Matthieu Ricard: I veli dell’io.

I veli dell’io.

Proiettando il nostro sguardo verso l’esterno, cristallizziamo il mondo, attribuendogli delle qualità che non sono inerenti alla sua natura. E quando guardiamo all’interno, congeliamo la corrente della coscienza, immaginando un io che troneggia tra un passato che non esiste più e un futuro che non esiste ancora.

Diamo per scontato di percepire le cose per quelle che sono ed è raro che mettiamo in dubbio questa opinione. Assegniamo agli oggetti e agli esseri qualità intrinseche, pensando: questo è proprio bello, quello è davvero brutto. Dividiamo il mondo intero in aspetti desiderabili e indesiderabili, attribuiamo una permanenza a ciò che è effimero e percepiamo come entità autonome e indipendenti fenomeni che sono, invece, il prodotto di una rete infinita di relazioni che mutano continuamente.

Se ci fosse davvero una cosa assolutamente bella e piacevole, se queste qualità le appartenessero di per sé, avremmo allora motivo di considerarla desiderabile in qualsiasi momento e in qualsiasi contesto della nostra vita. Ma c’è davvero qualcosa al mondo che sia universalmente e unanimemente riconosciuta bella?

Come recitano i versi di un Canone buddista: “Per l’innamorato, una bella donna è un oggetto di desiderio; per un eremita, motivo di distrazione; per un lupo, soltanto un buon pasto”.

Allo stesso modo, se un oggetto fosse intrinsecamente ripugnante, ognuno avrebbe dei buoni motivi per tenersene alla larga. Ma la realtà dei fenomeni è ben diversa; noi non facciamo che attribuire determinate qualità a cose e persone. In un bell’oggetto, non c’è una qualità intrinseca che possa essere di beneficio alla mente, così come non c’è nulla che possa nuocerle in un oggetto brutto.

Così, dovremmo considerare che se noi percepiamo qualcuno come un nemico, ci sono sicuramente altri che hanno per quella stessa persona un grande affetto ed è perfino possibile che in futuro possa diventare nostro amico.

Reagendo come se le caratteristiche fossero inscindibili dall’oggetto a cui le attribuiamo, ci alieniamo dalla realtà ed entriamo in un meccanismo di attrazione e di repulsione, costantemente alimentato dalle nostre proiezioni mentali.

Quando i nostri concetti solidificano i fenomeni in entità artificiali, perdiamo la nostra libertà interiore, proprio come l’acqua perde la sua fluidità quando si trasforma in ghiaccio.

Tratto da: “Il gusto di essere felici”, di Matthieu Ricard

Fonte: http://www.rebirthing-milano.it/

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