Mauro Bergonzi: Il vaso e lo spazio.

Il vaso e lo spazio.

Domanda: Caro Mauro, innanzitutto ti voglio ringraziare per il sat-sang che abbiamo condiviso, perché è stata una giornata meravigliosa che non dimenticherò mai. Poi volevo raccontarti di un’esperienza che ho vissuto nell’ultima ora con te.

Sul momento non sono riuscita a parlarne, perché ero senza parole. Mentre discorrevi di consapevolezza sono uscita da me stessa ed ero sospesa nell’aria, ma avevo una ‘consistenza’. Ero quella consapevolezza che avevo sempre pensato fosse la ‘mia consapevolezza’, ma ero ‘fuori’ e anche ‘dentro’ ed ero anche nel calorifero di cui stavi parlando in quel momento.

Ho sempre affrontato la questione della coscienza mentalmente, cercando di comprendere, ma non sapevo che potesse succedere ‘fisicamente’. E’ difficile parlarne… dolce, semplice, limpido respiro senza fine… che ascoltava tutto… le nostre domande, la tua voce… è stato tutto molto semplice, non so bene quanto è durato.

I ‘confini’ sono tornati poco prima dei saluti, anche se lungo la via verso la stazione è stato un ascoltare tutti, avevo dentro il silenzio sacro di una chiesa e anche poi in treno…

Che cosa? Come?… non so nemmeno cosa chiederti.. sto tenendo d’occhio l’ego che non faccia pasticci, ma non so cosa fare… Non è stata un’allucinazione vero?

Ti saluto con una profonda gratitudine nel cuore.

Mauro: Da come hai descritto l’esperienza, mi sembra che tu abbia vissuto la sconfinata spaziosità di ciò che chiamiamo ‘coscienza’, per un momentaneo dissolversi dei confini con cui cerchiamo illusoriamente di limitarla.

Nell’advaita c’è una metafora che rende bene l’idea: quando guardi un vaso, facilmente puoi farti l’idea che ci sia uno spazio ‘dentro’, separato dallo spazio ‘fuori’. Il vaso simboleggia il nostro corpo/mente e lo spazio la consapevolezza.

Così crediamo che la ‘nostra’ consapevolezza sia qualcosa di limitato e separato, dentro al corpo/mente. Ma non è lo spazio ad essere dentro al vaso, è il vaso ad essere letteralmente immerso nello spazio e fatto di spazio.

Infatti tutte le sensazioni fisiche che chiamiamo ‘corpo’ e tutti i pensieri che chiamiamo ‘mente’ appaiono soltanto nella e come consapevolezza.

Che cosa succede quando si rompe il vaso? Non possiamo nemmeno dire che lo spazio all’interno si ricongiunga con quello all’esterno, per il semplice motivo che non sono mai stati divisi, in quanto lo spazio non ha parti.

La rottura del vaso non fa alcuna differenza per lo spazio in cui è immerso: ciò che veramente siamo non nasce e non muore.

Naturalmente, quella che hai vissuto era un’esperienza, che come tale ha necessariamente un inizio e una fine. Ma la sconfinata coscienza che sei non va e non viene: è sempre te, perché non è un’esperienza, ma lo spazio senziente in cui appaiono e scompaiono tutte le esperienze.

Quando l’esperienza è cominciata, te ne sei accorta? Quando è finita, te ne sei accorta? Ovviamente sì. Dunque, l’esperienza va e viene, ma Ciò che si accorge del suo apparire e scomparire, per farlo, dev’essere sempre presente: prima, durante e dopo l’esperienza.

La tua esperienza conteneva ancora un’interpretazione della mente, che la rendeva, appunto, qualcosa che appare e scompare. Per esempio, ti è sembrato di ‘uscire’ dal corpo. Ma, in realtà, noi siamo sempre fuori dal corpo: siamo infatti lo sconfinato spazio senziente in cui appaiono le sensazioni fisiche che chiamiamo ‘corpo’, i pensieri che chiamiamo ‘mente’ e le percezioni che chiamiamo ‘mondo’.

Fra i pensieri che emergono nella consapevolezza-spazio, c’è anche il pensiero “Io sono una coscienza separata nel corpo/mente”. Questa idea illusoria crea nello spazio senziente un confine che apparentemente limita la nostra identità.

Quindi, quando avvengono esperienze come la tua, l’impressione è che qualcosa di nuovo e straordinario si sia aggiunto, mentre in realtà è semplicemente sparito qualcosa di irreale: il falso confine che soltanto nel nostro pensiero ci limitava al corpo/mente individuale.

Per lo spazio senziente che siamo è del tutto irrilevante che ci sia o non ci sia questo confine, da cui dipendono le due diverse esperienze di essere ‘dentro’ o ‘fuori’ dal corpo/mente. In realtà, la coscienza che siamo è sempre qui, sconfinata ed eternamente presente, pronta ad accogliere tutto. Non è limitata ad esperienze straordinarie. E’ proprio la semplice, normale, ordinaria coscienza con cui adesso, per esempio, stai leggendo queste parole.

Perciò non devi (e non puoi) fare proprio niente per ‘ottenerla’, ‘stabilizzarla’, ‘approfondirla’, ‘espanderla’ o ‘praticarla’. In realtà non puoi raggiungerla, perché è già qui, non puoi stabilizzarla, perché c’è sempre, non puoi approfondirla, perché è un abisso senza fondo, non puoi espanderla, perché è sconfinata e non puoi praticarla, perché già la stai facendo!

Che ci sia l’ego oppure no, è del tutto irrilevante. Quando c’è l’ego, è la Presenza che appare come ego. Quando non c’è, è la Presenza che appare come non-ego.

Quindi, puoi rilassarti e riconoscere che sei sempre l’infinito spazio senziente che non nasce e non muore.

Mauro Bergonzi

Fonte: https://sites.google.com/site/ilsorrisodellessere/

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