monet, che ebbe l’idea geniale di disporre una serie di cavalletti e dipingere alcuni soggetti come si presentavano ogni ora, passando da una tela all’altra mentre il gioco di luci, ombre e colori trasformava una cattedrale, un fiume o una montagna attirando così l’occhio dell’osservatore. Mentre la luce cambia, la notte segue il giorno e viceversa, la montagna resta immota, limitandosi a essere se stessa. Così rimane, mentre ciascuna stagione sfocia nella successiva e il tempo meteorologico varia da un momento all’altro, da un giorno all’altro. Un’immobilità. che contiene tutti i cambiamenti.

In estate non vi è più neve sui monti, eccetto forse alle quote più alte o negli anfratti protetti dal calore del sole. In autunno la montagna può dispiegare una copertura di brillanti e fiammeggianti cromatismi e in inverno una coltre di neve e ghiaccio. In qualsiasi stagione può trovarsi avvolta da nubi o nebbia o frustata da pioggia gelida. I turisti venuti per visitarla rimangono delusi se non è possibile vederla chiaramente, ma essa rimane indifferente, visibile o meno, con il sole o le nuvole, arsa o ghiacciata, semplicemente siede, fedele a se stessa.

Talvolta tormente o bufere imperversano attorno alle sue cime, oppure è sferzata da venti di forza inimmaginabile, ma è sempre la stessa. Arriva la primavera, gli uccelli tornano a cantare fra gli alberi, le foglie rispuntano sui rami che le avevano lasciate cadere, i fiori sbocciano negli alpeggi e sui versanti, i torrenti ribollono d’acqua mentre le nevi si sciolgono. E intanto la montagna continua a rimanere seduta, impassibile alle offese del clima, a ciò che accade sulla superficie, al mondo delle apparenze.

Mentre sediamo con questa immagine nella nostra mente, possiamo incorporare le stesse incrollabili caratteristiche di immobilità e radicamento di fronte a qualsiasi cambiamento che avviene nella nostra vita, ogni secondo, ogni ora, ogni anno. Nella vita e nella pratica meditativa sperimentiamo costantemente la natura mutevole della mente, del corpo e del mondo esterno. Siamo soggetti a periodi di luce e oscurità, di colori vivaci e di scialba monotonia, a bufere di violenza e intensità variabili provenienti sia dal mondo esterno, sia dal nostro essere più riposto. Flagellati da forti venti, dal freddo e dalla pioggia, sopportiamo periodi di oscurità e sofferenze e godiamo momenti di gioia ed entusiasmo. Persino il nostro aspetto varia costantemente, come quello della montagna, subendo propri mutamenti climatici e intemperie.

Trasformandoci in una montagna, nella nostra meditazione possiamo penetrare nella sua forza e stabilità e farle nostre, usando le sue energie a sostegno dei nostri sforzi intesi ad affrontare ogni momento con consapevolezza, equanimità e chiarezza. Questo potrebbe aiutarci a comprendere che i pensieri, i sentimenti, le preoccupazioni, le bufere emotive e le crisi, qualsiasi cosa ci accada, hanno molta somiglianza con le intemperie che la montagna stessa deve subire. Noi siamo portati a considerarle come accidentalità personali, ma le loro caratteristiche più salienti sono impersonali.

Le intemperie della nostra vita non possono essere ignorate o negate, bensì affrontate, accolte, sentite, comprese per quello che sono e tenute sotto attenta osservazione, dato che potrebbero esserci fatali. Considerandole in questo modo prenderemo coscienza di un silenzio, di una tranquillità e una saggezza più profondi e incrollabili di quanto avremmo mai creduto possibile, tali da non lasciarsi sopraffare neppure dalle tempeste. Se saremo capaci di ascoltarle, le montagne ci insegneranno tutto questo.

Comunque, la meditazione sotto forma di montagna è solamente un espediente, un dito puntato in una direzione non meglio precisata. Dovremo ancora osservare, prima di muoverci. Se l’immagine della montagna può aiutarci ad acquisire stabilità, l’essere umano è molto più interessante e complicato; noi siamo montagne che respirano, si muovono, danzano; possiamo essere solidi come rocce, fermi e incrollabili e nel contempo malleabili, teneri e volubili. Disponiamo di un ampio arco di potenzialità, possiamo vedere e sentire, sapere e capire. Possiamo imparare, crescere, guarirci, soprattutto se sapremo imparare ad ascoltare l’armonia interiore delle cose e a mantenere la perpendicolarità della montagna nel bene e nel male.

************

Gli uccelli sono scomparsi dal cielo e ora l’ultima nuvola si dissolve. Sediamo assieme, la montagna e io, finché solo la montagna rimane.

**********

PROVA: mantenete nella mente l’immagine della montagna durante la meditazione formale. Esplorate la sua utilità nell’intensificare la vostra capacità di stare immobili, di sedere per periodi di tempo più prolungati, di fronte alle avversità, difficoltà, bufere o alla monotonia spirituale. Chiedetevi cosa imparate da questo tipo di pratica. Potete individuare alcune impercettibili trasformazioni nel vostro atteggiamento verso i cambiamenti che si verificano nella vostra vita? Potete conservare l’immagine della montagna nella quotidianità? Potete vedere la montagna in altri, accettandone la diversità di forme e l’unicità di fondo?

Jon Kabat Zinn

Fonte: http://www.amadeux.it/forum/topic.asp?TOPIC_ID=20008

WooshDe7Torna Su