Lama Geshe Gedun Tharchin: Il silenzio della mente.

Il silenzio della mente.

Il segreto e il silenzio della mente non si riferiscono al contesto generale, né alla mente del Buddha, bensì alla nostra mente, singolarmente, di cui dobbiamo scoprire l’immenso valore, approfondendone la conoscenza nella meditazione.

Il segreto della mente, il controllo del pensiero, è il tesoro più prezioso dell’intero Dharma, e lo dobbiamo preservare, proteggere, poiché saper governare il proprio pensiero è la prima fondamentale pratica di Dharma.

Nessuno può pensare di controllare e guidare la mente degli altri, ma ognuno deve farsi carico responsabile della propria, in quanto essa rappresenta la miglior risorsa dell’esistenza, fisica, mentale e spirituale.

La sofferenza e i problemi che ci affliggono dipendono esclusivamente dall’incapacità di governare, guidare e proteggere i nostri pensieri.

La nostra vita è al centro del nostro essere, della nostra mente-cuore, del nostro mandala e, pacificando il corpo nella purificazione del respiro, vi giungeremo concretamente in un contatto reso tangibile nella meditazione.

Abbiamo lungamente parlato del segreto della mente, ora vediamo cos’è il silenzio della mente.

Il silenzio della mente è la forma principale della meditazione.

La nostra mente non tace mai, anche quando dormiamo il suo chiacchiericcio non si interrompe e un’attività così continua e fastidiosa ci stanca, ci rende distratti e vulnerabili, anche fisicamente, non riusciamo più a trovare il tempo e lo spazio per riposare e rigenerarci.

E’ incredibile come, malgrado tutta la nostra intelligenza, ci sottoponiamo senza sosta, giorno e notte, al cicaleccio rumoroso e incessante dei pensieri, non abbiamo un momento di pace e questo significa che non siamo mai entrati veramente nella meditazione che è silenzio.

Lo stato di silenzio della mente è essere al di fuori del pensiero, della speculazione mentale, è meditazione.

Il virus delle chiacchiere persistenti del pensiero distrugge completamente il naturale sistema umano. Sentiamo cosa si dice in proposito nel Sutra del cuore:

“Quando i pensieri distratti sorgono dentro di me, quando ho desiderio di criticare gli altri, oppure sento nascere in me orgoglio o arroganza, quando nasce in me l’intenzione di sottolineare gli errori degli altri, riprendere vecchi rancori, oppure trarre in inganno gli altri e tutte le volte che sono bramoso di elogi, propenso alla maldicenza, presuntuoso e litigioso, ecco che in questi momenti debbo riflettere e rimanere immobile come un pezzo di legno. Ogni qualvolta sorga il desiderio di muovermi o di pronunciare parole, debbo prima accertare che la mia mente sia tranquilla ed agire di conseguenza, in maniera appropriata. Ogni volta che nella mia mente sorga il germe dell’ira, o vi è attaccamento, io non devo in questi momenti né agire né parlare, ma rimanere immobile come un pezzo di legno.”

E’ così difficile per noi praticare questi consigli, eppure non c’è nulla di più semplice, non bisogna fare niente, ma solo rimanere immobili, in silenzio.

Spogliati dal condizionamento dei fattori mentali onnipresenti e determinanti, i pensieri divengono inerti, sono come pezzi di legno e questa libertà è il silenzio della mente, stare come pezzi di legno significa dimorare nell’innocenza, nella pura natura umana, nella mente, ecco perché è indispensabile portare la pratica del silenzio della mente nella quotidianità dell’esistenza.

Nella vita di Buddha si narra che, a molte domande dei discepoli, la sua risposta fosse il silenzio, nulla avrebbe potuto essere più autentico, essenziale.

“Tutte le volte che sono impaziente e pigro e pieno di timori assurdi, privo di riservatezze e desideroso di parlare a vanvera, con pensieri che nascono dettati dall’egoismo, ecco che, in quel momento, dovrò rimanere immobile come un pezzo di legno.”

Bisogna semplicemente stare nell’innocenza, come un pezzo di legno, non è necessario armarsi per combattere l’attaccamento o la rabbia, non c’è nulla contro cui lottare, nulla da dover fare.

Messaggio riproposto concretamente dal Mahātmā Gandhi, non c’è nulla per cui ci si debba porre “contro”, ma semplicemente permanere nell’innocenza, nella verità, nella purezza del cuore.,

Questo è l’insegnamento e Questa è la via del Dharma, la pratica semplice e naturale della consapevolezza, della vigilanza, senza complicazioni, sovrastrutture mentali e disastrosi intellettualismi artificiosi.

E’ molto difficile trasporre correttamente nella cultura moderna il linguaggio usato in questi antichi testi, ma la sostanza è essenziale, profonda e sempre ugualmente valida.

“Analizzando in tale maniera la sua mente, il Bodhisattva, se accettasse la presenza di pensieri nocivi e futili, applicando i giusti antidoti, mantiene la tranquillità mentale.”

La tranquillità, il silenzio della mente, non è altro che rimanere nell’innocenza, nella purezza, nella natura della mente, nei testi buddhisti, è agire senza agire, praticare il karma yoga, cioè agire senza creare ulteriore karma, in un’innocenza attiva, che protegge dagli errori e governa i pensieri. Il silenzio è forza, resistenza, stabilità, esperienza della natura pura della mente con consapevolezza e vigilanza, come ritroviamo in tutte le più grandi tradizioni antiche.

