Marina Borruso: Guardare l’ego, per esserne liberi.

Guardare l’ego, per esserne liberi.

 

È inutile che cerco di capire l’ego. Di vederlo attraverso gli occhi della mente. Non è possibile perché è un’idea, è figlio della mente pensante. Per questo, dalla mente non posso arrivare mai a riconoscerlo.

Ma riconoscerlo è importante, perché solamente così posso divorziare dall’idea di chi sono, l’idea con la quale sono stata identificata per tutta la vita. Ed è solo dopo questo divorzio che esco finalmente dalla cella nella quale mi sono rinchiusa, esco dall’ignoranza di me stessa. Solo così comincia la conoscenza di me stessa, di chi sono veramente.

Per poter riconoscerlo basta essere presenti quando viene su. Posso riconoscerlo dalla sensazione fisica, perché è densa, rigida e pesante. Si accompagna a un moto noto. Mi obbliga a un comportamento che conosco bene. Mi riporta alla solita vecchia sofferenza. Non c’è nulla di nuovo nell’ego.

Dapprima mi stupisce averlo visto. Come può stupire guardare le pareti della cella nella quale mi sono rinchiusa da sola tanti anni fa. So che posso ritrovarmelo davanti quando mi scopro a giudicare qualcuno o qualcosa, quando mi ascolto lamentarmi, quando mi sento superiore o inferiore a qualcuno, quando faccio la vittima.

Allora, proprio nel momento in cui me ne accorgo, entro subito nella sensazione fisica che sto provando e in quella sensazione trovo l’impronta dell’ego. E la guardo. Guardo quella densità fisica che sta spingendo da dentro per farmi comportare in quel certo modo, che è poi sempre lo stesso modo. Quella forma densa che vuole espandersi.

Guardarla è tutto il lavoro che c’è da fare! Ma per guardarla devo essere presente a me stessa, ancorata alla sensazione fisica che provo. L’interno del corpo è sempre la porta. Non appena, infatti, torno nel pensiero, la presenza scema e sono di nuovo identificata con l’idea di chi sono, con l’ego, ricomincio di nuovo a soffrire e sono inevitabilmente intrappolata nei miei soliti comportamenti. Mi perdo ancora una volta nella solita sofferenza.

So ormai che non è necessario controllare ciò che l’ego mi sta spingendo a fare o a dire. Basta osservarmi mentre faccio o dico quella solita cosa in quel solito modo. Basta questa consapevolezza. So che a poco a poco questa osservazione consapevole genererà da sola un cambiamento.

A volte mi accade che, dopo averlo visto, comincio a giudicare me stessa, a compatirmi a farmi vittima dell’ego, a pensare a quanto lavoro mi manca ancora, se finirà mai e se si quando… allora, quando me ne accorgo, rido, perché riconosco che è ancora lui, sempre lui, l’ego che è appena uscito dalla porta ed è rientrato, come la pantera rosa, dalla finestra! Rido e, mentre rido, sono di nuovo libera!

Angelus Silesius (1624-1677)

Dio, puro amore e gioia onnipresenti,
non può farti visita,
a meno che tu non ci sia.

Marina Borruso

Fonte: http://www.liberamenteservo.it/modules.php?name=News&file=article&sid=1967

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