Marco Aurelio: Sgombra l’anima da tutti i pensieri.

Rendi a te stesso l’anima sgombra da tutti gli altri pensieri.

“Colui che sta commettendo il male […] è mio affine […], in quanto partecipe di una mente e d’una funzione ch’è divina; […] non posso venir danneggiato da qualche difetto di altri […]; io non posso adirarmi con un mio affine e neppure sentirmigli nemico. Siamo nel mondo per reciproco aiuto, […] è contro natura ogni azione di reciproco contrasto” (II, 1).

“In ogni istante, in ciò che stai facendo, siano fermi i pensieri tuoi […]. Rendi a te stesso l’anima sgombra da tutti gli altri pensieri. E ciò otterrai solo se attenderai a ciascuna tua opera come se fosse l’estrema della tua esistenza” (II, 5).

“Dal non poter assodare che cosa avvenga nell’anima d’un altro, non è facile che provenga infelicità; infelicità grande invece necessariamente deriva a chi non tiene dietro ai moti dell’anima propria” (II, 8).

“Pensando che ormai ti è possibile uscir di vita: così devi compiere ogni tua opera, dire ogni tua parola, formulare ogni pensiero. […] Morte e vita, fama e oscurità, dolore e piacere, ricchezza e povertà, tutto ciò in modo eguale tocca così ai buoni che ai cattivi, in quanto non sono cose né belle né brutte. Dunque, non sono neppure beni o mali” (II, 11).

Quest’ultimo punto è tipico dell’approccio stoico. Ciò che è di competenza dell’uomo è ciò su cui l’uomo può avere responsabilità. Tutto il resto, tutto ciò che è prodotto dalla natura, dalla sorte, dal fato, dagli dei o da ciò che sia, non compete l’uomo, non lo deve preoccupare e non deve quindi essere considerato né bene né male, né buono né cattivo: semplicemente, ciò che è.

“Niente è più misero di colui che in giro ogni cosa va indagando; […] e non s’accorge intanto costui che basta una sola cosa: perseguire attento e venerabondo con entusiasmo il dèmone che è dentro in lui e a quello solo attendere. E attento e venerabondo lo potrà perseguire se si mantiene puro […] da futili vanità; lontano da critiche, non più malcontento di ciò che proviene da parte degli Dei e degli uomini” (II, 13).

“Nessun perde una vita diversa da quella che in quell’istante egli ha; né altra vita vive se non quella che in quell’istante egli perde. […] Vedi bene che solo l’istante presente è quello di cui l’uomo dovrà sentir privazione” (II, 14).

“Il tempo dell’umana vita è un punto; la sua materiale sostanza, un perenne fluire; la sensazione, tenebra; […] le funzioni dell’organismo sono un fiume; quelle dell’anima, sogno e vanità; ed è guerra la vita, viaggio d’un pellegrino; oblio la voce dei posteri. E adesso, a che cosa ti puoi affidare? […] A un’unica cosa: la filosofia.

E questa cosa ti permetterà di conservare l’interiore dèmone senza violenza o danno […]. Ancora, questo dèmone, dovrà accettare gli eventi e tutto quello che gli capita, convinto che tutto viene di là, da un luogo misterioso donde egli pure un giorno è venuto. […] Questo dèmone attenda la morte con sereno pensiero, convinto che si tratta d’una semplice cosa; dissoluzione degli elementi che compongono ciascun essere vivente.

[…] Questi elementi […] ciascuno singolarmente trapassa senza posa dall’uno all’altro; […] è un fatto che avviene secondo natura; e nulla è male secondo natura” (Libro II, 1, 5, 8, 11, 13, 14, 17).

Scritti tratti dai “Colloqui con se stesso”, di Marco Aurelio, il noto imperatore romano del II secolo, uno dei massimi esponenti dello stoicismo latino.

Fonte: http://www.lameditazionecomevia.it/marcoaurelio1.htm

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