L’unicità del momento presente.

Unicita’ del momento presente.

È da tempo che mi sono accorto di avere una mente ribelle. La pratica me lo evidenzia sempre più.

Anche se comprendo l’utilità del cercare di stare col respiro o con le sensazioni fisiche, il più delle volte avverto un rifiuto a rispettare questa consegna, allora sono costretto ad improvvisare e, forse, questo è, nel mio caso, il giusto modo di praticare.

A volte provo con successo ad osservare i pensieri, altre volte devo semplicemente constatare che in quel momento sono dominato da loro. Non mi pongo il problema se sono “bravo”, se osservo il respiro a lungo, o se non ci riesco neanche per un attimo.

Spesso funziona l’aprirmi allo stato d’animo del momento, con umiltà, senza sentire il bisogno di cambiare mente, che non devo per forza stare col respiro, che ogni cosa che è presente dentro di me va bene: pensieri compulsivi, agitazione, tristezza, preoccupazione, paura. Insomma, non devo “fare” proprio niente, perché tutto quello che c’è ha una ragione di essere.

Ed è proprio questo stato d’intima e solidale apertura che, a volte, opera una trasformazione. Allora, da questa spaziosità accettante può nascere un senso di presenza, un “esserci”, che abbraccia anche le sensazioni fisiche, il respiro, ogni cosa, perché proviene da una comprensione del cuore. Altre volte, invece, l’energia meditativa si risveglia con il provare a stare nel corpo, con una, o più sensazioni fisiche.

Non c’è una regola, una bacchetta magica; quello che ho notato nel tempo è che il fatto di sedermi il più regolarmente possibile, anche per soli dieci minuti, aumenta lo spazio interiore e la mia motivazione.

Alcuni giorni fa, durante una meditazione in cui la mente ribelle andava alla deriva, decisi di osservare meglio il momento nel quale ero immerso, anche se non vi trovavo nulla d’interessante.

La giornata era grigia, di quel grigio uniforme che avvolge ogni cosa e il mio umore era, in parte, sintonizzato con quel cielo. Dalla finestra dove di solito ricevevo regali di bellezza dalla natura (questa è una grande fortuna, ma riusciamo ad abituarci anche a questo), non vi era niente che risaltasse, che brillasse, perfino gli amati colori autunnali apparivano scialbi.

L’idea di stare con la consegna del respiro, o delle sensazioni fisiche, mi dava un senso d’oppressione, era come costringermi ad un compito gravoso, in un momento di poca energia. La mente rifiutava ogni forma di pressione a “praticare”, allora decisi di osservare meglio la situazione.

Mi si formò nella mente questo pensiero: “Anche se non ci trovi niente d’interessante, questo momento non è mai accaduto prima e non tornerà mai più”. Caspita! Una campana di consapevolezza mi risuonò dentro!

Mi risvegliai improvvisamente alla magia di quel momento, alla sua unicità e bellezza. C’era nuovamente intensità, quell’intensità che ti coglie quando ti risvegli dal sogno egocentrato e ti accorgi della magia d’essere vivo, qui, felice del solo esistere.

Il fatto che questo momento non fosse mai accaduto prima, gli dava un senso d’essere nuovo, non toccato, sacro ed il fatto che non sarebbe tornato mai più rafforzava il senso della sua unicità, della sua inestimabile preziosità.

D’improvviso il momento presente riluceva attorno a me, nella sua struggente bellezza. Non vi era più alcun senso di già visto, di già conosciuto, nessun senso di noia, nessun conflitto sulla pratica, c’era l’esperienza di osservare il nuovo istante, con un’ intensità pacificata.

Vi era ancora poca energia, ma non era un problema, non creava disappunto. La giornata era ancora grigia, ma anche questo non era un problema, perché il cuore aveva capito qualcosa d’importante e vi era gratitudine.

Andrea Borrelli

Fonte: http://www.amadeux.it/forum/topic.asp?TOPIC_ID=20367

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