Il karma yoga è agire in modo puro, rimanendo stabili nell’innocenza e rinunciando all’azione futile. Noi, al contrario, cerchiamo sempre di produrre cose, di costruire, vogliamo fabbricare anche la spiritualità, ma che senso ha? Non è possibile, non c’è nulla da edificare, questa è un’interpretazione completamente errata, inutile speculazione mentale, semplicemente, si deve lasciare libero il necessario spazio, che è la sorgente di ogni qualità.

Invece, la nostra frenesia nel cercare di congegnare artificiosamente ogni cosa è il peccato originale, l’ignoranza fondamentale che ci ottenebra e nasconde il vero tesoro della mente, che non ci permette di realizzare il vuoto della mente e non ci lascia restare fermi, tranquilli, come pezzi di legno.

Il più grande yogi tibetano, Milarepa, ha mostrato con la sua vita tutta la forza e il coraggio di compiere, con estrema fermezza, la rinuncia radicale, sino a giungere alla completa trasformazione di sé nella purezza della mente e del corpo. In occidente analoga figura è san Francesco d’Assisi.

A noi non è consentito copiare il loro modo di vivere poiché in quest’epoca sarebbe impossibile e anacronistico, ma il concetto fondamentale che sta alla base del comportamento esteriore non cambia, è attuabile e concretamente realizzabile, non c’è alcuna contraddizione nell’azione senza azione, nel vivere normalmente la quotidianità praticando il Dharma; dobbiamo agire nella purezza della mente senza produrre ulteriore karma. Il karma è creato dall’intenzione, dall’afferrarsi al sé, dalla bramosia.

Gli esseri umani nutrono una particolare curiosità nei confronti di tutto ciò che non conoscono, quasi si aspettassero di veder improvvisamente e miracolosamente comparire Cristo, Buddha e, allo stesso modo, sperano di ottenere la conoscenza del segreto della mente, ma Buddha ha detto che la mente non può vedere la mente, così come la lama di un coltello non può tagliare se stessa e nemmeno una lampada è in grado di trovare se stessa al buio, però i suoi raggi luminosi possono illuminare la notte e dimostrare l’esistenza della luce.

Allo stesso modo noi sentiamo, come la luce nella notte, che esistiamo, che la mente esiste, non è necessario cercare ovunque dove sia la mente, nella meditazione ne possiamo sentire la presenza, la luce e, dunque, sappiamo che esiste, tutto il resto complica ulteriormente la possibilità di comprensione e serve solo ad accrescere a dismisura lo stato confusionale.

Riflettiamo sul segreto e il silenzio della mente e meditiamo con vigilanza e consapevolezza.

Rimanendo sul piano pratico, ciò che non dobbiamo mai scordare è la necessità di mantenere costantemente vigile la motivazione, l’intenzione, che a livello umano è la pace nel proprio mondo interiore, così come in quello alternativo ed esteriore e, su questa base, possiamo tranquillizzare, rigenerare, il nostro cuore.

Il primo passo della meditazione è disporre il corpo nella posizione corretta e rilassata; dobbiamo liberarci da tutte le sovrastrutture e imparare a lasciar andare ogni cosa. Il secondo passo consiste nel seguire con consapevolezza il ritmo calmo e profondo del respiro, infine, nella terza fase, ci concentriamo sul punto centrale di noi stessi, del cuore, del mandala, applicando le due fondamentali facoltà della vigilanza e della consapevolezza.

La mente nel nostro centro è completamente pura, pacifica, neutrale, ma da essa sorgono i pensieri. Secondo la terminologia occidentale, dall’anima sorge lo spirito, dallo spirito sorgono superconscio, subconscio e conscio. I pensieri così formati sono assorbiti nella coscienza, nello spirito, che è la purezza della nostra mente, l’innocenza naturale che non può essere costruita artificiosamente con un’elaborazione esteriore.

L’idea di una spiritualità calcolata, per essere edificata piano su piano, come un grattacielo, è il più grande inganno dell’umanità, è speculazione mentale che corrompe l’essenza del supremo Dharma, il segreto della mente.

Per governare e proteggere la mente dobbiamo semplicemente saper riconoscere, al sorgere di ogni pensiero, positivo o negativo, la presenza in esso dei dieci fattori mentali, cinque onnipresenti e cinque determinanti che noi invece, rincorrendo insensatamente e freneticamente una felicità illusoria, ignoriamo completamente, tanto da affondare nelle sabbie mobili dell’infelicità, in una folle e insensata confusione.

Eppure la pratica del Dharma è semplicissima: è rimanere nella natura della mente, senza dover fare nulla; è essenzialmente rinuncia, azione che non crea ulteriore karma, azione senza azione, azione senza aspettativa, azione senza bramosia. Noi, invece, ci agitiamo ininterrottamente, senza permettere alla mente di dimorare nel suo silenzio, la stordiamo in un fracasso ininterrotto.

Tutto questo è particolarmente nocivo alla salute globale, dobbiamo dunque ritornare alla base del vivere, alla motivazione, all’intenzione che imprime senso all’esistenza, che genera l’azione e, proprio in questo momento così delicato e sottile, la nostra consapevolezza deve vigilare attentamente, affinché non cadiamo nella trappola di produrre ulteriore karma.

Durante la meditazione formale abbiamo un compito preciso, così come nella quotidianità ordinaria ne abbiamo un altro, altrettanto importante ed essenziale alla pratica del Dharma; entrambi, il livello meditativo vero e proprio e quello post-meditativo, sono complementari e imprescindibili uno dall’altro, non c’è dualismo né contraddizione tra mondo materiale e spirituale.

Lama Geshe Gedun Tharchin

Fonte: https://www.pomodorozen.com/zen/silenzio-della-mente-lama-geshe-gedun-tharchin/

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