Ken Wilber: Dissociazione e Disidentificazione. 4/4

Dissociazione e Disidentificazione.

Riassunto degli articoli precedenti.

Al fine di riassumere quanto esposto finora, ripercorrerò ancora una volta il processo di disconoscimento. Se questo vi è già chiaro, perdonatemi la ripetizione.

Abbiamo iniziato con la rabbia, come esempio di un impulso-ombra. La rabbia inizia come una realtà in prima persona (la mia rabbia, sono arrabbiato, ho rabbia). Per varie ragioni – paura, auto-inibizione, giudizi del superego, traumi passati, ecc. – mi ritraggo dalla mia rabbia e la spingo dall’altra parte del confino dell’io, sperando così di non essere punito per il fatto di provare questa orribile emozione.

“La mia rabbia” è diventata ora “la rabbia che guardo o a cui parlo, che sperimento, ma non è la mia rabbia!” Nel momento in cui la spingo via – quel momento di resistenza e contrazione – nel momento in cui la spingo via, la rabbia in prima persona è diventata una presenza in seconda persona, nel flusso della mia coscienza in prima persona.

Se la spingo via ancora di più, la rabbia diventa una terza persona: non sono più neppure in contatto verbale con la mia propria rabbia. Posso ancora provare questa rabbia, in qualche modo – so che qualcuno è molto arrabbiato, ma siccome non posso essere io, devi essere tu, o lui, o lei, o quello. Adesso che ci penso, John è sempre arrabbiato con me! Non è giusto, perché io non mi arrabbio mai né con lui, né con nessun altro.

Quando spingo la rabbia dall’altra parte del mio confine dell’io, appare come un sentimento in seconda e terza persona, che è tuttavia ancora all’interno del flusso di coscienza del mio io. Io posso ancora sentire la rabbia “di lui, o di lei, o di quello”.

Se la proiezione funzionasse bene, dopo tutto, non proverei più quel sentimento e non avrei problemi di sorta. Mi sbarazzerei della rabbia e sarebbe tutto a posto. Come amputarsi una gamba – via per sempre – per quanto doloroso, mi sarei liberato di fatto della gamba-rabbia.

Ma il fatto è che sono connesso alla mia proiezione dalla proprietà segreta della rabbia (non è veramente un oggetto, è il mio stesso soggetto nascosto). Non è come tagliare la mia gamba, ma solo pretendere che si tratta della tua gamba. Non è la mia gamba, è la tua! Non è la mia rabbia, è la tua rabbia! (Ma questa è una grave disfunzione, non vi pare?)

Quindi, l’attaccamento nascosto o l’identità soggettiva nascosta dei “sentimenti degli altri” collega sempre la proiezione al suo proprietario attraverso una serie di dolorosi sintomi nevrotici. Ogni volta che io spingo la rabbia dall’altra parte del mio confine dell’io, quello che rimane al suo posto, da questa parte del confine dell’io, è un doloroso sintomo, una pretesa assenza dei sentimenti che sono stati alienati, che lascia al loro posto la sofferenza psicologica. Il soggetto è diventato ombra, è diventato sintomo.

Abbiamo dissociato o disconosciuto la rabbia all’interno del nostro flusso di coscienza dell’io. Questa rabbia può essere proiettata su altri “là fuori”. O può essere dissociata e proiettata su parti della mia stessa psiche, magari facendo emergere un mostro nei miei sogni, un mostro che mi odia sempre e vuole uccidermi. E io mi sveglio sudato da questi incubi.

Diciamo che io sono dedito a una pratica di meditazione molto sofisticata, come quella del Buddhismo Tibetano (Vajrayana), e sto lavorando con la “trasmutazione delle emozioni”. Questa è una tecnica molto potente, in cui il meditante contatta un’emozione negativa presente in quel momento, ne prende coscienza tramite la chiara e brillante consapevolezza non duale sempre presente, quindi lascia che l’emozione negativa si trasformi nella corrispondente saggezza trascendentale.

Quindi io inizio con il mio incubo, mi rendo conto che ho paura a causa del mostro. Di fronte al mostro, provo una grande paura. Quindi opero una trasmutazione di quell’emozione, vengo istruito a stare con quell’emozione, a rilassarmi in quella paura e quindi lasciare che si dispieghi e si sciolga nella sua corrispondente trasparente saggezza.

Tutto bene… A parte il fatto che la paura stessa è un’emozione non autentica e falsa (cioè il prodotto di una repressione) e trasmutare emozioni non autentiche, non soltanto presume e rinforza l’inautenticità, ma le converte in ciò che possiamo chiamare saggezza non autentica, cioè saggezza che poggia su false basi.

La repressione è ancora lì! Non è stato fatto nulla per risolverla. Perciò, ogni volta che tu sperimenti la rabbia, sarà proiettata per creare mostri intorno a te, cosa che farà emergere la paura in te (che è paura della tua propria rabbia, non paura del mostro) e tu contatterai la paura e trasmuterai la paura – non raggiungendo MAI la vera e autentica emozione della rabbia. Ti riapproprierai della non autentica emozione della paura, non della autentica emozione della rabbia.

Il processo 3-2-1: Riappropriarsi dell’Io, Prima di Trascenderlo.

Il processo terapeutica “3-2-1”, che è stato sviluppato dall’Integral Institute per aiutare in questi casi, consiste nel convertire questi mostri in terza persona (o “essi”) di nuovo in voci dialoganti in seconda persona (“tu”) – che è molto importante – e poi andare ancora oltre per re-identificarsi con quelle voci come realtà in prima persona di cui riappropriarsi e possedere di nuovo, utilizzando, a quel punto, il monologo in prima persona, non il dialogo. Si termina dicendo: “Io sono un mostro molto arrabbiato che vuole ucciderti!”.

Facendo questo, si è ora in contatto con un’emozione autentica, che è rabbia, non paura. Ora, si può praticare la trasmutazione delle emozioni e tu trasmuterai emozioni autentiche e non emozioni false.

La prima persona soggettiva si convertirà in prima persona oggettiva/possessiva – NON in seconda o terza persona – e quindi si potrà lasciar andare, trasmutare o liberare l’emozione – questo è il vero non attaccamento e la sana disidentificazione.

Facendo questo, avrete lavorato con la barriera della repressione che, all’inizio, ha convertito la rabbia in paura – non praticate semplicemente la meditazione vipassana sulla paura, non diventate testimoni della paura, non dialogate con la paura, non sperimentate direttamente la paura – tutte queste cose non fanno che sigillare l’ombra, rendendo certo che essa rimarrà con voi per tutto il cammino verso l’Illuminazione e oltre.

Se non si lavora con l’effettivo meccanismo della dissociazione (da 1 a 2 a 3) e con la riappropriazione terapeutica (da 3 a 2 a 1), la meditazione diventa un modo per entrare in contatto con il vostro infinito Sé, mentre si rafforza l’inautenticità del vostro io finito di ogni giorno, che ha rotto se stesso in frammenti e ha proiettato alcuni di essi su altre persone; questi frammenti disconosciuti e repressi nascondono, persino al sole della contemplazione, la mala erba dell’Ombra che, dalle fondamenta, saboterà ogni passo che farete da qui all’eternità…

Tratto da: “Integral Spirituality”, di Ken Wilber

Fine

Fonte: http://www.rebirthing-milano.it/brani-traduzioni/la-meditazione-lombra-dissociazione-disidentificazione/

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