La meraviglia dell’ignoto.

La meraviglia dell’ignoto.

Descriviamo abitualmente il mondo in termini di alberi, montagne, fiumi, nuvole, auto, case, gente, ecc. ma un chimico dirà: “No, le cose non stanno così, in realtà.- Il mondo è fondamentalmente composto di molecole, che si combinano l’una con l’altra incessantemente, a caso”.

Un fisico (quantistico), invece, replicherà:”Niente affatto! La Realtà è composta di campi di energia/ materia che si compenetrano”.

Chi ha ragione e chi ha torto?

Chiaramente tutte sono descrizioni concettuali, che possono fornire una veduta relativa della realtà. Non viviamo effettivamente nella “realtà”, ma piuttosto in una descrizione di quella, che è come una bolla di concetti e di parole tutt’attorno a noi, che, nel tempo, costruisce una visione fittizia di noi stessi e del mondo.

Anche il “non-dualismo” (come tutti gli ismi, senza eccezione) è solo una descrizione concettuale della realtà che, senza speranza, cerca di puntare all’inconoscibile, “qualunque esso sia”: dal momento che diventa un’ideologia che si appoggia a parole o pensieri, è incapace di gioire del gusto dell’Essere.

In tal modo, viviamo nei concetti senza realizzarlo. Crediamo ciecamente che la realtà sia unicamente come la rappresenta il nostro pensiero.

La scienza ci dà una descrizione “oggettiva” del mondo materiale, che in qualche modo può essere utile al miglioramento della specie umana, pur essendo relativa e incompleta.

La non-dualità – finché si appoggia su parole e pensieri – è ancora una descrizione concettuale della realtà, benché la sua comprensione della non-separazione, possa scacciare una gran quantità di sofferenza nella nostra vita.

Nessuna di esse è del tutto esatta, eppure sono entrambe utili, ma finché ci appoggiamo soltanto ad esse, rimaniamo intrappolati nella rete dei concetti.

Proprio come la rete del pescatore può acchiappare solo pesci, ma non l’acqua che vi passa in mezzo e che la sostiene, così la mente pensante può afferrare solo concetti, ma non la presenza che lo percepisce come un oggetto: l’ “acqua della presenza” non potrà mai essere scoperta dalla rete della mente pensante.

In verità, la presenza cosciente è un mistero paradossale: da un lato la sua evidenza è innegabile per il solo fatto che siamo consapevoli degli oggetti, ma d’altra parte è inconoscibile, proprio come l’esistenza dell’occhio è innegabile per il solo fatto che vediamo oggetti, benché rimanga sempre invisibile, fuori dal quadro.

Pertanto, anche la “presenza cosciente” è solo un concetto: attraverso quella, noi siamo confrontati, alla fine, con la “linea di fondo” dell’ignoto di ogni sapere umano.

Mai nessuna comprensione potrà toccare l’inconoscibile Sorgente di tutto.

Che cosa succede, se qualunque idea su quello che sono, inclusa anche l’idea di “coscienza”, collassa totalmente?

Che cosa succede, se qualunque idea sulla realtà, inclusa l’idea di “non-dualità”, collassa totalmente?

Che cosa succede, se anche queste medesime parole che leggete ora, perdono qualunque significato e ci abbandonano?

Che cosa rimane, se qualunque tentativo di capire o di conoscere la realtà rivela la sua totale futilità?

Allora, completamente frustrata, la mente pensante non può far altro che dire: “Non so” e alla fine se ne va.

Ma se quel “Non so” che proviene dalla testa, finisce a sprofondare nel cuore, il filosofo muore e nasce il mistico.

Non è un processo temporale. È una particolarità dove tutto il conosciuto collassa e scompare. È un’esplosione senza tempo di pura meraviglia e riverenza che spazza via ogni altra cosa.

E quel che rimane è un senso di vitalità, selvaggio, libero, spontaneo e completamente inconoscibile, all’interno dell’oscurità brillante del Mistero che siamo in definitiva.

Tratto da: Science and Non-duality Traduzione dal testo di Mauro Bergonzi : Oltre la scienza e la non-dualità.

Fonte: http://www.isabelladisoragna.com/traduzioni/la-meraviglia-dellignoto/

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