Mauro Bergonzi: La gioia dietro ogni cosa.

Terra x Blog + Nero 2015

La gioia dietro ogni cosa.

“Io non ‘provo’ amore e felicità, io sono amore e felicità”.

Secondo l’advaita-vedānta, l’inconoscibile e sconfinata realtà non duale, che è l’unica e vera natura di tutti noi, pervade costantemente la nostra esperienza conferendole, per così dire, tre ‘sapori’: essere (sat), coscienza (cit) e felicità (ānanda).

Come facce di uno stesso prisma, sat-cit- ānanda non sono separabili: il ricorso a tre nomi diversi è dovuto semplicemente al fatto che si cerca di descrivere la stessa cosa, vista da tre punti di vista diversi. Essere-coscienza-felicità è dunque il ‘sapore’ dell’Uno celato in ogni esperienza della nostra vita, il sapore del Sé che tutti noi siamo.

Nella nostra diretta esperienza è più facile intuire i primi due aspetti: è immediatamente evidente che noi ci siamo, esistiamo (sat) e che sappiamo di esserci, ne siamo coscienti (cit). Non altrettanto evidente ci sembra la presenza della felicità (ānanda), perché, sebbene convinti che esistiamo e che sappiamo di esistere, crediamo di essere soltanto un individuo separato, vale a dire una piccola porzione del Tutto, per cui ci sentiamo limitati, incompleti e in cerca di un’Unità che ci sembra di aver perduto. Così concepiamo un’enorme gamma di desideri.

Desideriamo perché non abbiamo, perché ci manca qualcosa, e questo ci procura una continua sofferenza. Quando ci capita di ottenere ciò che abbiamo tanto desiderato, in quel momento ci sentiamo completi, ci sembra che non ci manchi più nulla e per qualche istante siamo felici. E crediamo che la nostra felicità dipenda dal fatto di possedere, finalmente, ciò che desideravamo, che la nostra felicità sia una proprietà intrinseca all’oggetto posseduto, che si tratti di un nuovo partner, di un avanzamento nella carriera o della nuova casa tanto desiderata.

Ma, se fosse così, l’oggetto dovrebbe procurare la stessa felicità a chiunque lo possieda, mentre sappiamo bene che non è così: il motorino che fa felice un sedicenne non dà la stessa gioia ad un anziano, o a chi già possiede una bella moto. Inoltre, se la felicità fosse una proprietà intrinseca all’oggetto posseduto, dovremmo essere felici per tutto il tempo che lo abbiamo con noi, mentre sappiamo bene che dopo un po’ la gioia per il possesso di un nuovo oggetto sbiadisce e cominciamo a desiderarne un altro.

E allora, se non è una proprietà intrinseca all’oggetto posseduto, da dove viene quella felicità?

Viene dal fatto che, attraverso il possesso di quell’oggetto, il desiderio ha fine e, per un breve momento, possiamo assaporare la completezza di uno stato libero dal desiderio, perché nell’assenza di desiderio, alla fine della ricerca, affiora la felicità, che è sempre stata lì, che non mi abbandona mai perché è la mia autentica natura.

Il desiderio è l’espressione di un illusorio senso di incompletezza che copre la mia natura originaria, già da sempre completa perché inseparabile dal Tutto. Quando entro in possesso di ciò che desideravo, per qualche momento ho un’esperienza di che cos’è uno stato senza desiderio. Dunque, come diceva Atmananda Krishna Menon, ogni desiderio mira alla distruzione del desiderio, mira ad uno stato libero dal desiderio. E questo stato libero dal desiderio non è uno stato neutro e inerte: è ānanda.

Ānanda emerge spontaneamente quando muore il desiderio. Emerge spontaneamente nello spazio fra 2 pensieri, fra 2 sensazioni, fra 2 emozioni, fra 2 percezioni. In realtà ānanda non è qualcosa che va e viene: è la condizione naturale della nostra profonda identità, lo sfondo costante di ogni nostra esperienza. La nostra autentica natura è esistenza (sat), coscienza (cit) e felicità (ānanda).

Quando però, come la signora che credeva di aver perso la collana mentre la portava al collo, pensiamo che ci manchi qualcosa e andiamo in cerca della completezza, la pienezza di ānanda viene oscurata e persa di vista. Ma resta sempre qui: infatti, appena per un momento ci fermiamo e smettiamo di desiderare, di cercare, eccola riaffiorare in piena luce.

Noi crediamo che si tratti di uno stato passeggero, che va e viene, mentre invece è il nostro illusorio io separato ad andare e venire.

Questo senso di felicità, di completezza, di pace, di amore e di energia non è un sentimento, non è un’emozione e non è un’esperienza. Io non ‘provo’ amore o felicità, io sono amore e felicità. E’ questa la rivelazione che esplode quando si passa dalla prospettiva della manifestazione dualistica alla prospettiva del non dualismo. Quando l’illusione di essere un io separato occupa tutto il nostro orizzonte, siamo così presi dalle vicende della nostra apparente esistenza personale, così impegnati a cercare una completezza che ci sembra di aver smarrito, da perdere di vista la felicità e l’amore che costituiscono la nostra vera natura, proprio come non vediamo più il cielo azzurro quando si riempie di nuvole.

Ogni tanto, quando nella nostra vita si sospende per un po’ l’identificazione con un io separato (nel sonno profondo, negli spazi fra due percezioni, due sensazioni, due emozioni o due pensieri, oppure quando finisce un desiderio appena esaudito e un altro non è ancora sorto), allora in quegli spazi di libertà riaffiorano la felicità e l’amore che credevamo assenti. Ma ci sembrano sprazzi passeggeri, effimeri, che vanno e vengono in una esistenza segnata dal desiderio e dalla paura, proprio come limitati ed effimeri ci sembrano gli sprazzi di cielo azzurro che di tanto in tanto si affacciano fra una nuvola e l’altra.

Ma in realtà il cielo non va e non viene: esso si trova non solo dietro, ma anche dentro le nuvole, come sfondo costante in cui le nuvole appaiono e scompaiono. Sono le nuvole che vanno e vengono, il cielo resta sempre se stesso. Analogamente, noi crediamo che il nostro io separato ci sia sempre, con tutte le sue preoccupazioni, mentre l’amore e la felicità sembrano esperienze passeggere che vanno e vengono. In realtà, è l’io separato che appare e scompare sullo sfondo costante della felicità che tutti noi siamo e non cessiamo mai di essere.

Mauro Bergonzi

Fonte del Post: https://ilblogdellanimale.com/2016/09/30/la-gioia-dietro-ogni-cosa-mauro-bergonzi/

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