Mauro Bergonzi: L’io, fra realtà e illusione.

L’io fra realtà e illusione.

Domanda: Da dove nasce il pensiero egoico che separa il mio ‘io’ da tutto il resto e qual è il suo scopo? Perché devo considerarlo un’anomalia, qualcosa che debba cessare?

Mauro: L’idea di essere un io separato non è un’anomalia, è solo un’illusione. L’io separato non è irreale: è illusorio.

Un miraggio nel deserto non è ‘irreale’, perché nulla potrebbe apparire, se laggiù non ci fosse assolutamente niente. Il miraggio è ‘reale’, in quanto miraggio: ciò che ha di irreale è solo il fatto che non contiene veramente l’acqua che sembra esserci. Dunque, il miraggio è reale in quanto miraggio, ma illusorio in quanto non contiene veramente acqua.

Allo stesso modo, l’io separato è reale, perché appare come un fenomeno naturale, ma non è come sembra e perciò è illusorio: ciò che ha di irreale non è la presenza consapevole che chiamiamo ‘io’ e sentiamo come nostra più intima identità, bensì la sua separazione da tutto il resto, vale a dire l’idea che ci siano tante presenze consapevoli imprigionate dentro tanti corpi separati, anziché tanti corpi che appaiono in un’unica presenza consapevole (come di fatto ci mostra la nostra esperienza diretta).

Un sogno è interamente fatto della coscienza del dormiente. La coscienza del dormiente è l’unica vera ‘sostanza’ di cui è fatto l’intero universo onirico, con i suoi paesaggi, personaggi, avvenimenti. Tutto il sogno appare alla, nella e come coscienza: non può avere un’esistenza indipendente da essa, perché è solo una sua azione, un modularsi della coscienza, che assume varie forme.

Poi, però, accade un fenomeno paradossale: la coscienza del sognatore si identifica illusoriamente con un solo personaggio onirico, che diventa il protagonista del sogno. Da quel momento in poi, la coscienza sembra ristretta e imprigionata nel corpo del protagonista onirico e tutto il resto del sogno, visto attraverso i suoi occhi, gli appare ‘esterno’ a lui e fatto di altre coscienze individuali.

Naturalmente, la coscienza del sognatore si è solo illusoriamente limitata dentro il protagonista, perché continua ad essere la sostanza dell’intero universo onirico, il quale appare sempre soltanto nel suo spazio.

Dunque, la coscienza del dormiente appare come l’intero sogno, assumendo tutte le sue molteplici forme e, nello stesso tempo, osserva il sogno dalla limitata prospettiva di un soggetto (il protagonista del sogno) che sembra separato da tutti gli altri ‘oggetti esterni’, i quali, in realtà, continuano ad essere semplici contenuti della coscienza del dormiente.

Il protagonista onirico crede di avere una sua coscienza individuale, ma in realtà non è lui ad essere cosciente: la coscienza che lo abita è la stessa che illumina e crea l’intero sogno. Quando il protagonista dice ‘Io’, in realtà quella presenza consapevole non si limita al suo corpo di sogno, ma resta sempre l’unica e indivisibile coscienza del dormiente, che crea l’intero sogno.
La stessa struttura regola la nostra percezione di veglia.

Dunque, l’idea di essere un io separato è solo uno degli infiniti fenomeni naturali che appaiono e scompaiono alla, nella e come coscienza. Non è un’anomalia e non c’è alcun bisogno di sbarazzarsene: tra l’altro, se l’io separato è illusorio, chi dovrebbe farlo cessare?

Tra i vari fenomeni che spontaneamente appaiono e scompaiono nella coscienza, c’è anche il credere o meno alla illusoria separazione dell’io. Crederci è la fonte di ogni senso di incompletezza, conflitto e sofferenza. Vederne l’illusorietà segna la fine della ricerca e diviene fonte di agio e amore.

Dunque la questione non è tanto distruggere l’io separato, quanto vederne l’illusorietà: se qualcuno ti dice sempre bugie, non è necessario imbavagliarlo o ucciderlo, basta solo non dargli più retta.

Ti chiedi quale sia lo scopo dell’io separato. Qual è lo scopo di un miraggio, o dell’arcobaleno?

Forse è la bellezza di questa incredibile varietà di forme, assunte liberamente dalla inesauribile creatività della coscienza, per rispecchiarsi negli infiniti, variegati riflessi in cui essa stessa rifrange la propria inseparabile unità, per farla sembrare molteplice.

D.: Prima che qualcosa possa apparire, ci deve essere uno sfondo immutabile, sul quale e grazie al quale appare. Quello sono io: la presenza consapevole, lo sfondo sempre presente e consapevole.

Mauro: Si e, una volta riconosciuto come tale, lo sfondo smette di esserlo! E’ un po’ come lo schermo del computer e il film. Lo schermo non è nemmeno lo ‘sfondo’ del film: più semplicemente, è il film!

Anche se il film si muove e lo schermo resta sempre fermo, anche se lo schermo non compare mai nel film, anche se il film sembra ‘velare’ lo schermo (che comunque resta l’unica cosa reale, sempre esposta alla vista), tuttavia schermo e film non si possono separare, per il semplice fatto che il film è solo un’attività dello schermo.

Mauro Bergonzi

Fonte: https://sites.google.com/site/ilsorrisodellessere/

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